Il Barcellona si batte con quattro ‘C’: catenaccio, contropiede, corsa e…

A bocce ferme, il 2-2 di ieri sera al Camp Nou tra Barcellona e Milan va analizzato diversamente. Ma le chiavi di lettura non sono così univoche come può sembrare. Vero è che il Milan è stato fortunato: il pareggio a tempo scaduto va al di là dei meriti della squadra di Allegri, che indubbiamente ci ha creduto, ma oggettivamente non è riuscita a smuovere il Barça dal canonico 70% e oltre di possesso palla.

Nesta e Thiago Silva si abbracciano: il muro difensivo rossonero ha vanificato le verticalizzazioni del Barcellona (sport.it)

D’altra parte, però, poche volte come ieri sera si è visto giocare i catalani prevalentemente – se non esclusivamente – in orizzontale, senza riuscire a trovare praticamente mai la verticalizzazione. E per la seconda volta in cinque giorni – dato ulteriormente interessante – Valdes ha dovuto raccogliere il pallone nella propria porta per ben due volte. Ebbene sì, l’armata invincibile di Guardiola non è così invincibile. Si può battere. Servono “soltanto” quattro “C”.

CATENACCIO - Inutile girarci attorno. Per non far segnare il Barça serve il sano, vecchio e italianissimo catenaccio. Quattro uomini in linea davanti al portiere, due mediani che picchino come fabbri e due esterni di centrocampo accondiscendenti, che lascino giocare il Barcellona sulle fasce sapendo che non arriverà mai un cross al centro, perché non c’è nessuno che la mette dentro di testa. Se poi le due punte rinculano dietro la linea di centrocampo, tanto meglio.

In Champions League le ultime due squadre a non perdere al Camp Nou prima di ieri erano state il Rubin Kazan (1-2 nel 2009) e il Basilea (1-1 nel 2008). Non il Real Madrid, il Chelsea o l’Inter di Mourinho, ma due squadre europee di terza fascia, che sono scese dal pullman in Avinguda Aristides Maillol portando nei borsoni badili, sacchi di sabbia e filo spinato per imbastire una trincea davanti all’estremo difensore. Il Milan ha avuto l’umiltà di capire che nello scontro a viso aperto avrebbe rimediato sonori schiaffoni e allora Thiago Silva e Nesta hanno innalzato la diga, Abate e Zambrotta hanno puntellato l’area, Nocerino e Van Bommel si sono incaricati del lavoro sporco. Se Messi sente il fiato sul collo soffre, se Iniesta e Xavi non trovano spazio in verticale, devono per forza lavorare ai fianchi. E sugli esterni il Barcellona non è così letale.

CONTROPIEDE - Mascherano e Busquets non sono due difensori. Guardiola lo sa, ma non è detto che non voglia riproporli davanti a Valdes, per avere due giocatori in più dai piedi buoni. Però pur sempre due difensori in meno. Ed il risultato si è visto dopo venti secondi, quando Pato è passato per l’autostrada senza pagare il casello. Presa in ripartenza, la difesa blaugrana vacilla. La linea arretrata è sempre altissima: al momento della palla al centro Mascherano e Busquets hanno i piedi a 30/35 metri dalla porta; quando il Barça attacca, a volte salgono persino oltre la linea di centrocampo. Una palla persa ed una ripartenza veloce fanno tremare le gambe a prescindere agli uomini di Guardiola, anche con Piquè e Puyol al posto dei due rimpiazzi.

La parità (spesso anche l’inferiorità) numerica in contropiede è un elemento che il Barcellona considera e rischia, pur di avere uomini in più nella metà campo avversaria. Ma una squadra in grado di gestire la ripartenza con meno foga e nervosismo del Milan di ieri sera, potrebbe mettere definitivamente a nudo i limiti dei campioni d’Europa e del Mondo.

Pato lascia sul posto Busquets (sportmediaset.mediaset.it)

CORSA - Condicio sine qua non. Non solo per battere, ma in generale per affrontare i catalani. Se non corri come un ossesso, finisci per fare la fine della pallina nel flipper: ti ritrovi a correre lo stesso, ma contro la tua volontà. Gli attaccanti devono alzare il pressing sull’impostazione del Barça, il centrocampo deve aprirsi e stringersi rapidamente seguendo la ragnatela dei passaggi in orizzontale, la difesa deve essere istantanea ad uscire in anticipo sul movimento verso la palla delle pseudo-punte e fulminea a chiudere gli spazi quando si concede una verticalizzazione (vedi Nesta-Thiago Silva).

Ma non basta correre in fase difensiva. Si deve correre anche – e soprattutto – in impostazione. E far correre la palla. Pedro, Messi e Villa ringhiano come mastini non appena la sfera esce dall’area di rigore avversaria. Serve il movimento rapido dei centrocampisti a venire incontro, ed altrettanto rapidamente la palla va giocata verso l’esterno, per allargare le maglie della rete tattica blaugrana. A volte gioverebbe persino prendere un rischio e cercare di saltare l’uomo in fase di impostazione. Tutto per creare superiorità a centrocampo, merce rara contro il Barcellona. Poi palla a terra. E ancora corsa.

CULO – Credevate forse che “bastasse” difendere bene, attaccare in ripartenza e correre come dannati? Certo che no. Bisogna anche sperare che Messi non sia in giornata di grazia, che qualcuno degli inamovibili titolari si prenda un turno di riposo e che la dea bendata ti spinga qualche pallone sui legni a portiere battuto. In quanto a posteriori (nel senso strettamente non cronologico della parola) il Milan ieri non ha certamente difettato. Ma adesso viene il bello: Piquè ancora non al 100%, Sanchez fuori per quasi due mesi, stop di Iniesta per almeno quattro settimane e un Messi così così, che evidentemente sconta le fatiche della Coppa America.

Domenica al Camp Nou arriva l’imbattuto Osasuna, che nella Liga ha gli stessi punti del Barça. Sarà interessante vedere in che modo José Luis Mendilibar manderà in campo i suoi. E se ricorrerà prevalentemente alle prime tre ‘C’, o se si aggrapperà con vigore alle terga della dea bendata.

Francesco Guarino

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