Il commovente spettacolo “Fiori di acciaio” a Roma in uno dei teatri storici della capitale

fiori di acciaio 660x330Metti 6 donne diverse per: età, estrazione sociale ed esperienza di vita in un salone da parrucchiera di una città di provincia e cosa ottieni? Comicità e tragedia. Risate e lacrime. Euforia e Malinconia. Tutto questo cocktail di sentimenti ed emozioni è perfettamente sintetizzato nella pièce teatrale “Fiori di acciaio”, scritto dallo storico autore Robert Harling e diretto da Michela Andreozzi e Massimiliano Vado. La commedia è conosciuta al grande pubblico grazie soprattutto al film omonimo in cui Julia Roberts commosse il mondo quando interpretò Shelby, una giovane di belle speranze affetta da una grave forma di diabete.

Lo spettacolo è suddiviso in due atti,  e la scenografia è colorata,  quasi “cotonata” ma funzionale, da dietro i vetri del salone di bellezza s’intravede la limonaia, e pare sentire l’odore dei limoni e delle zagare della costiera amalfitana, tra un colpo di phon e una spruzzata di lacca. Perchè ora la nostra Shelby non si trova nella cittadina immaginaria di Chinquapin Parish  in Louisiana,  in questo adattamento si chiama Stella  e insieme alla sua mamma\leonessa interpretata da Tosca D’Aquino, vivono nella deliziosa cornice di Sorrento. In un clima solare e tranquillo –  se si esclude il frastuono dei colpi da sparo a salve del padre di Stella per mettere i fuga gli uccelli dagli alberi di limone –  il tempo  di queste donne è scandito da chiacchiere e battibecchi, da pettegolezzi di cui sono protagonisti gli abitanti del luogo che fanno tanto parlare più dei personaggi delle riviste patinate.

Unioni, separazioni, crisi familiari  di persone che gravitano intorno a questo mondo in cui  non ci sono segreti, una vita verace e comune. Ma ora nel salone c’è trambusto alla vigilia di un evento atteso,  il matrimonio  della piccola del gruppo:  Stella. In questa occasione quindi le protagoniste esprimono loro stesse, le loro  peculiarità caratteriali  ( e dialettali!), la  loro storia così diversa ma in realtà molto simile. L’ingresso in scena di ciascuna delle protagoniste è annunciato da una canzone degli anni 80, periodo in cui è ambientato lo spettacolo come l’opera cinematografica. Quindi già la scelta musicale conferisce allo spettacolo un gusto retrò-vintage, un’atmosfera nostalgica e agrodolce di un tempo che fu, ma che ricordiamo bene e che ci manca tanto! Giulia Weber, Rocío Muñoz Morales, Emanuela Muni, Emy Bergamo, Martina Difonte, Tosca D’aquino, sono perfette nei loro ruoli e tra pettegolezzi e acconciature si assiste a quello che è un meraviglioso cosmo al femminile, dove l’amore vince su tutto.

Un mondo interessante in cui la fragilità e la forza vanno di pari passo perché non c’è niente di più potente e rassicurante  come la solidarietà femminile. Una storia dirompente, anche nella sua drammatica normalità, che fa sorridere, intenerire e commuove lo spettatore in sala, che nonostante conosca la storia, ha  la curiosità di vedere come se la caveranno queste piccole e grandi donne, che si stringono intorno ad una mamma, dandole supporto e sostegno. Le donne in questa vicenda si piegano ma non si spezzano, sono fatte di un materiale duro come l’acciaio ma dall’apparenza più delicata come quelle di un fiore appunto. Degli uomini qui non si sente la mancanza, questo gineceo basta e avanza per immaginare, sognare e sperare un mondo tinteggiato di rosa ma non un rosa qualsiasi, un rosa pesca, il colore preferito di Stella!

 Pamela Cocco

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