Brasile: chi vince nell’economia degli eventi sportivi?

Brasile 2014-2016: Mondiali e olimpiadi porteranno benefici, ma anche potenziali rischi

Brasile 2014-2016: Mondiali e olimpiadi porteranno benefici, ma anche potenziali rischi

Brasilia – Nel giro di tre anni, dal 2014 al 2016, il Brasile sarà chiamato a ospitare i due maggiori eventi sportivi del mondo: i Mondiali di calcio, e le Olimpiadi estive. Si tratta di una scommessa particolarmente importante quella fatta dalla Fifa prima e dal Cio poi, su uno dei cinque paesi dei cosiddetti “Brics” – Brasile appunto, Russia, Cina, India e Sudafrica – che presentava, fino a poco tempo fa, una crescita economica particolarmente forte, che l’ha portato a divenire la sesta economia mondiale.

La situazione è, a tutti gli effetti, divisa in due scenari opposti: da un lato, gli eventi internazionali che si stima porteranno alle casse brasiliane, per il solo Mondiale 2014, circa novecento milioni di euro - 8 miliardi di introito primario contro 7,1 miliardi di investimenti infrastrutturali – e dall’altro la sempre più evidente crisi della classe media, schiacciata tra politiche lavorative e fiscali inefficaci, e un aumento di ricchezza che non li vede protagonisti.

A fare le spese di questa incertezza finanziaria non sono solo i lavoratori, ma anche le stesse istituzioni. Lo scorso giugno, intervenendo al rialzo sui tassi di interesse del Real (la moneta brasiliana), la Banca centrale del Paese si è esposta per una somma complessiva di quasi 6 miliardi di dollari, pur avendo disponibilità per soli 3 miliardi. Ciò si è reso possibile tramite il meccanismo dello swap, ovvero uno scambio di flussi di valute tra due soggetti distinti, al fine di garantire la copertura finanziaria. In ogni caso, il Brasile conta di recuperare la somma investita attraverso il boom degli eventi che ospiterà.

Nel triennio “sportivo”, infatti, l’economia del più grande Paese dell’America Latina dovrebbe crescere a ritmi sostenuti – con un aumento annuo del Pil del 3% – proprio mentre il Paese sarà chiamato ad affrontare un’altra importante sfida interna: le elezioni generali del 2014, che includeranno sia il rinnovo del Parlamento che la scelta del nuovo presidente.

La riconferma di Dilma Rousseff, prima donna a ricoprire questo incarico in Brasile ed esponente del Partito dei Lavoratori (Pt), non dovrebbe essere in discussione, così come la vittoria della coalizione di centrosinistra “Para o Brasil Seguir Mudando”, che può contare attualmente su un’amplia maggioranza in entrambe le camere – 69% dei seggi alla Camera dei deputati, 67% nel Senato federale. Tuttavia, le forti tensioni sociali avvenute durante la Confederations Cup, che hanno fatto vittime e feriti, dimostrano in maniera piuttosto evidente che la pace sociale in Brasile è ben lungi dall’essere raggiunta.

La sfida per il Brasile è duplice: da un lato, abbandonare quelle politiche che hanno impedito un concreto e definitivo “salto” verso un’economia stabile (a titolo esemplificativo, il rendimento dei titoli di Stato a dieci anni è del 4,62% – contro il 4,57% dell’Italia) e dall’altro garantire alla middle class più diritti, in termini previdenziali e sociali, che consentano alla base concreta dell’economia, cioè i cittadini con un reddito medio-basso, di avanzare progressivamente verso una situazione finanziaria più stabile. Senza dimenticare l’effetto olimpico, quello che nel 2004 portò i giochi ad Atene, e che invece di lasciare ricchezza e infrastrutture, portò al tracollo dei conti del Paese.

Stefano Maria Meconi

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