
Il governo Renzi: un esecutivo snello che snello non è
Viaggio tra sottosegretari e vice ministri del governo Renzi, in cerca della rottamazione e in balia del manuale Cencelli. La Prima repubblica vince sempre?
Aggiunto da Andrea Bosio il 28/02/2014.
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Roma – Il governo Renzi è ora al completo: con le nomine dei sottosegretari, la formazione è svelata e si possono dare pareri più completi sulle scelte dell’ex sindaco di Firenze. A colpire è soprattutto la mancata leggerezza promessa dal segretario del Partito democratico, che fa a pugni con i numeri e i nomi del primo governo Renzi.
QUARANTAQUATTRO – Questo è il numero dei sottosegretari nominati oggi: nove saranno viceministri. Novità certamente presenti ma anche molta conservazione politica, tanto che il totale complessivo del governo Renzi è di 62, uno in più di Letta, uno in meno del limite di legge.
C’è Ivan Scalfarotto, nonostante le minacce di Giovanardi di far saltare l’alleanza: si vedrà al prossimo voto di fiducia che, se questo è il registro del governo Renzi, arriverà davvero entro breve.
Nella formazione completa del governo Renzi non mancano gli indagati – o i chiacchierati: Antonio Gentile (Ncd) è nell’occhio del ciclone per il supposto blocco imposto all’Ora della Calabria riguardante una scomoda notizia sul figlio. Da non dimenticare Francesca Barracciu, silurata per le elezioni sarde e indagata proprio per le spese regionali, ora sottosegretario alla cultura.
CENCELLI – La squadra di governo sembra davvero composta seguendo i criteri di lottizzazione della Prima repubblica, tanto deprecata dal segretario del Pd durante la sua fase “rottamatrice” ma, in fondo, così imitata in tutti gli aspetti che hanno fin qui riguardato il primo Governo Renzi.
Del manuale di democristiana memoria Matteo Renzi ha pescato a piene mani, distribuendo posti a tutta la maggioranza con soppesata astuzia: c’è spazio per Nencini, segretario del Psi, che va ai trasporti e per il cuperliano Bubbico, così come per il lettiano De Filippo. Nutrita, ovviamente, la schiera di fedelissimi di Renzi, con Lotti che arriva a palazzo Chigi, Manzione, Reggi e Rughetti.
AD PERSONAM? – Il Fatto quotidiano non è leggero con questo governo e non si può negare che i motivi sembrino solidi, a una prima analisi. Qualche scelta, infatti, sembra davvero compiuta per tener buono il più famoso pregiudicato italiano, Silvio Berlusconi: interdetto ai pubblici uffici, incandidabile in ogni forma, l’ex Presidente del Consiglio dei ministri e leader di Forza Italia incassa un (ex?) fedelissimo come sottosegretario alla Giustizia. Enrico Costa, oggi nel Nuovo centrodestra di Angelino Alfano fu il primo firmatario nel 2012 di un emendamento che prevedeva una riduzione veramente drastica della divulgazione delle intercettazioni; Costa fu anche il proponente di un ribasso dei termini di prescrizione e, infine, relazionò sul “lodo” Alfano, legge poi dichiarata incostituzionale dalla Consulta. L’uomo giusto per tutti i provvedimenti ad personam di Silvio Berlusconi, insomma.
Cosimo Ferri, pur classificato come tecnico, è l’altro sottosegretario di Orlando, è stato un magistrato alquanto discusso, visto che il suo nome è sputato sia in intercettazioni riguardo i tentativi di Berlusconi di fermare Annozero di Santoro, sia nelle indagini sulla cosiddetta loggia P3.
CAMBIAMENTO – L’auspicato e proclamato cambiamento promesso dal segretario del Pd per ora non sembra vedersi, anzi: il governo Renzi sembra nato da accordi e interessi partitici, esattamente come tutti quelli che l’hanno preceduto. Nella squadra completa, inoltre, la tanto declamata parità di genere è andata scomparendo: solo sette le donne tra i quarantaquattro sottosegretari, una brusca inversione di rotta rispetto al 50% dei ministri.
Alla fine, neppure Renzi è sfuggito alla morsa del Palazzo.
Andrea Bosio
@AndreaNickBosio