Giro d’Italia 2014: le pagelle di una classifica dopata

Un Giro che poteva essere splendido macchiato dalla slealtà: la furbizia di Quintana distrugge il ciclismo - e falsa la gara - come il doping di Armstrong.

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Nairo Quintana, vincitore Giro d’Italia 2014 (@giroditalia)

Trieste – Il Giro d’Italia 2014 si è concluso domenica ed è stato un Giro per colombiani: per la prima volta, infatti, la maglia rosa è andata a un ciclista del paese sudamericano. Al netto delle scorrettezze e dei comportamenti antisportivi, è stato il Giro di Rigoberto Uran, al quale la vittoria sul campo è stata scippata dal connazionale Quintana, giovane promettente che ha messo in dubbio la credibilità della sua carriera con le scellerate scelte di questo Giro.

UN GIRO DOPATO – Non saranno state sostanze chimiche a decidere il Giro d’Italia 2014 ma l’esito della corsa è valido quanto quello dei Tour vinti da Armstrong. A falsarlo è stata la tappa di Valmartello e, in particolare, la discesa dello Stelvio: il caso, ormai noto a tutti, riguarda l’indicazione della giuria per la presenza di moto con bandiera rossa, da non superare per tenere in sicurezza i gruppi di ciclisti. Lì, invece, Quintana, Hesjedal e Rolland ne hanno approfittato, cogliendo l’occasione per guadagnare oltre tre minuti sui rivali. Quel giorno il Giro 2014 è ufficialmente morto ed è cominciata la cosa per il secondo posto: il primo era già stato scorrettamente deciso da un cumulo di errori, azioni antisportive e astuzie, una combinazione che, se non ucciderà il ciclismo, mette a dura prova la credibilità della corsa rosa.

PAGELLE – Qualche voto bisogna pur darlo: difficile in questo Giro distinguere la corsa vera e la classe dei corridori dalla furbizia che uccide lo sport. Qualche buona sorpresa, comunque, c’è stata, anche per i colori italiani.

IL PUBBLICO: 10 – La gente ai margini della strada è sempre la vera protagonista del Giro. Applaudono, sostengono, apprezzano il ciclismo: sono queste le giornate più belle per chi ama il ciclismo. A chiunque sia sulla strada, nessuno nega un applauso, una spinta e un incoraggiamento. Questo è un patrimonio da non sprecare: le riflessioni per chi si occupa di ciclismo in Italia devono partire da questo.

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Fabio Aru, vincitore a Montecampione e terzo in classifica (gazzetta.it)

FABIO ARU: 9 – Il giovane sardo è il futuro dell’Italia nelle corse a tappe: lo si sospettava già dallo scorso anno ma adesso Fabio Aru è una certezza. Forte in salita, capace di difendersi a cronometro, tatticamente già scafato e dotato del coraggio che è mancato a tutti gli altri: per lui un ottimo Giro, che, in condizioni di normale lealtà sportiva, l’avrebbe visto lottare fino all’ultimo per la maglia rosa.

RIGOBERTO URAN: 8 – Il colombiano ha dimostrato impegno e dedizione: fosse stata una corsa leale, probabilmente avrebbe vinto lui questa edizione, o se la sarebbe giocata sul filo dei secondi con Quintana (e, perché no, Aru). Per lui ci sarà occasione di rifarsi ma, giustamente, la rabbia resta tanta: ottimo il lavoro a cronometro, peccato abbia patito in salita. È la dimostrazione che spostare gli equilibri è un po’ come giocare con la coperta: qualcosa resta fuori.

NACER BOUHANNI: 8 – Il velocista francese è giovane, svelto e intelligente: farà strada. Nelle prime tappe ha incontrato un Kittel veramente sopra le righe ma, ritiratosi il tedesco, per Nacer non ci sono stati altri rivali.

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Michale Rogers sullo Zoncolan (blogtaormina.it)

MICHAEL ROGERS: 8 – Vince a Savona e sullo Zoncolan: per l’ex campione del mondo a cronometro un Giro indimenticabile.

CADEL EVANS: 7 – Nonostante l’età, ha lottato come un leone in tutte le tappe. Un premio per la combattività andrebbe a lui, che ha dimostrato di avere ancora qualcosa da dire nel ciclismo, soprattutto grazie all’esperienza.

DOMENICO POZZOVIVO: 7 – In alcune tappe da 8 e oltre, altre volte sotto la sufficienza: per Pozzovivo un bel Giro, al quale è mancata la vittoria ma che ne ha fatto intravvedere un buon futuro per la classifica. La strada può essere questa.

MAJKA E KELDERMAN: 7 – Giovani, brillanti, interessanti: a un passo da un 8. Loro due, con Rolland, Quintana e Aru potrebbero lottare l’uno contro l’altro per una maglia gialla, tra quattro o cinque anni.

ORICA – GREENEDGE: 7 – La squadra australiana sarebbe stata da 8, se la sfortuna non avesse costretto 7 corridori su 9 a ritirarsi e i restanti due a lottare per la maglia nera del Giro 2014. Indimenticabili comunque.

PIERRE ROLLAND: 4 – Il voto è anche il suo piazzamento in classifica. Coraggioso e spumeggiante sulle orme di Voeckler, Rolland ha però costruito buona parte della posizione in classifica con la furbata dello Stelvio: senza il colpo scorretto in discesa, non sarebbe stato neppure nei primi cinque. Fa comunque ben sperare per il futuro – francese – nelle corse a tappe.

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L’altimetria complessiva del Giro d’Italia 2014 (gazzetta.it)

IL GIRO 1 – Il livello organizzativo del Giro di quest’anno ha toccato un minimo: lo si nota dal comportamento del gruppo, che si prende la libertà di protestare per la pioggia e quasi di congelare la tappa fino alla resa della giuria. Ma lo si era notata anche negli anni scorsi, come accadde a Milano e con l’eliminazione dal percorso del Crostis: troppa arrendevolezza verso richieste – spesso interessate non alla sicurezza ma alla tranquillità – di team e corridori.
Il problema non sono state le singole tappe, sarebbe irrispettoso verso i comitati di tappa, quanto la gestione complessiva della corsa: che un Giro sia deciso da un errore di comunicazione di giuria e organizzazione e che quest’ultima si rifiuti di accollarsi le responsabilità e decidere di conseguenze, ha dell’incredibile. A posteriori, chi ha optato per il Giro di California probabilmente ha scelto bene: la posizione del Giro come seconda corsa a tappe sarà sicuramente a rischio se continuerà su questo piano.

MOVISTAR: 0 – La squadra di Quintana non ha violato le regole – forse – ma ha sicuramente ucciso la sportività. Non erano le Olimpiadi, non era richiesto lo stesso spirito, ma un po’ di lealtà ce la si attende sempre. Unzue, come Armstrong, ha messo la vittoria davanti allo sport: sono questi i comportamenti che uccidono il ciclismo.

QUINTANA: N.C. – Il giovane colombiano ha dimostrato di andare forte in salita e di avere talento; avesse anche avuto lealtà sportiva, sarebbe candidabile tra i ciclisti migliori in prospettiva futura. Potrebbe anche diventarlo, ovviamente, ma la sua carriera rimarrà indelebilmente macchiata da questo Giro, vinto grazie all’astuzia e non alle gambe. In salita, in fondo, Aru ha quasi sempre guadagnato e il colombiano come controllore s’è dimostrato fin troppo efficace: messo da parte il tesoretto, non ha dovuto far altro che correre sulla difensiva.

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Rigoberto Uran in maglia rosa, prima dello scippo di Quintana (zenfs.com)

E ADESSO? – Dopo un Giro partito bene e finito malissimo, il ciclismo è in attesa del Tour de France 2014: lì sarà vero scontro tra titani, con Contador, Froome, Wiggins, Schleck e il nostro Nibali. Sarà vero spettacolo, in un modo o nell’altro. E se qualcuno si chiedesse perché questi campioni non erano al Giro, la tappa dello Stelvio contiene tutte le risposte.

 

Andrea Bosio
@AndreaNickBosio

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