
Crisi libica: nuovo no dell’Italia all’intervento bellico in guerra
Roma – ”Il presidente Jalil ci ha parlato di diecimila morti” in Libia, ”vittime di un regime sanguinario” e di oltre ”50-55 mila feriti”. Questo è quanto ha riferito il ministro degli Esteri, Franco Frattini, dopo l’incontro con il presidente del Consiglio nazionale di transizione di Bengasi, Mustafa Abdel Jalil, ricevuto alla Farnesina.
L’Italia è la prima nazione ad ospitare il leader degli insorti libici, Jalil, il quale, pur guidando la rivolta dei ribelli contro il Colonnello Gheddafi, non è ancora un capo di governo effettivo, dunque, sarà ricevuto dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano e dal premier, Silvio Berlusconi, domani, dopo il colloquio in programma questa mattina alla Farnesina. L’arrivo di Jalil è una piccola vittoria dell’Italia, poiché dimostra come essa sia riuscita velocemente a ristabilire la propria autonomia diplomatica dopo la fase di iper-attivismo dimostrata dalla Francia di Sarkozy che aveva obbligato il nostro Paese a fare un passo indietro nella questione libica e riconoscere ufficialmente il Consiglio di Bengasi come unico e legittimo rappresentante del popolo libico.
Armi – Il motivo della visita di Jalil è noto. Da tempo i ribelli chiedono ai Paesi Membri Ue, da poco anche al nostro, di aumentare l’impegno in Libia contro le truppe leali al Colonnello in vantaggio. Napolitano, Berlusconi e Frattini ascolteranno le richieste ma non tutto sarà concesso.
La Farnesina, sulla scia delle conclusioni del Gruppo di Contatto riunitosi a Doha qualche giorno fa, ha ribadito che l’Italia concederà ai ribelli “strumenti per l’autodifesa” ma “non armi offensive e tantomeno armi letali”. Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa invece, ha bloccato con un “no” le istanze libiche per degli addestratori militari che dovrebbero istruire i combattenti in rivolta: é un problema “futuro” – ha chiarito La Russa – che, per il momento, si sta affrontando in via informale ma che non è stato discusso in “alcuna sede ufficiale”. D’altronde, l’Italia “sta già facendo moltissimo”, ha spiegato il portavoce della Farnesina, Maurizio Massari, con l’adesione alla no-fly zone e le missioni aeree di pattugliamento anti-radar. Inoltre, ha aggiunto Massari, il Paese ha messo a disposizione degli Alleati le sue basi e ha il comando della missione navale per l’embargo delle armi. Sul fronte umanitario, poi, Roma è in prima linea. Tantissimi gli aiuti italiani che sono già arrivati a Bengasi nelle settimane scorse su richiesta di Jalil, senza contare gli esperti inviati per il funzionamento del porto e dell’aeroporto. Insomma, il sostegno dell’Italia al Cnt è assoluto ma le azioni di forza non saranno autorizzate.
Una sola la richiesta che Frattini ha rivolto a Jalil: il Cnt continui a vigilare per evitare “possibili infiltrazioni di elementi radicali” che finirebbero solo per fare il gioco di Gheddafi.
La Russa-Gates – Intanto, al Pentagono si è appena concluso l’incontro tra il ministro La Russa e il suo omologo statunitense, Robert Gates. “Non forniremo altri assetti” per le operazioni militari in Libia “perché non siamo secondi a nessuno negli assetti che già mettiamo a disposizione”. Così il ministro della Difesa ha risposto a Gates, il quale ha nuovamente espresso all’Italia l’istanza di un maggiore impegno militare.
Chantal Cresta
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