
Festival del Cinema di Berlino. Ken Loach all’attacco del liberismo
Oggi, al 63° Festival del Cinema di Berlino, sarà proiettato l’atteso Spirit of ’45 del regista inglese Ken Loach, da sempre impegnato nel sociale, sia privatamente che artisticamente. Anche questa volta, il regista di La parte degli angeli fa parlare di sé con una esplicita critica al liberismo e al mondo contemporaneo. Spirit of ’45 è un documentario, il primo del regista, che fa rivivere al suo spettatore ideale il movimento collettivista che pervase la società inglese immediatamente dopo la fine del secondo conflitto mondiale; un periodo in cui «si investì nella nazionalizzazione delle banche e delle industrie, in cui si garantì la salute pubblica a tutti i cittadini, in cui si scommise tutto sulla voglia di ciascuno di essere parte di un grande progetto collettivo». Con queste parole, ieri, Loach si è espresso riguardo la sua pellicola – che trova spazio nella sezione Berlinale Special del festival tedesco – in un partecipato dialogo con i giovani del “talent campus” in cui rimpiange, neanche troppo velatamente, un periodo in cui venne messo in funzione uno stato sociale e un welfare collettivo di invidiabile rilevanza.
Il regista inglese, come sappiamo, non è nuovo a determinate prese di posizione. Già lo scorso anno, al Torino Film Festival, aveva rifiutato il premio Gran Torino e aveva deciso di incontrare i lavoratori in difficoltà di Usb e Rear. Sembra giusto, in tempi di crisi, dare quindi spazio ad un artista che lascia da parte le concilianti vesti da kermesse per esprimersi duramente verso un mondo che non pone più al suo centro il cittadino/lavoratore, e che, tornando al lavoro documentaristico e di raccolta di materiali per Spirit of ’45, continua dicendo di non aver «filmato queste testimonianze per nostalgia. Al contrario per dire che un mondo diverso non solo è possibile, ma è esistito».
Per quanto riguarda, invece, la giornata di ieri, tra i film più interessanti vanno segnalati Fatal del regista sudcoreano Lee Don-ku e Gloria di Sebastián Lelio. Il primo, debutto per il giovane regista, è un’opera feroce ma con tratti riflessivi su uno stupro perpetrato da un gruppo di ragazzi. Tra questi c’è Sung-gong che, pur partecipando all’atto violento, è del tutto contrario. Da qui la decisione di intraprendere la via della redenzione e del pentimento. Il film, fino ad ora, sembra essere tra quelli che hanno convinto di più pubblico e critica.
Il secondo, invece, Gloria di Lelio, ha generato riscontri fortemente contrastanti. Pellicola incentrata su una donna divorziata con due figli ormai adulti che cerca consolazione nella notte e nei suoi fugaci incontri, il film del regista cileno ha ricevuto sia critiche positive che negative, soprattutto riferite, queste ultime, ad un certo manierismo “calligrafico”.
Stasera, per la sezione retrospettiva The Weimar Touch sarà proiettato il documentario Lotte Reiniger – Dance of Shadows, importante tributo ad una delle figure simbolo dell’animazione europea. L’artista tedesca, attiva dagli anni Venti, è stata un’importante esponente del cosiddetto cinema di silhouette. Nel 1926 realizzò uno dei film simbolo del movimento, ovvero Le avventure del principe Achmed, primo lungometraggio di silhouette e, probabilmente, dell’animazione tutta.
(Foto: realscreen.com / blog.chili-tv.it)
Emanuel Carlo Micali