Festival del Film di Roma. Ecco Spike Jonze, Scarlett Johansson e Joaquin Phoenix

Joaquin Phoenix in una scena di "Her" (pastemagazine.com)

Joaquin Phoenix in una scena di “Her” (pastemagazine.com)

La terza giornata dell’ottava edizione del Festival Internazionale del Film di Roma equivale all’apoteosi di Spike Jonze e del suo meraviglioso ultimo lavoro su grande schermo Her. Ad appagare la fame divistica dei comuni avventori, però, è principalmente la presenza di due tra le più celebri e talentuose star hollywoodiane quali Scarlett Johansson e Joaquin Phoenix, accorse sul red carpet capitolino al fianco dell’autore della loro ultima fatica interpretativa.

Fin dalla mattinata in conferenza stampa, a dire il vero, l’aria in casa Jonze e soci è apparsa delle più rilassate, solari e tranquille possibili. Dietro la scrivania posta sul palco della sala Petrassi dell’Auditorium di Roma, infatti, l’incontro con gli addetti ai lavori di cronaca ha avuto risvolti estremamente amichevoli e quasi prossimi ad una specie di amorevole cabaret tra lo stesso Jonze, Joaquin Phoenix e una timida Rooney Mara, coprotagonista della pellicola in concorso, più volte simpaticamente punzecchiata dai due colleghi in vena di sorrisi e atteggiamenti di spirito.

«Oddio, non saprei cosa rispondere…no, proprio non lo so, davvero» è, termine più termine meno, il motto di Joaquin Phoenix in sostituzione di una qualsivoglia risposta ad una altrettanto casuale domanda a lui rivolta mentre fuma in tutta tranquillità la sua amata sigaretta. Ma l’atteggiamento è davvero tra i più solari mai visti sul suo volto e, onestamente, la cosa non può che rinfrancare visti alcuni precedenti un tantino differenti.

L’attesa serale, invece, è tutta rivolta a lei, la diva: Scarlett Johansson offre la sua presenza a pubblico e fotografi soltanto in serata nell’arco della proiezione ufficiale sfilando sul red carpet della kermesse capitolina. La sua presenza, per così dire, dimezzata, però, ha comunque un certo senso non del tutto estraneo alla faccenda. Per capirlo e sorridere di una simile ingenua tesi, occorre fare qualche accenno alla consistenza del film (che, ci teniamo a dirlo da subito, sembra proprio essere un vero capolavoro).

In una Los Angeles appartenente ad un futuro non precisato, Theodore (Joaquin Phoenix) è un ragazzo solitario ma non per questo del tutto introverso. C’è una ragione ben precisa a spiegare la sua condizione: Theodore è sul’orlo dell’ufficializzazione del divorzio da sua moglie Catherine (Rooney Mara), la donna che ha amato praticamente per tutto l’arco della sua vita, dall’infanzia all’età adulta. Il dolore derivante da una simile perdita, quindi, fa di lui una sorta di incarnazione del dubbio e dell’indecisione, elementi che vanno a braccetto nella comune dimora della paura di vivere nuove esperienze traumatiche, sentimento che, di conseguenza, lo inibisce all’apertura verso un ulteriore partner. Eppure non si direbbe, considerando che il lavoro di Theodore consiste nello scrivere lettere intime e personali (anche d’amore) per conto terzi, ambito nel quale è, a tutti gli effetti, un leader creativo vincente. Quando, però, per puro caso viene ad incontrare l’esistenza di un sistema operativo di ultima generazione chiamato Samantha (al quale proprio la Johansson, idolo fisico indiscusso, presta unicamente la voce), le cose cominciano a mutare forma. Samantha è una vera e propria intelligenza artificiale da poter installare su qualsiasi supporto informatico per riuscire ad interagire, ventiquattro ore su ventiquattro, con quella che, pian piano, dimostra di essere una concreta compagna di vita senza corpo. Theodore, dunque, si troverà ad affrontare una sincera e profonda relazione sentimentale con un software, innescando la scintilla di situazioni tanto stravaganti quanto, a tratti, più profonde e toccanti di un contatto interpersonale umano. Il tutto, però, con la scarsa consapevolezza di successive conseguenze inevitabili. A dir poco imperdibile. Denso, simpatico e ironico ma profondo, assolutamente necessario.

Un fotogramma dal film "A vida invisivel" (trovacinema.repubblica.it)

Un fotogramma dal film “A vida invisivel” (trovacinema.repubblica.it)

Altra pellicola non meno importante presentata in serata è Entre nòs dei brasiliani Paulo e Pedro Morelli, anch’esso in concorso. Qualcuno ha paragonato la pellicola in questione ad una sorta di Grande freddo sudamericano anche se, in effetti, i temi combaciano, forse, un po’ in senso narrativo ma non tanto sul versante etico e percettivo. Ad ogni modo, Entre nòs è la storia di un gruppo di ragazzi appassionati di letteratura che decide di scrivere e sotterrare una lettera per poi riaprirla dopo dieci anni. Lo scopo del gruppo è quello di fare una sorta di raffronto tra ciò che si era e ciò che si è diventati, ma la vita irrompe drasticamente a far pesare maledettamente i suoi lati drammatici, finendo per infrangere bruscamente ogni sogno, desiderio o illusione. Di notevole caratura e, probabilmente, anch’esso concorrente dichiarato per il Marc’Aurelio d’oro.

Infine, la terza pellicola presentata quest’oggi in concorso è il portoghese A vida invisivel di Vitor Goncalves. Completamente opposto alle modalità di narrazione dei due precedenti (e respinto senza alcun accenno di rispetto da parte dei soliti noti della critica cinematografica italiana, di cui parleremo a tempo debito), il film in questione narra in maniera figurativamente anaerobica la condizione di oscuro travaglio interiore che attanaglia l’impiegato statale Hugo (Filipe Duarte) nel momento in cui deve far fronte all’aggravarsi della malattia di Antonio (Joao Perry), più un grandissimo (nonché unico) amico che il suo datore di lavoro. Nel suo devastante e inarrestabile esame interiore, Hugo deve far spazio anche all’ossessione per una serie di misteriosi filmini in Super 8 ritrovati in casa di Antonio, le cui immagini non mostrano alcun accenno alla presenza di forme di vita umana. Spinto dal desiderio di valutare la possibilità di un segreto inconfessato, quindi, Hugo rispolvera tutta una serie di ricordi solo apparentemente sepolti.

(Foto: theveryveryvery.wordpress.com / pastemagazine.com / trovacinema.repubblica.it)

Stefano Gallone

@SteGallone

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