
Fort Hood: ricostruzione di una tragedia
16 feriti e 4 morti, un giorno di ordinaria follia a Fort Hood. Sullo sfondo gli orrori della guerra
Disturbo post traumatico da stress, questo è probabilmente il motivo che ha spinto Ivan Lopez ad aprire il fuoco verso i suoi commilitoni a Fort Hood, in Texas. Questa sindrome è molto diffusa nei militari appena tornati dal fronte e soprattutto nei militari statunitensi che, a differenza di soldati di altri Paesi, possono essere impiegati in teatri bellici anche per due anni senza licenze. Quello che normalmente accade dopo una missione è che i soldati si ubriachino in qualche locale e facciano delle risse, ma stavolta non è bastata una scazzottata e si è arrivati alla tragedia. Sedici feriti e quattro morti, tra cui lo stesso Lopez che alla fine si è tolto la vita.
UN GIORNO NORMALE A FORT HOOD - Era una giornata tranquilla a Fort Hood, nel Texas, la base statunitense più grande del mondo. Al suo interno questa base ospita 50mila persone ed è di fatto come una cittadina a sé, con supermarket, asili, college, negozi e tutto quanto serve a una piccola comunità, oltre ovviamente alle istallazioni militari. Questa enorme struttura era stata creata nel 1942, nel pieno della seconda guerra mondiale, come base per la prima divisione di cavalleria e la prima divisione ovest dell’esercito. Era una giornata tranquilla, si diceva. All’improvviso dei colpi secchi risuonano da un luogo imprecisato di Fort Hood. I passanti sono disorientati. Forse qualcuno di loro all’inizio pensa possa trattarsi di un’esercitazione, ma no, non è possibile, i poligoni di tiro sono lontani. Altri colpi risuonano. Questa volta si riesce a capire da dove provengono. Dall’ospedale. Sirene della polizia, dagli altoparlanti disposti un pò ovunque nelle strade un militare invita tutte le persone a rientrare in casa e a mantenere la calma. Le strade ora sono deserte, non si sentono più gli spari perché ogni rumore è coperto dalle sirene, della polizia e delle ambulanze.
RICOSTRUZIONE DI UNA TRAGEDIA - Le autorità militari non hanno ancora rilasciato particolari sull’accaduto, ma possiamo provare ad immaginare cosa sia successo quel giorno. Il soldato Ivan Lopez aveva prestato servizio in Iraq nel 2011 e dal suo ritorno in patria soffriva di depressione. Quel giorno avrebbe dovuto sottoporsi alla solita terapia, ovvero una chiaccherata con lo psichiatra che si concludeva con la ricetta di un anti-depressivo. Pillole bianche contenute in un tubo arancione di plastica, come ci ha insegnato Hollywood. Quel giorno però qualcosa non va, forse un gesto, una parola sbagliata o forse un’idea che cova da tempo e improvvisamente prende forma. Il soldato estrae l’arma dalla fondina e apre il fuoco su tutti quelli che lo circondano. Dopo poco Lopez viene raggiunto dalla polizia militare che ingaggia con lui un violento scontro a fuoco. Il soldato non ha il tempo per pensare, agisce d’istinto e cerca di fuggire. Quello che nessuno saprà mai è cosa pensasse nell’istante in cui ha rivolto la pistola contro sè stesso, poco prima di premere il grilletto.
NON ERA LA PRIMA VOLTA - Non manca chi ha cercato di collegare questo fatto a quello accaduto sempre a Fort Hood nel 2009. In quel caso Malik Nidal Hasan, maggiore dell’esercito degli Stati Uniti d’America, professione psichiatra, aveva ucciso tredici persone e ne aveva ferite trentuno. Ma i due fatti, a quanto sembra, in comune hanno solo il luogo in cui sono avvenuti. Il maggiore Hassan infatti, di origine giordana, avrebbe dovuto partire di lì a poco per il fronte, per combattere una guerra che riteneva ingiusta. Al grido “Allah Akbar”, Allah è grande, il maggiore aveva aperto il fuoco contro i suoi colleghi. Due stragi, con due motivazioni diverse, avvenute nello stesso luogo.
LA GUERRA E IL TERRORISMO - Appena si è saputo dell’ultima strage avvenuta a Fort Hood, molti hanno paventato l’attentato terroristico. Negli ultimi dieci anni il terrorismo è stata l’unica cosa che sia davvero riuscita a spaventare gli americani. Ma l’America oggi dovrebbe prendere coscienza di ciò che la guerra lascia in quelli che la combattono. Corpi speciali, addestramenti speciali, ma i super-uomini che vediamo nei film sono solo un’invenzione e molto spesso la vera guerra di un soldato inizia quando ritorna a casa, quando i ricordi delle atrocità commesse o solo viste riemergono sconvolgendo l’anima.
Andrea Castello