
Il ddl intercettazioni è già una legge inapplicabile
Roma – Doverosa premessa: il ddl intercettazioni, che sarà discusso la prossima settimana alla Camera (probabile data, 5 ottobre) e per cui è prevista la fiducia, è inapplicabile. O meglio: è destinato a naufragare nell’oceanica infinità della Rete.
Il ddl – La legge prevede che qualsiasi contenuto pubblicato su blog o siti di vario genere, debba immediatamente essere modificato o rimosso qualora un soggetto ne faccia specifica richiesta agli amministratori del sito. Dice la norma: “Per i siti informatici, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate entro 48 ore dalla richiesta con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono”. In sostanza, se un soggetto qualsiasi trovasse diffamante o diffamatorio il contenuto riportato nel sito, potrebbe pretenderne la rettifica “indipendentemente dalla reale fondatezza della protesta” (fonte: adnkronos). Pena – continua la norma – fino 12 mila euro di multa.
Indignados – Neanche a dirlo, nel momento in cui è arrivata la notizia di un’improvvisa accellerazione dei lavori parlamentari sul ddl, il mondo degli “indignados” si è scatenato. Giurano guerre, scontri, hackeraggi e, per l’occasione, hanno anche rispolverato il bavaglio alla bocca, immortale accessorio di abbigliamento sinistro sempre casual e di moda quando urge la contestazione anti-berlusconiana in salsa “censura” .
Sorvoliamo sulla passione della sinistra per il bondage di protesta. E, per un momento, tralasciamo anche il fatto che social network e motori di ricerca già prevedono un tipo di “auto-ripulitura su segnalazione” per il quale nessuno si è mai sognato di organizzare cortei di protesta contro Mark Zuckerberg. Ci mancherebbe. Su questo torneremo tra un attimo.
La legge – Vi sono alcune dinamiche di carattere pratico in ragione delle quali, questa legge – se passerà – rimarrà pressocché solo sul codice. A partire dallo strano proposito di equiparare blog e siti ai giornali su carta. Il ddl vorrebbe accomunare le metodologie di creazione, le tecniche divulgatorie e la “portata di gettata” dei contenuti nella Rete a quelli del servizio mediatico tradizionale. Errore.
Il Web è tale in virtù dell’interconnessione di milioni di particelle che singolarmente producono, caricano, scaricano, votano, postano, inviano, ricevono, copiano e incollano. In tempo reale e con effetto catena. Non si parla della fissità della carta stampata alla rotativa diffusa alle luci dell’alba in tutte le edicole. Questa è roba di un secolo fa, giusto l’epoca in cui i ¾ del Parlamento che attualmente è 60/70enne si poteva ancora considerare giovane o giovanile.
Qui si dibatte del magma informatico del XXI secolo. Si analizza la “diffusione orizzontale” dei messaggi, ovvero quella da persona a cellule di persone, in un reticolato nel quale ogni utente è potenzialmente in grado di manipolare il contenuto. Molto diverso, dunque, da ciò che accade nella stampa tradizionale o nella TV. Organismi basati sul concetto della “verticalità”, ossia la diffusione dal vertice mediatico alla piramide di utenti riceventi. In sintesi: il Web non funziona come il Tg1 di Minzolini o Rai news 24 di Mineo per i quali comunque – a giudicare dai bassi ascolti – pare che neanche la “verticalità” riesca ad evitargli il flop.
Come si può credere di fronteggiare le migliaia di milioni di bacheche pubbliche e private, le miliardate di mail, gli illimitati scambi su Skype e i diversi biliardi di post dei social network.
Come si può credere di poter porre un confine all’infinito universo di voci, opinioni, interazioni nelle quali una notizia può fare il giro del mondo 2 volte in 20 minuti e tornare indietro. Che si fa? Si corregge tutti con la regoletta? Sarebbe come pretendere di asciugare il Pacifico con una spugnetta da bagno.
Se questo ddl ha un senso, può valere solo per i siti ufficiali di quotidiani nazionali e locali, il che lo renderebbe – a conti fatti – solo un’estensione delle norme già in essere per gli organi di informazione canonici. Il resto è
inutile.
La Rete vive di regolamenti che il Regolamento civile non è ancora in grado di comprendere e tanto meno di “educare”. Essa si guida da sola: si auto-ripulisce, auto-rigenera, auto-censura e auto-rettifica e così sarà ancora per molto tempo.
Se il Governo desidera dei provvedimenti per bloccare la divulgazione di intercettazioni coperte da segreto, sarebbe bene intervenisse con una seria riforma della Giustizia che preveda la colpa grave per i funzionari pubblici che rendono le Procure dei colabrodi. Contestazioni per contestazioni, almeno si affronterebbe alla radice il problema dell’intollerabile ingerenza della magistratura nella politica. Lasci, però, stare il Web: è faccenda troppo grossa.
Chantal Cresta
Foto || andkronos.it; technoblog.com
Poichè qualsiasi forma di protesta non porterà a niente.
Aspettiamo di leggere il testo e prepariamoci ad usarla contro di loro.
Se ho ben capito, la rettifica deve intervenire dietro richiesta senza nemmeno verificare la generalità del richiedente nè la veridicità di quanto richiesto.
Loro hanno tanti blog; se per caso uno di loro dice di rappresentare la maggioranza degli italiani questo è un falso (vedere i risultati elettorali).
Se uno dice che gli italiani sono coglioni perchè votano a sinistra lo facciamo rettificare (di quell’organo anatomico esiste tanto quello destro che quello sinistro) a mio avviso, se fanno l’errore di approvare quel testo, nell’arco di due giorni non esiste più nemmeno un blog filogovernativo.
Si, certo. In sostanza è questo il punto.
E si potrebbe aggiungere che: se gli altri ribattono che tutti coloro che lavorano per un’azienda di Berlusconi sono venduti, questa è una stupidaggine. Se affermano che malaffare ed immoralità sono solo in zona centrodestra, questa è una fesseria gigantesca e se insisto con i Vaff… alla Grillo (che però neppure lui usa più), si potrebbero richiedere scuse sentite oltre che rettifiche…E via così, dall’una e dall’altra parte, finché blog filo-governativi e anti-governativi, dopo essersi bastonati a suon di segnalazioni virtuali continuerebbero a bastonarsi a suon di botte reali. Ma forse questo è eccessivo.
Vero invece, a mio avviso, che la modifica a prescindere dalla valutazione del caso – come ha colto giustamente – potrebbe essere strumentalizzata tra siti o blog concorrenti, indipendentemente da questioni politiche…
Insomma, da qualsiasi punto di vista socio-interattivo, politico od economico la si veda, questo ddl non solo porterà un sacco di confusione in un ambito già molto difficile da gestire, osservare e valutare, ma (insisto) se ne vedrà presto il limite di applicazione.
Senza contare che – a naso, badi bene, non sono certa – ma credo che vi sia un nocciolo di sostanziale incostituzionalità. Non mi stupirei se qualche contestato, lo portasse davanti la Corte Costituzionale e questa lo facesse saltare. Capita spesso in Italia.