Il Muos a Niscemi: cemento e radiazioni nella Riserva Naturale

NISCEMI(CL) - In Sicilia, a pochi chilometri dal Comune di Niscemi,  sui resti di un’ antica sughereta, si estende per circa 2.939 ettari un’area protetta riconosciuta Riserva Naturale dal 1997.

In questa stessa area, già dal 1991, è operativa una delle più grandi centrali di telecomunicazioni della Marina Usa esistenti nel Mediterraneo: con  41 antenne, la Base Ulmo è sotto il controllo della U.S. Naval Computer and Telecomunication Station Sicily che ha sede a Sigonella - altra base militare americana dislocata nella piana di Catania, celebre per i burrascosi trascorsi diplomatici  - .

Seconde solo ad Australia, Virginia e Hawaii, Niscemi e la sua sughereta vantano inoltre il privilegio di essere state scelte per ospitare un nuovo e straordinario investimento militare statunitense: una base Muos. Questa sigla, che sta per Mobile User Objective System, rappresenta un sistema  di comunicazioni satellitari ad altissima frequenza – dai 300 MHz a 3 GHz – e a banda stretta, gestito appunto dal  Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti con l’obiettivo di sostituire l’attuale sistema satellitare UFO integrando il monitoraggio delle  forze navali, aeree e terrestri in movimento in qualsiasi parte del mondo. Il progetto, in via di sviluppo da numerosi anni, prevede la messa in orbita, entro il 2013, di 4 satelliti connessi ad altrettante stazioni ancorate al territorio.

Per agevolare i lavori, nel  2001 fu il governo Berlusconi a siglare un accordo preventivo con gli Stati Uniti , finché nel 2006 il governo Prodi ratificò l’accordo imponendo formalmente il rispetto delle normative in materia di inquinamento ambientale ed elettromagnetico e dando mandato alla Regione Sicilia di concedere i relativi nulla-osta.

Ed è proprio dal 2007, anno in cui è stata raggiunta l’intesa logistica, che si è sviluppato in Sicilia un movimento No-Muos,  schieratosi prontamente in difesa dei vincoli paesaggistici legati all’area scelta per la realizzazione del progetto.  Il semplice dato di fatto che la  base sia eretta all’interno di un’area protetta a pochissimi chilometri dai centri abitati è  infatti una lapalissiana negazione delle più basilari normative di tutela ambientale: si tratta quindi di difendere un comprensorio di oltre 300.000 abitanti – Gela, Vittoria, Caltagirone, Niscemi, Butera, Riesi,Mazzarino, Acate, Mazzarrone, Piazza Armerina, San Cono, Mirabella Imbaccari, Chiaramonte Gulfi, San Michele di Ganzaria e Vizzini – già definito Area ad Elevato Rischio di  Crisi Ambientale - AERCA – dallo Stato Italiano.

Per comprendere l’eventuale entità del danno ambientale, basti pensare che le tre antenne paraboliche basculanti attraverso cui devono essere diffuse le frequenze che permetteranno il funzionamento del Muos, raggiungono un diametro di quasi 20 metri: si prevede un totale di 2059 mq di cementificazione,  circondati da un campo elettromagnetico con effetti nocivi fino ad un raggio di 140 chilometri. Impossibile credere che insieme all’ambiente non saranno i siciliani stessi a farne le spese; difficile immaginare che tutto si risolva rapidamente senza un abile intervento istituzionale, poiché prima della semplice salute umana, sulla questione pesano equlibri geopolitici ed intese internazionali tanto determinanti quanto pericolose.

Di fronte all’inadempienza di una classe politica distratta dalle vicissitudini delle campagne elettorali, i cittadini proseguono sulla linea sicura dell’opposizione. Poco più di un mese fa, il 6 ottobre, oltre quattromila manifestanti hanno preso parte ad una manifestazione nazionale pacifica che ha visto l’adesione di oltre 25 comitati spontanei nati in diverse aree dell’isola.  Lo stesso 6 ottobre la Procura di Caltagirone ha ottenuto dal Gip un ordine di sequestro preventivo della stazione radio, disposizione poi annullata il 28 ottobre dal Tribunale della libertà di Catania. Attualmente Paolo Giordano, procuratore del Tribunale di Catania, sta valutando l’ipotesi di ricorso presso la Procura di Caltagirone.

Sono al momento cinque gli indagati per «l’esecuzione di lavori e manufatti insistenti su beni paesaggistici», in un’area dove secondo la legge italiana vige il divieto di edificabilità assoluta.

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