Il trionfo dello sciopero generale della Sardegna

I manifestanti sardi davanti al palco di piazza Yenne

Cagliari – Sono scesi in piazza in 60mila. Un serpentone colorato che ha attraversato le strade del capoluogo sardo. Palloncini, striscioni, scritte ironiche, fischietti e campanacci hanno accompagnato una manifestazione pacifica e composta. Presenti tutte e tre le maggiori sigle sindacali, Cgil, Cisl e Uil, organizzatrici della manifestazione,  una volta tanto unite per dire “Adesso basta!”. Basta a una politica che ha messo in ginocchio l’economia sarda. Basta a un Consiglio regionale inetto che ha svenduto l’isola al Governo centrale. Basta alle false promesse di rinascita. Basta alla disoccupazione galoppante, che in Sardegna ha lasciato a casa la maggior parte dei giovani. A dirlo Mario Medde, leader della Cisl, Enzo Costa, segretario della Cgil e Francesca Ticca, massimo dirigente della Uil, dal palco allestito a ridosso della statua di Carlo Felice in piazza Yenne.

 

Il clou della manifestazione, il discorso dei leaders sindacali

Una grande manifestazione che è andata ben oltre le aspettative degli stessi organizzatori. «È un vero successo. La più grande manifestazione di sempre – ha detto con orgoglio dal palco Mario Medde – non si vedeva una così ampia partecipazione dagli anni ‘60». E quel lungo corteo che da piazza Giovanni si è snodato per le vie principali ed eleganti di Cagliari,  sembra dargli ragione. Tante le delegazioni partite da Sassari, Nuoro, Ottana, Sulcis-Iglesiente e dai tantissimi centri colpiti duramente dalla crisi. Tutti radunati nel capoluogo per manifestare la propria rabbia e dolore per quel lavoro che non c’è. Ci sono i disoccupati che l’anno scorso hanno occupato l’isola dell’Asinara, gli operai del Sulcis e di Porto Torres. Presenti anche i precari della scuola e gli studenti degli istituti superiori e delle università. Così come non mancano i giornalisti, che manifestano le proprie rivendicazioni contro le varie leggi bavaglio,  e i precari di ogni dove. «Ci hanno defraudato del nostro futuro – ha affermato Enzo Costa – c’è una generazione di 35-40enni che non hanno mai lavorato, che non hanno mai avuto la possibilità di farlo».

Al presidente della Regione Ugo Cappellacci viene contestato il fatto che non sia riuscito a fare la voce grossa con l’ormai ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, suo mentore e sostenitore. «Ha lasciato che l’Isola venisse dimenticata nelle aule parlamentari – ha detto Enzo Costa, segretario Cgil – tutti i fondi che spettavano alla Regione Sardegna  non sono mai arrivati nelle casse regionali». Si è parlato di promesse non mantenute, di Governo inefficace, ma soprattutto del lavoro che manca e scompare inghiottito dalle voragini scaturite dalla crisi industriale dell’Isola. Si è discusso anche di istruzione bistrattata e che ormai è diventata carta straccia. «Mio padre ha fatto grandi sacrifici per farmi studiare – ha affermato Mario Medde, segretario della Cisl – ma oggi quel titolo di studio per tanti non vale un posto di lavoro. È da qui che dobbiamo ripartire, dalla cultura e dall’arte». Il corteo viene ufficialmente chiuso verso le 13 con formule incoraggianti e ottimiste. «Questa grande manifestazione deve essere la nostra ripartenza – ha dichiarato Francesca Ticca, leader della Uil – i sardi sono un grande popolo che si merita il meglio».

Lo striscione indipendentista davanti al ComuneDi fronte al bel palazzo comunale di Cagliari un lungo striscione su cui è stato scritto a lettere cubitali: “Indipendentia” , (Indipendenza, ndr). Una parte del popolo sardo, stufo della politica nazionale che si scorda permanentemente della Sardegna, reclama la sua indipendenza dall’Italia, sentita come ostile e distante. Chissà cosa accadrà ora che la bufera della crisi politica ha investito il Bel Paese. Cappellacci manterrà la sua promessa di dimissioni e seguirà a rotta di collo il suo grande maestro Berlusconi?

Sabina Sestu

 

Foto: Wakeupnews

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