Firenze festeggia con il fattore sommo dell’unificazione nazionale

Palazzo Vecchio

FIRENZE – La capitale del Bel Paese dal 1865 al 1870, ha iniziato i festeggiamenti per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia magnificamente. Ieri notte si è svolta infatti nel cuore della città, imbandito per l’occasione di bandiere e stendardi bianchi, rossi e verdi, la “Notte Tricolore”, con i musei statali e comunali gratuiti per tutti i cittadini e aperti fino alle 1.00 di notte, e un lungo percorso decorato da piazza Beccaria, passando per Borgo la Croce, Borgo degli Albizi e poi per il Corso fino a Piazza della Repubblica.

 

La festa è iniziata alle 19.00 con eventi in tre piazze per celebrare la lingua, l’artigianato e l’arte. Piazza Santa Croce è stata riservata alla lingua italiana, Piazza della Signoria all’arte e Piazza della Repubblica all’artigianato.

Una illuminazione straordinaria ha colorato i principali monumenti, a partire dal Ponte Vecchio, meravigliando tutti i cittadini per riscoprire insieme il senso di appartenenza e il contributo di Firenze all’Unità d’Italia e allo stile italiano. A mezzanotte e mezzo c’è stato il gran finale con i fuochi d’artificio da Palazzo Vecchio, dal cui balcone si srotolava un lungo tricolore per fare da “quinta” alla piazza, abbellita da una grande piattaforma raffigurante la mappa dell’Italia.

 

A mezzanotte il sindaco Matteo Renzi ha innalzato la bandiera italiana donata dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sul tetto del nuovo teatro del Maggio Musicale Fiorentino: «Abbiamo scelto di festeggiare i 150 anni dell’Unità d’Italia nel nome della cultura – ha affermato il sindaco – che è una grande e straordinaria opportunità per una comunità. Non è vero che con la cultura non si mangia, a Firenze da sempre si mangia con la cultura; perché la cultura nutre lo spirito».

 

E il 15 e il 16 marzo, in collaborazione con l’Accademia della Crusca, alla Villa Medicea di Castello, si è tenuto il convegno La lingua italiana e il teatro delle diversità che ieri ha proposto tre letture nei dialetti e vernacoli delle capitali d’Italia, dalla voce di Bruno Gambarotta (Torino), Lucia Poli (Firenze) e Simona Marchini (Roma). Si segnala inoltre la mostra temporanea La lingua fattore dell’unificazione nazionale, che si inaugura oggi presso il Chiostro delle Leopoldine in Piazza Santa Maria Novella.

 

A cura della Società Dante Alighieri e dell’Accademia della Crusca, è aperta al pubblico fino al termine delle celebrazioni, ed è dedicata al mestiere dello scrivere e alla lingua italiana, uno dei pilastri più saldi della nostra identità nazionale.

Anche se non fu fattore di unificazione all’origine della nazione – Cavour il 17 marzo del 1861 scrisse a Massimo D’Azeglio una lettera in francese – «se l’unità venisse infranta – ha detto Umberto Eco – come alcuni vogliono, non verrebbe comunque meno l’italiano».

 

D’altronde, riporta Tullio De Mauro, il 94 per cento degli italiani «abitualmente o no, conservando o no modi regionali e il dialetto nativo, converge verso l’italiano. Quello che Foscolo, Cattaneo e Manzoni avevano sognato, cioè che l’italiano diventasse davvero la lingua comune degli italiani, è diventato realtà nell’Italia della Repubblica democratica. Da questo patrimonio dobbiamo e possiamo ripartire».

Natalia Radicchio

© l’autore

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