
Discriminazioni da Ebola, la risposta di una liberiana a Dallas
Clarke Solomon non si arrende alla paura di Ebola e spiega, con immagini, perché è umana e liberiana, ma non un virus

#Iamaliberiannotavirus, la campagna di Clarke Solomon contro le discriminazioni causa Ebola (aljazeera.com)
Dallas – Ebola è una minaccia, ma sta diventando anche un allarme sociale: a farne le spese i molti immigrati africani che, sparsi sul globo, rischiano discriminazioni e violenze solo per il colore della pelle e una vaga – teorica – connessione con le aree dove il contagio è più forte. Nasce così la campagna “I’m a Liberian, not a virus”, che sta tempestando il web in lingua inglese a colpi di tag e video.
EBOLA – L’epidemia di Ebola ha colpito duramente anche la Liberia; la piaga del virus, però, sembra riuscire a portare una minaccia anche ai liberiani che vivono fuori dal paese, magari ad anni. Questa è stata l’impressione di Clarke Solomon, una fotografa e nota personaggio televisivo che vive a Dallas, che ha risposto con gli strumenti del mestiere a questi tentativi di segregazione.
DISCRIMINAZIONE – Secondo quanto riferisce The Root, la figlia di Solomon sarebbe stata apostrofata dai suoi compagni di classe con frasi simili a questa: «vieni dalla Liberia, quindi sei malata»; percependo il dolore provato dalla bambina in queste occasioni, la fotografa ha così deciso di costruire un video e delle foto per combattere il pregiudizio, inventando anche un tag per affrontare la paura di Ebola negli Stati uniti.
LA CAMPAGNA – «Ricordate: siamo esseri umani. Io sono liberiana, non un virus»: questo è il messaggio di fondo del progetto per foto, voci e immagini di Solomon, che vuole coinvolgere anche i nativi di altre zone afflitte da Ebola. «Siamo liberiani, sierraleonesi, guineani e nigeriani – spiega nel video la donna – viviamo in regioni che sono state devastate da una malattia mortale. Ma non siamo infetti: è uno stereotipo sbagliato e stigmatizza intere popolazioni».
@FoxNews WATCH THIS PSA. HELP STOP THE STIGMATIZATION. I AM A LIBERIAN, NOT A VIRUS! CLICK: http://t.co/DZcc9AibFV pic.twitter.com/mDGNeYLWry
— Shoana Cachelle (@ShoanaSolomon) 14 Ottobre 2014
SUL WEB – La raccolta di foto, che ritrae anche la fotografa e la figlia, è diventata prima un video, quindi un tag per Twitter, che in alcuni paesi è stato letteralmente sommerso da questa campagna contro le discriminazioni “da Ebola”: #imaliberiannoavirus è stato protagonista e continua a espandersi tra i cinguettii, accompagnato dalle immagini di Clarcke Solomon e di chi comincia a ispirarsi alla sua azione.
ALTRE DISCRIMINAZIONI – Il problema non è confinato alla sola Dallas; negli Stati uniti sono molte le associazioni che hanno segnalato episodi di intolleranza verso i nativi dell’Africa. A New York il problema è addirittura il lavoro: secondo Togba Porte, presidente del Comitato sulla crisi americana di Ebola – organizzazione educativa – molte persone temono di perdere il lavoro o di essere tenute a casa dopo una visita in patria a causa dei pregiudizi su Ebola. Jennifer Gray-Brumskine, organizzatrice di alcune di queste comunità, riferisce anche di reazioni preoccupate sui voli aerei, alla vista di passeggeri provenienti da quelle aree.
Andrea Bosio
@AndreaNickBosio