Il Muos a Niscemi: cemento e radiazioni nella Riserva Naturale

Il Muos è ritenuto fondamentale dagli Stati Uniti – qualche riferimento è emerso anche nei cablogrammi rivelati da Wikileaks –  per gestire gli scenari dei nuovi conflitti a carattere mondiale. Si tratta di garantire la costante ed efficiente comunicazione fra Pentagono e truppe sparse su più fronti critici: gli altri sistemi satellitari sono ormai vecchi e obsoleti e gli Usa hanno perciò urgenza di realizzare una nuova rete.

La lunga trafila burocratica e giudiziaria era iniziata già un anno fa, quando Il Comune di Niscemi aveva presentato ricorso al Tar di Palermo chiedendo di bloccare il cantiere, opponendosi al parere positivo espresso dalla Regione. Il Tribunale respinse la richiesta, e così fece pure il Consiglio di giustizia amministrativa.

I lavori di realizzazione dell’impianto sono stati affidati dal comando US Navy ad un consorzio d’imprese denominato “Team MUOS Niscemi”, costituito dalla Gemmo S.p.A. di Arcugnano – Vicenza -, società leader nel settore, e dalla LAGECO di Catania. Due aziende particolarmente attive nel business delle infrastrutture militari: la Gemmo – oltre ad aver finanziato nel 2008 con 15.000 euro la campagna elettorale del partito di Lombardo – ha già in carico il trasporto di armamenti, la gestione dei servizi ambientali e la raccolta dei rifiuti nello scalo aereo di Sigonella e nella base navale di Augusta; mentre la LAGECO ha eseguito in passato i lavori di recinzione e la bonifica ambientale dei terreni del centro di radiotrasmissione di Niscemi. A completare un quadro poco limpido la notizia, denunciata dal giornalista Giovanni Tizian, che i lavori sono stati subappaltati alla “Calcestruzzi Piazza Srl”, impresa privata del certificato anti-mafia perché riconducibile a Vincenzo Piazza, persona vicina al boss Giancarlo Giugno, referente di Cosa Nostra sul territorio di Niscemi. 

L’allora governatore Raffaele Lombardo ha così modificato nel tempo il proprio atteggiamento : nel 2009 si disse assolutamente contrario, poi nel 2011 intervenendo alla seduta di un consiglio comunale di Niscemi dichiarò: «Vorremmo tranquillizzare i cittadini sulla presenza dell’antenna statunitense, perché da come si sono espressi i tecnici in materia fa meno male rispetto a quelle 47 antenne che insistono già nel territorio».

Una relazione tecnica compilata da Massimo Zucchetti – docente di Impianti Nucleari del Dipartimento Energia del Politecnico di Torino – , insieme con il ricercatore Massimo Coraddu, ha invece fornito un parere scientifico sulla base dei rilievi effettuati dell’Arpa Sicilia. Rigirando la medaglia. «Le conclusioni evidenziano gravi rischi per la popolazione e per l’ambiente», infatti «le caratteristiche dei dispositivi trasmittenti del sistema Muos sono note solo in modo incompleto».  Gli studiosi hanno spiegato che «è possibile, seppure con incertezze talvolta elevate, valutare l’intensità delle emissioni e individuare alcuni dei rischi associati: (a) al fascio principale di microonde emesso dalle parabole in caso di errore di puntamento, dovuto a incidente, malfunzionamento o errore, è associato il rischio di irraggiamento accidentale di persone che, entro un raggio di 20 km, potrebbero subire danni gravi e irreversibili. A tale rischio è esposta l’intera popolazione di Niscemi. (b) Al fascio principale di microonde, durante il funzionamento ordinario, è associato il rischio di incidenti provocati dall’irraggiamento accidentale di aeromobili distanti anche decine di chilometri».

Il problema va perciò ben oltre il semplice casus belli che la costruzione dell’impianto sia stata posta in essere senza che siano state richieste ed ottenute le relative concessioni edilizie. Si tratta infatti di concrete conseguenze per la salute degli abitanti, o meglio si tratterebbe, se una volta tanto si adoperasse la  dovuta decenza di affrontare le questioni in termini preventivi  e cautelativi prima di arrivare a contarne le vittime : «le prime abitazioni» come si legge ancora nel rapporto «si trovano a 1-2 chilometri di distanza dalle sorgenti, mentre il centro della cittadina di Niscemi dista 5 chilometri. Tale contributo provocherebbe un incremento del rischio, già ora elevato, di contrarre malattie dovute all’esposizione cronica ai campi emessi dalla stazione NRTF esistente».

 

I  campi elettromagnetici prodotti andrebbero inoltre ad interferire con qualunque apparecchiatura elettrica, inclusi by-pass, sedie a rotelle, pace-maker e altri dispositivi. Addirittura sembra che la costruzione del Muos, inizialmente ipotizzata a Sigonella, sia stata dirottata  a Niscemi proprio in risposta al pericolo ipotizzato da una perizia militare ordinata dagli Stati Uniti: la portata delle emissioni della stazione avrebbe potuto facilmente far detonare missili e bombe anche a distanza di chilometri.

Nel 2009 dai movimenti di protesta è sorto  un vero e proprio comitato No- Muos, un’ «organizzazione libera e spontanea di cittadini uniti nella lotta per un unico scopo: dire no all’installazione delle antenne Muos. Tale comitato nasce con l’intento di contrastare l’installazione dell’orrendo eco-mostro, il quale, se installato, provocherà  - secondo fonti scientifiche attendibili – le seguenti patologie: tumori di varia natura, leucemie infantili, infarti, melanomi, linfomi, malformazioni fetali, sterilità, aborti, variazione del sistema immunitario, etc». L’intenzione programmatica del comitato, come spiegato dettagliatamente nella petizione indirizzata alla presidenza del consiglio e consultabile on-line, non è quella di mettere in atto una  protesta facilmente etichettabile come antimilitarista ed antiamericana, bensì un movimento civile per informare sul territorio.

Non è in ballo solo un investimento che è costato agli USA già 2,1 miliardi di dollari e che essi sono manifestamente ansiosi di concludere, ma torna ancora una volta alla ribalta l’annosa discussione sulla concessione delle basi italiane agli Usa. Il caso di Niscemi è infatti un esempio di applicazione del trattato bilaterale Italia-Usa, risalente al 1954, sulla presenza di basi americane in territorio nazionale, le quali godrebbero di uno status giuridico atipico. Nonostante nel 1999 in seguito alla strage del Cermis il presidente D’Alema abbia dichiarato di voler renderne pubblici i termini di fronte all’autorità giudiziaria, questo accordo risulta tuttora coperto dal segreto di stato.

Quello che invece è stato reso pubblico è il cosiddetto Shell Agreement, datato 1995. Un memorandum che sintetizza gli accordi tecnici relativi alle installazioni o infrastrutture concesse in uso alle forze statunitensi in Italia. Le basi italiane dovrebbero essere date in concessione agli Usa senza che da ciò possa discendere l’automatica perdita di sovranità nazionale sulle stesse: al di là delle formule giuridiche è tuttavia contraddittorio e irrealistico credere che si possa configurare una simile cessione di uno spazio nazionale, in una cornice di immutata sovranità, senza che si verifichino perlomeno incongruenze e distorsioni della nostra legalità.

L’articolo 11 della Costituzione dichiara: «L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo».  Quindi, dal momento che gli accordi prevedono la cessione delle basi nel suolo italico agli americani senza che da ciò possa discendere una perdita della giurisdizione nazionale sulle stesse, se si dovessero realizzare all’interno di questi spazi a sovranità nazionale disposizioni tali da poter consentire ad un altro Stato di concretizzare scelte politiche difformi dai nostri principi giuridici, ci troveremo automaticamente in violazione delle nostre regole costituzionali.

Anche per queste ragioni il movimento No-Muos invoca da anni l’attenzione del potere politico e dell’opinione pubblica, l’intervento normativo del Governo e del Parlamento, in rappresentanza degli interessi cittadini e delle regole del nostro ordinamento costituzionale.

Arianna Fraccon

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