
Don Seppia, il processo per pedofilia è da rifare
Il sacerdote ligure vede accolto il suo ricorso in Cassazione: per don Riccardo Seppia ci sarà un altro processo, con meno spazio alla droga
Roma – Il processo a don Seppia è da rifare: così ha deciso la Cassazione sul caso del sacerdote ligure cattolico accusato di pedofilia e istigazione alla prostituzione. Don Riccardo Seppia era stato condannato a nove anni di carcere in primo grado e in Appello, ma la Cassazione ha stabilito la ripetizione del processo e la modifica dei capi d’imputazione.
SESSO CON MINORI – Cambia non poco la vicenda di don Seppia, riletta dalla Cassazione dopo due lunghi e dolorosi processi: anziché di induzione alla prostituzione (anche minorile, sembrava), il sacerdote ligure dovrà rispondere solo di “rapporti sessuali con minore”. Per la Cassazione, inoltre, sembra che il ruolo delle accuse di cessione di droga ai minori coinvolti debba avere un peso minore della determinazione della condanna. L’indagine, iniziata dai Nas di Milano coordinati dal pm Stefano Puppo, erano giunti a don Seppia tramite il giro di stupefacenti, risalendo solo in un secondo momento ai ragazzini coinvolti.
SENTENZA TRAUMATICA – La sentenza della Cassazione riapre ferite che sembravano iniziare a rimarginarsi; la vicenda di don Seppia aveva travolto la Chiesa – ligure e non solo – nel maggio 2011, quando il sacerdote di Sestri Ponente era stato arrestato, seguito a breve da un complice ed ex seminarista, Emanuele Alfano. L’accusa era pesante: sfruttando situazioni di disagio di molti ragazzi ospiti di una casa famiglia, li avevano indotti al consumo di stupefacenti e obbligati ad avere rapporti sessuali con loro. Furono proprio i ragazzi a inchiodare il sacerdote,
CONDANNE PRECEDENTI – In primo grado don Seppia aveva ricevuto una condanna a nove anni e sei mesi, confermata in appello nel marzo 2013. Le accuse erano state pesantissime: violenza sessuale su minore, tentata induzione alla prostituzione minorile, offerte plurime di stupefacenti a minori e cessione di cocaina. Poi Paolo Bonanno aveva chiesto alla Cassazione l’annullamento della condanna e un nuovo processo, una richiesta che ieri sera l’alta corte ha accolto.
Nel prossimo processo, secondo la Cassazione, minore dovrà essere il peso dato proprio al consumo di stupefacenti e alla loro cessione.
Andrea Bosio
@AndreaNickBosio