
Intervista a Giorgio Fontana: il successo di un giovane scrittore
Wakeupnews intervista Giorgio Fontana, uno dei migliori talenti emergenti nel panorama letterario italiano, vincitore del premio Campiello 2014
Giorgio Fontana, il giovane vincitore del premio Campiello 2014 con il romanzo Morte di un uomo felice (Sellerio 2014, «La memoria», 14,00€) si racconta a Wakeupnews.
Ciao Giorgio. Intanto grazie mille per la disponibilità. Per cominciare, ci racconti i tuoi inizi da scrittore?
Ciao e grazie a voi. Posso dire di aver iniziato a 17 anni, scrivendo racconti bruttissimi. Poi prima dei 22 anni ho provato con due romanzi, ma l’esito è stato tanto orrendo che li ho buttati. Però ricordo volentieri questo periodo: si è trattato di una palestra necessaria per arrivare alla mia prima pubblicazione nel 2007, Buoni propositi per l’anno nuovo.
Quali sono le tue fonti d’ispirazione?
Dal punto di vista letterario posso dire nessuna e tutte. Ho letto molto tra fumetti e libri e di certo ho preso qualcosa da ognuna di queste esperienze, ma ho cercato di creare uno stile personale. Inoltre mi piace raccogliere frammenti della realtà, la mia vera fonte d’ispirazione: vivo, osservo, ascolto e, quando ho un’idea, la scrivo.
Si narra che il Maestro Georges Simenon, quando scriveva, si chiudesse in stanza per due settimane in piena trance e sotto osservazione quotidiana di un medico. Un gigante della letteratura, ma certamente ossessivo. Qual è il tuo metodo per scrivere un romanzo?
Nemmeno se volessi potrei permettermi questa tecnica, dal momento che faccio un altro lavoro. Mediamente un romanzo lo scrivo in 2-3 anni. Da un lato perché ne rileggo e riscrivo parti intere diverse volte, dall’altro perché alla scrittura riesco solo a dedicare ritagli di tempo, di sera o nel weekend. Inoltre spesso devo dedicarmi anche a ricerche di varia natura: Morte di un uomo felice ad esempio , pur essendo un romanzo focalizzato sui personaggi più che sugli eventi, ha un contesto storico che non ho vissuto e sul quale mi sono dovuto documentare.
Qualche tempo fa hai dichiarato che vedere un tuo libro pubblicato è come osservare un pezzo di te in una libreria. Che effetto ti fa vedere che ora i tuoi libri vengono tradotti in altri Paesi europei come Francia, Germania e Olanda?
Aggiungo intanto anche la Spagna per l’ultimo romanzo. L’effetto è strano e spiazzante. Inoltre non ho idea di come andranno, avendo personalmente poca conoscenza dei mercati esteri. Ma una grande emozione l’ho provata sapendo che i miei libri sarebbero stati distribuiti in Francia, luogo dove ho vissuto un anno. Normalmente non mi rileggo, altrimenti mi incazzo, riscriverei di nuovo tutto dall’inizio: ma quando ho avuto in mano la traduzione francese di Per legge superiore ho fatto un’eccezione. Sono rimasto felice e stupito dell’effetto che fa.
Ormai i premi che hai vinto cominciano a essere molti. Quale di questi ti ha dato più emozione?
Il Campiello sicuramente. Innanzitutto per la sua importanza. In secondo luogo per la visibilità che mi ha dato a livello editoriale: se da un lato la vivo con una certa difficoltà per via di un carattere introverso che mi porta a preferire la mia stanza e il mio pc a una presentazione in pubblico, dall’altro lato è una grande fortuna che mi tengo stretto. Infine, mi ha emozionato la vittoria del premio Leonardo Sciascia 2012, sia per il prestigio, sia per il nome dello scrittore a cui è legato.
Cosa ti da maggior soddisfazione nel mestiere di scrittore?
Certamente i riconoscimenti, i complimenti e le recensioni positive fanno piacere. Cosi come i giudizi negativi mi fanno male. Ma i momenti più belli sono legati alla scrittura stessa: quando un personaggio trova la sua quadratura, quando produco una pagina di cui sono soddisfatto, oppure quando riesco a legare due capitoli che proprio non riuscivo a far scorrere assieme. In quei momenti sono felice come un bambino.
Nei tuoi ultimi due romanzi, oltre ai protagonisti, la sensazione è che ci sia un altro personaggio chiave: la città. Una Milano usata non solo come sfondo, ma viva come lo sono gli attori della vicenda.
Sono felice che questo aspetto risalti, ci tengo davvero molto. Sono legato a Milano umanamente e narrativamente. Mi piace descrivere non solo i luoghi più frequentati e celebri, ma i vicoli bui e nascosti che normalmente non si conoscono. Adoro raccontare Milano con passione e precisione e lo farò anche in futuro.
Arriviamo a Morte di un uomo felice e al suo protagonista: Giacomo Colnaghi. Ce lo puoi raccontare?
Giacomo è un magistrato che fa bene il suo mestiere, molto ancorato alla realtà, ma con una vena fortemente idealista che lo porta non solo a collegare fatti e conseguenze, ma a cercare di applicare la legge riflettendo sulla giustizia. Non vuole diventare meccanico nel suo ruolo, ma cerca sempre di comprendere, anche attraverso una fede molto forte e alla carità.
Quanto c’è di autobiografico in questo ritratto?
In realtà molto poco. Io sono ateo, non sono sposato, non ho figli e nella vita faccio un mestiere completamente diverso. Siamo entrambi di Saronno: ma lui la adora, da uomo di provincia quale è. Io detesto quello stile di vita. Diciamo che entrambi abbiamo un modo ironicamente distaccato di vivere e la necessità di comprendere i comportamenti delle persone e gli eventi. Infine abbiamo in comune la fede calcistica.
Ah. Interista? Mi dispiace molto, davvero.
Si. Lo so, purtroppo.
Torniamo per un attimo alla tua vita: come fai a conciliare questo mestiere, lo scrittore, con il tuo lavoro?
Fin’ora è andata bene cosi: ci vuole determinazione ovviamente, non sempre è facile. Qualcosa però deve necessariamente cambiare: gli impegni sono aumentati troppo e da Gennaio dedicherò più tempo alla scrittura in termini di reportage e articoli. Per un nuovo romanzo è ancora presto: ho qualche idea, ma sarebbe prematuro parlarne.
Infatti non ne parliamo. Ma abbiamo un ultima curiosità: qual è il pezzo che preferisci suonare con la chitarra?
Questa è una domanda difficile. Ormai la chitarra la suono per rilassarmi. Però l’ultima volta che ho suonato col mio gruppo, ormai qualche mese fa, abbiamo eseguito Digging the grave dei Faith No More: un pezzo molto aggressivo che mi ha dato soddisfazione.
E nessuno ti chiede mai di suonare in serate etiliche tra amici?
Si certo, ma ormai ho poco tempo davvero anche per questo. Ma mi impegnerò per ritagliarmene di più nei prossimi mesi. Anche per una sana bevuta.
Daniele Leone
@DanieleLeone31