
Crisi Saeco, si apre uno spiraglio
Bologna – Al tavolo c’erano tutti sindacati, azienda e il governo, rappresentato dal ministro Federica Guidi, il viceministro Teresa Bellanova. C’era pure il presidente della Regione Emilia Romagna Stefano Bonaccini. Tutti insieme per decidere le sorti di 243 lavoratori della Saeco in odore di esubero. Si tratta sulla fabbrica di Gaggio Montano, dopo 71 giorni di presidio degli operai.
I FATTI - La Philips rilevò nel 2009 il marchio Saeco, storico produttore di macchine da caffè bolognese. L’azienda era sull’orlo del precipizio con 600 milioni di debiti. La multinazionale acquisì Saeco per 200 milioni, più 60 per rilanciare la fabbrica. Sono stati anni difficili per l’Italia e oggi si è arrivati alla volontà di Philips di mandare a casa 243 dipendenti su 558. La concorrenza si trova a est, in Romania, dove in questi giorni vengono prodotte anche le macchine italiane, visto il blocco imposto dai lavoratori, che compatti hanno protestato e dichiarato battaglia, sin dall’inizio.
L’INCONTRO - L’11 dicembre il primo round di trattative a Roma si era svolto con un nulla di fatto. Due giorni fa sono riprese le trattative, concluse stamani dopo undici lunghe ore. Dopo 71 giorni sembra ci sia un punto di svolta.L’azienda ha firmato un accordo con parti sociali e governo che prevede una mobilità incentivata ma volontaria per tutti i lavoratori: tutti possono lavorare ma per meno ore e quindi con un minore corrispettivo.
SI APRE UNA SPERANZA - “Di più non si poteva fare, ora la parola ai lavoratori”, afferma Bruno Papignani, segretario regionale Fiom. Adesso quindi questo accordo dovrà passare per la fabbrica per essere votato dai lavoratori stessi. Già questo pomeriggio i sindacati faranno un’assemblea nella quale spiegheranno i termini dell’accordo. La storia di Saeco, come Indesit con Whirlpool, era prevedibile al momento dell’acquisto di Philips. Una multinazionale cura di norma solo i propri interessi economici e, nonostante il marchio sia italiano, difficilmente continuerà a produrre a lungo in un Paese come l’Italia dove il costo del lavoro è così alto rispetto per esempio alla Romania. Probabilmente verrà messa una pezza con questo accordo. Ma per dire che Saeco in Italia è salva, servirà molto di più.
Domenico Pellitteri