Gioco d’azzardo e Governo battuto: come se ne esce?

gioco d'azzardo

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Roma – Nella giornata di giovedì il Senato ha approvato con una decisa maggioranza la mozione avanzata dalla Lega Nord che prevede il divieto per un anno alle concessioni per le aperture di nuovi centri di gioco d’azzardo elettronico, sia on-line che nei luoghi adibiti e aperti al pubblico, nonostante il parere contrario del Governo.

Il sottosegretario all’Economia, Alberto Giorgetti, ha così annunciato il suo obbligo di rinviare la legge delega in questione nella mani del Parlamento, privando l’esecutivo del suo potere temporaneo per sottoporre il testo ad un nuovo iter democratico: il documento proposto dalla Lega infatti non ha forza di legge, quindi non prevede vincoli giuridici al Governo, ma lo impegna comunque dal punto di vista politico, riportando l’argomento al centro della discussione parlamentare, nonostante vi sia anche la possibilità che questo alla fine non venga considerato

Il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni, infatti, ha subito invitato tutti a riconsiderare le loro posizioni, esprimendo la sua opinione con un comunicato stampa dove considera il testo ‹‹inapplicabile perché verrebbe compiuto un atto illegittimo››, e quindi dichiarando la volontà di rinnovare comunque la fiducia alla legge precedente, gettando la situazione nell’incertezza.

Le motivazioni esposte dal Ministero dell’Economia e delle finanze sono principalmente tre: innanzitutto viene fatto notare come questo causerebbe ‹‹una forte diminuzione delle entrate in una fase estremamente delicata per la finanza pubblica››. Si parla di un gettito di circa 6 miliardi di euro, due volte quindi il valore della vecchia e tanto discussa Imu, e che rappresenterebbe quindi un bel tappabuchi per i conti disastrati del paese, ma che dall’altro lato testimoniano anche come in realtà quello del gioco d’azzardo sia una pratica piuttosto diffusa in Italia.

In secondo luogo le complicazioni della possibile decisione verrebbero ad accrescersi per via del fatto che, oltre al contrasto con i circa 200 operatori aventi già i diritti per la concessione che minacciano fin da subito la protesta e che parlano della perdita di 200.000 posti di lavoro, si riaprirebbe il contenzioso già chiuso nel 2010 con la regolamentazione del mercato. Inoltre, come ultima ragione ma non meno importante, si rischierebbe di favorire lo spostamento dei proventi derivati dal gioco d’azzardo verso il traffico illegale.

D’altro canto però problema sollevato dalla Lega per molti non è solo un atto di propaganda: la questione delle sale giochi è un tema che purtroppo merita forte attenzione, anche dal punto di vista sociale.

Infatti è a partire dalle voci di baristi e amministratori locali, comunità e associazioni cattoliche nonché delle famiglie stesse dei diretti interessati, che si alzano continue richieste di aiuto nei confronti della sofferenza e del disagio che stanno alla base del problema originato dalla ludopatia, causa di situazioni che a volte sconfinano in vere e proprie tragedie.

Certamente è compito anche dello Stato quello di occuparsi della salute e del benessere di tutti cittadini, e di assicurare ordine ed una sana convivenza sociale. La stessa che purtroppo a volte viene minacciata soltanto per colpa di un paio di lucine elettroniche lampeggianti: agenti che attirano l’attenzione di chi dal far suo ha le proprie vicende personali o il più semplice male di vivere ad affliggerlo, ma che finisce però per dilapidare assegni e rovinare famiglie, trascinandole sul lastrico o ancora peggio incidendo con l’uso della violenza fisica.

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In questo caso non si tratterebbe di imporre divieti a chi magari, dopo una lunga giornata di lavoro, vuole farsi una giocata al bar sotto casa, ma piuttosto di prevenire atti di criminalità dovuti a certi eccessi.

Ciò nonostante c’è anche il bisogno di soldi per le casse comuni, e ce n’è bisogno subito. Contanti che tuttavia apparterrebbero agli italiani stessi, e in grado di costituire una forza economica autonoma utile a far quadrare meglio i conti delle singole situazioni domestiche in crisi, ed allo stesso tempo potenzialmente capaci anche di muovere un poco i consumi.

Pertanto ci si aspetta che da questa vicenda fuoriesca almeno una maggiore incisività sui controlli e sulle regolamentazioni da applicare, augurandosi che non sfumi tutto in giochi di alleanze e maggioranze. Che non ci si limiti insomma agli interessi dei partiti ma si pensi anche un po’ di più ai singoli contesti sociali.

Il conflitto si situa ad un esatto crocevia tra le ragioni etiche alla base delle decisioni da prendere e i problemi di bilancio. Questa volta non c’entra l’Europa, la Bce e la crisi, gli accordi internazionali o i patti di stabilità, sebbene le urgenze finanziarie bussino continuamente alla porta. Il problema diventa semmai non farci schiacciare da questi impegni, perché questa volta si tratta di una faccenda tutta interna al nostro paese, alle nostre abitudini. Insomma, tutta italiana.

Francesco Gnagni

Foto || deputatipd.it; cittadiniattivi.it

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