Crisi. Dal Def la scoperta: il debito pubblico è alla stelle causa Monti

Mario Monti

Roma – Alla fine anche il premier Mario Monti lo ha confermato: il rapporto debito/Pil per l’anno in corso schizzerà alla percentuale vertiginosa di 123,4% contro i 120,1% del 2011. La sede della dichiarazione è stata il Parlamento giovedì scorso durante la presentazione del Documento di economia e finanza (Def) per il 2012.

Il dato non è nuovo. Già due settimane fa il presidente del Fondo monetario internazionale (Fmi), Christine Lagarde, aveva decretato la sconfitta della politica fiscale del premier mandando in frantumi le illusioni di pareggio di bilancio secondo il parametro del rapporto al 60%, promesso all’Unione europea entro il 2013. Le cifre offerte dal fiscal monitor del Fmi sono angosciose anche per gli anni a venire e tutto lasciano sperare tranne che un recupero sul fronte del debito. Se nel 2012 ci si assesta al 123,4%, per il 2013 si attende un ulteriore impennata fino al 123,8%. Solo nel 2014 dovrebbe iniziare la caduta che riporterebbe il rapporto al 123,4%, continuando con un 122,3% nel 2015 e un 120,7% nel 2016 per approdare dopo un settennato di rigore al 118,9%, ovvero il rapporto debito/Pil del 2010.

Dunque, alla fine i conti del Professore bocconiano continuano a non tornare: troppe tasse hanno indebolito il Pil e nessun taglio alla spesa ha aggravato il debito pubblico che infatti è attualmente alla cifra di oltre 1 miliardo, 941 milioni e 182 mila euro (fonte: il sito di statistiche, italiaora.org). I due miliardi sono attesi a breve.

Fin qui il noto. Il meno noto intorno al contenuto del Def lo hanno divulgato solo due fonti, uniche che pare abbiano rilevato la portata della notizia. Il premier ha aumentato di due punti di Pil, pari al 2,2%, il debito pubblico per regalare a Grecia, Portogallo e Irlanda 35,1 miliardi di euro secondo l’accordo stipulato con l’Unione europea.

A scoprire il dato indicato a pagina 36 del documento economico è stato per primo il vicedirettore di Libero, Franco Bechis, seguito a ruota dal sito di informazione ilgiornalettismo.com. Fonti molto diverse, stessa la storia.

Prima dell’arrivo di Monti, l’esborso aggiuntivo all’Unione per i paesi più esposti era di 0,2% di punto del Pil, circa 3 miliardi di euro. Tra la fine del 2011 e il 2012, quando il bocconiano era già stato insediato nel modo meno costituzionale possibile, gli accordi vennero rivisti con decise ritoccate al rialzo e Monti – da bravo europeista – si impegnò a consegnare all’Ue della cancelliera Angela Merkel 2,2 punti di Pil, pari a 29,5 miliardi di euro da mettere nelle casse del fondo European Financial Stability Facility (Efsf). Non è finita.

All’epoca Monti siglò anche un’altra sberla di miliardi: 5,6 miliardi da consegnare, questa volta, al fondo European Stability Mechamism (Esm), nuovo organismo per la solidità dell’Unione.

Per poter effettuare tutte queste manovre, che né discusse preliminarmente con il Parlamento né rese pubbliche, Monti emise nuovi titoli di Stato per un valore totale di 35,1 miliardi di euro. Tutto denaro per recuperare il quale ha imposto iper-tassazioni sottraendo respiro all’economia nazionale che, infatti, è al collasso. Risultato: il debito pubblico si chiuderà con una percentuale del 123,4% e obbligherà l’Italia a pagare finanziarie di 40 miliardi l’anno per i prossimi 20 anni. Nel frattempo, però, saremo cassati da Bruxelles e dalla Germania che – famosa per la sua rigidità – certamente ci punirà per il mancato pareggio di bilancio come deciso nel fiscal compact così entusiasticamente convalidato da Mario Monti.

La ciliegina sulla torta arriva dalla Grecia: dei 30 miliardi ottenuti è probabile che non ne verrà

Angela Merkel con il premier Monti

restituito neppure un’euro perché se la nazione ellenica dovesse fallire i debiti non sarebbero più esigibili.

Visti i numeri, da due giorni i partiti sono in fibrillazione. Pd, Pdl e Udc chiedono misure per la crescita e giurano di non avere intenzione di sfiduciare Monti, cosa per altro credibile poiché nessuna coalizione politica, ora, sarebbe in grado di aggiustare il disastro in corso. Tuttavia, da ora in poi ogni voto nelle Aule non potrà più essere presentato come la decisione di un Governo avulsa da quella della maggioranza che lo sostinene. Il Governo di unità nazionale auspicato per il dopo-Berlusconi è finalmente compiuto. Ora si attende la crisi di Governo.

Chantal Cresta

 

 

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