
Quirinale: potrebbe saltare in caso di staffetta al Governo. Se toccasse a Casini?
ROMA - In queste ore nel Governo italiano si sta consumando l’ennesima stroncatura degli ultimi anni. Le parole che Renzi ha lanciato dalla sede del Pd sono ormai la sempre più chiara dimostrazione che ci sono ancora dei punti di discordia, e che non si è riusciti a intraprendere la giusta direzione. Da qui la necessità di spingere verso un cambio. Mettere le cose in chiaro, dopo gli innumerevoli e continui attacchi, è un passo importante se non altro per stabilire quella chiarezza che in molti vanno cercando. Elezioni anticipate o staffetta però, questa differenza non può essere il punto più importante della questione. Perché è necessario mettere al centro le azioni, nel concreto, che il Governo vuole – e deve – mettere in atto.
NON INTERESSA A CHI TOCCA, MA COSA FARÀ - Forse la retorica non è mai troppa, ma quello che oggi serve al Paese, è una spinta a fare la riforme. Mettere in campo tutti i provvedimenti necessari alla sua ripartenza. Agire sui problemi concreti che sono il costo del lavoro, la burocrazia, la riforma della Giustizia. La riforma del Senato, la ristrutturazione del modello relativo ai centri dell’impiego, la dismissione di parte degli immobili pubblici, le liberalizzazioni, il taglio degli sprechi nella pubblica amministrazione. Poi c’è la la riforma del Titolo V. Insomma, fare piazza pulita di tutti quei rami secchi che inquinano l’efficienza del sistema amministrativo e politico. Bisogna far ripartire il Paese, partendo dai territori, dalle aziende, dalle Pmi. Finanziare i privati cittadini che hanno bisogno di incentivi, togliere le ganasce fiscali da chi ha problemi che oltrepassano le proprie disponibilità economiche. Mettere qualsiasi tipo di personale al lavoro nei vari territori, a costo di prendere ogni singolo cassintegrato del Paese, infilargli una tuta da lavoro, un paio di guanti, e mandarlo ad arginare le esondazioni attorno ai fiumi. Perché ce n’è bisogno. Il necessario è che l’Italia riparta, che cosa mai può interessare al cittadino quale sia il nome incaricato a spingere in questa direzione?
La domanda è più che altro se tutto ciò sarà possibile, se si riuscirà a fare almeno alcune di queste cose, e anche di molte altre. Basta chiacchiere, servono i fatti. Il gossip deve arrivare dopo. Gli scontri personalistici vanno tenuti in disparte. Per quanto riguarda rimorsi e rancori, che ognuno si tenga i suoi. Basta populismi, basta inezie, basta stupidate. Non se ne può più. Lo show è una cosa, la politica un’altra, e in un momento di crisi nessuno ha voglia di vedere spettacoli. Che la politica faccia quello che deve, ma che sia necessario a rimettere in moto l’intero processo produttivo e sociale del Paese.
SE SARÀ STAFFETTA, VARRÀ ANCHE PER IL QUIRINALE - Forse la vera domanda da farsi è: fino a quanto può essere giusto affogarsi in sterili discussioni dove tutti vogliono averla vinta, ma che poi finiscono per non riuscire a mettere in moto una concreta azione di Governo? Lo scopo dell’entrata in scena di Renzi è proprio questo: mettere in campo le azioni che fin’ora non si ha avuto il coraggio di realizzare. Per questo – e solamente questo – è necessario un vero cambio di marcia, un distacco dalla situazione precedente.
Dal 2011 il parlamento va avanti in automatico. L’entrata di Monti ha fin da subito scosso molti italiani, che si sono sentiti messi in disparte. Si è ormai ben capito che è stata una delle poche ed ultime soluzioni disponibili per il Paese, dopodiché ci sarebbe stato soltanto il baratro. Che Berlusconi era oramai entrato evidentemente nel periodo peggiore della sua carriera, e la sua posizione era diventata quella non solo di ago della bilancia sentimentale del Paese, in quanto non stava spaccando gli animi solamente all’interno del territorio, ma anche all’esterno. Gli investitori esteri, tutto il gruppo dei Paesi occidentali, il Parlamento europeo, già da tempo non vedevano più di buon occhio il Cavaliere. Per questo la situazione è finita com’è finita. Ma ora evidentemente è arrivato il momento di voltare pagina.
Chi resta l’ultimo incrollabile baluardo di questa fatidica esperienza? Indubbiamente lui, Giorgio Napolitano. Rieletto per mancanza di alternative, l’ultimo erede di questi ultimi anni, così poco popolari, è rimasto lui. Per questo se la staffetta tra Renzi e Letta ci sarà, è probabile che sarà accompagnata anche da una parallela successione al Quirinale. Sembra quantomeno inevitabile. Chi potrebbe essere il beneficiario successore? Non è facile prevederlo, ma il Pd sta diventando troppo preponderante all’interno dei giochi di questo Parlamento, perciò sarà necessario che si ristabilisca un certo equilibrio democratico. Per questo sarebbe difficile pensare ad un nuovo Capo dello Stato espressione della sinistra centrista di Renzi. Né tanto meno di quella dalemiana o prodiana. Perché è già accaduto l’anno scorso, e si è visto com’è andata a finire. E poi sarebbe contro la natura stessa della lotta intrapresa da Renzi, e la sua azione politica ne verrebbe del tutto delegittimata. Nel caso che una situazione simile si verificasse, il lavoro del segretario del Pd diventerebbe privo di valore. Per questi motivi quello che si potrebbe in qualche modo immaginare è l’espressione di un Capo dello Stato, diciamo, di stampo “moderato”. Sotto un certo punto di vista, sembrerebbe la supposizione più ragionevole.
QUALE IPOTESI AL QUIRINALE? - Ma se fosse veramente così, una volta escluso Berlusconi, chi resta? Chi si potrebbe ipotizzare tra gli elementi presenti oggi in Parlamento, e capaci di fare da mediatore delle diverse aree politiche? Forse una figura centrista, tendente al moderatismo, e che rimetta al centro un’espressione di quei valori tradizionali dell’Italia Cristiana. Quale potrebbe essere, ad esempio, quella di Pier Ferdinando Casini.
Giovane, come la voglia di cambiamento di Renzi. Moderato, come contrappeso allo strapotere di Napolitano e alla sua espressione politica, nonostante da Capo dello Stato abbia sempre agito in qualità di super-partes. Da poco uscito di nuovo alla ribalta nei giornali, la sua figura potrebbe avere un senso se messa in relazione con il rifiuto di Prodi da parte dei franchi-tiratori. Con una probabile conquista di Palazzo Chigi da parte di Renzi, azionista di un partito di maggioranza del centro-sinistra. E poi con la voglia generale di svecchiamento anagrafico, ma non di svendita delle istituzioni. Ovvero con la volontà di optare per la diffusa presenza di figure giovani, ma capaci comunque di garantire quel tasso di esperienza che finora soltanto pochi come Letta stanno cercando di mantenere in vita. Con tutto ciò c’è pure da dire che per qualcuno un’ipotesi di questo tipo potrebbe rappresentare un motivo di particolare discordia, o insoddisfazione. Ma, nel caso di assenza di alternative, se fosse davvero così? Tuttavia, dopo uno sguardo alla situazione generale, questa resta soltanto una delle differenti possibilità. Chi vivrà vedrà.
Francesco Gnagni
foto: www.polisblog.it; www.ilgiornale.it
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