
Due anni con Francesco, tra Carità e Concilio
Due anni fa Jorge Mario Bergoglio diventava Papa, scegliendo il nome di Francesco: due anni di missione tra la gente che spera e nella Chiesa che cambia
Città del Vaticano – Le gioie e le speranze della Chiesa cattolica sono incarnate da un uomo da ben due anni, volati d’un soffio, un pontificato che si cresce e rinvigorisce la Chiesa, pieno di segni nuovi eppure antichi: così possiamo raccontare oggi questo biennio di Francesco, papa Bergoglio, nel giorno che celebra la seconda ricorrenza della sua ascesa al soglio pontificio. A fianco delle preghiere – di lode e di grazia – possono e devono trovare posto le riflessioni su quanto fatto – o non fatto – e detto – o non detto – dal Papa venuto dalla “fine del mondo”.
IL PAPA DELLA CARITÀ – Si chiama Francesco, succede a Pietro ma cammina nel solco di Paolo. Jorge Mario Bergoglio non sembra aver mai dimenticato in questi due anni ciò che l’Apostolo delle Genti ha indicato nelle sue lettere: «queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità!». Francesco non è verto venuto meno a questo mandato: parlando fin da subito di «una Chiesa povera per i poveri», aveva specificato che «una Chiesa senza la Carità non esiste». Un’ottica nota, ma poco praticata e spesso sottovalutata, almeno da certi vertici ecclesiastici.
UNA GRANDE CONTINUITÀ – La caratteristica principale di Francesco è la continuità. Non tanto quella con i predecessori – comunque presente e viva – quanto quella con sé stesso e con la sua attività pastorale episcopale. Jorge Mario Bergoglio è sempre stato un vescovo attento ai poveri, vicino alla gente e lontano dagli sfarzi: fin da quando, arcivescovo, ha scelto di vivere in un appartamento del centro, Bergoglio ha predicato con le parole e rinforzato il messaggio con le azioni. Anche da Papa, fin dal giorno successivo all’elezione, Francesco ha agito coerentemente con i messaggi lanciati fino a quel giorno: l’abito semplice, le scarpe nere, il rifiuto degli appartamenti papali, la semplicità liturgica sono stati segni di un pontificato attento all’enorme problema mondiale della povertà, spesso tralasciato da una Chiesa molto attenta a nascita e morte, ma dimentica di ciò che avviene tra questi due momenti.
UNA ATTENZIONE AI DETTAGLI – L’attento osservatore, tuttavia, deve saper distinguere ciò che certa stampa riferisce da ciò che davvero è l’opera di Francesco nel suo pontificato. Dipinto come un pontefice in forte rottura con il passato, si sta muovendo invece all’interno di molte continuità.
In primo luogo, c’è una forte continuità con Benedetto XVI: Bergoglio, che ha definito Ratzinger «un nonno saggio», ha sempre mostrato grande rispetto per la dottrina teologica del suo predecessore e ne sta seguendo le orme nell’azione di pulizia della Curia, comunque difficoltosa.
C’è la continuità, poi, con il Concilio Vaticano II: se certi messaggi sembravano arenati, se certi cammini parevano chiusi, Francesco ha virtualmente ripreso per mano molti documenti del Concilio e ha avviato una loro piena attuazione nella Chiesa odierna. Le resistenze ci sono – le scelte pastorali sull’eucarestia per i divorziati risposati sono un esempio – ma le riflessioni, più del risultato, in questa Chiesa contano come successi.
DAL CONCILIO ALLA PIAZZA – Francesco ha così saputo parlare di nuovo alle genti: se Benedetto XVI era circondato dall’aura del dotto teologo e se Giovanni Paolo II offuscato, in fin dei conti, dalle posizioni pastorali rigide e non discutibili, papa Bergoglio ha saputo sia mantenere la retta via della Dottrina, sia spiegare che, all’occorrenza e nei giusti tempi, certe azioni pastorali devono cambiare, per il bene della Chiesa e per meglio seguire il Vangelo.
Il suo successo risiede in questo e i due anni di pontificato lo dimostrano: mostrare la differenza tra il peccato e il peccatore, sottolineando come, verso la persona, non ci sia mai la condanna. Sempre un abbraccio.
Come quello che tutta la Chiesa rivolge a lui questa mattina, ringraziando lo Spirito per il dono che ha lasciato.
Andrea Bosio
@AndreaNickBosio