Erri De Luca e il torto di un soldato che vive di paure e ossessioni

La copertina del libro

Il torto di un soldato è quello di essere sconfitto. Ma il soccombere al nemico, in guerra, non è soltanto un torto, è anche una colpa, o almeno lo è per l’ex militare e criminale di guerra tedesco – ormai vecchio – descritto nell’ultimo libro di Erri De Luca da pochi giorni sugli scaffali delle librerie: Il torto del soldato.

Quando non percorre le strade di una narrazione a sfondo ‘mistico’, De Luca ama far viaggiare la penna nelle maglie di tematiche storiche che fanno così da sfondo e scenario alla vita dei protagonisti. Nel caso di questo ultimo romanzo la Storia è quella di un passato recente e terribile, quello della Seconda Guerra Mondiale, della follia nazista, dello sterminio degli Ebrei. E proprio la Shoah, la persecuzione e l’uccisione del popolo ebraico, è l’elemento che accumuna le due vite raccontate da Da Luca ne Il torto del soldato.

La prima è quella di uno scrittore che dalla vicenda dell’Olocausto è stato ‘folgorato’ al punto di imparare l’yiddish in età già adulta, dopo aver visitato un campo di sterminio. Quella che ha per le vittime delle camere a gas è un’empatia profonda, una comprensione e una compassione che lo inducono a usare le lettere, e non le cifre, per indicare i numeri degli innocenti deportati nei lager:  «Le cifre vanno bene per ogni contabilità, tranne che per le vite umane». La conoscenza della lingua yiddish gli ha permesso di leggere e poi tradurre alcune delle pagine più liriche di poeti ebrei imprigionati nei campi – come Il canto del popolo ebreo messo a morte di Itzak Katzenelson – ed ora, durante una vacanza in montagna, ha con sè un nuovo dattiloscritto su cui lavorare. In quel momento, per un istante, la sua esistenza tocca quella di vecchio soldato tedesco…

Raccontata dalla figlia, la vita del soldato, un criminale di guerra nazista che ha indossato una nuova uniforme (quella di un postino), ha ugualmente la Shoah come centro gravitazionale, ma nel suo caso si tratta di un’ossessione e di una dannazione. Come incapace di accettare il fallimento del programma nazista di cancellazione del ‘cancro’ israelita, per lui la lingua ebraica diventa un mistero alfa-numerico da svelare, nascosto tra la pagine della kabbalà. Ignorato dai nazisti, stoltamente colpevoli di aver scelto la via della strage piuttosto che quella dell’indagine, questo testo chiave della mistica ebraica offre all’uomo il terreno in cui rintracciare i segni profetici di una storia che ha visto gli obiettivi del Terzo Reich sgretolarsi ed rimanere sepolti. Tutto era già scritto, ma Hitler e i suoi non sono stati in grado di comprenderlo.

Quale epilogo allora per queste due vite, con elementi comuni così simili eppure così distanti? Nel caso di chi scrive l’intuizione arriva a pagina 76 (il libro si conclude a p. 82, ndr), quando quadra il cerchio degli elementi posti in campo da De Luca (il dattiloscritto in yiddish, le manie persecutorie del soldato, il sussurro della parola ebraica èmet ‘verità’ prununciata a fior di labbra, un’auto bianca in fondo a una scarpata). Per un lettore più accorto e raffinato forse saranno già bastate queste poche righe: da lui mi commiato chiedendo scusa.

Erri De Luca. Il torto del soldato. Milano, Feltrinelli, 2012 («Narratori»). € 11,00

Laura Dabbene

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