Australia. A Sydney un ostaggio fu ucciso dalla polizia

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Katrina Dawson e Tori Johnson (tiscali.it)

Sydney –  Katrina Dawson, 38 anni e madre di 3 figli, è stata uccisa da alcuni frammenti di un proiettile o da proiettili in dotazione alle forze dell’ordine. Questo è quanto emerge all’avvio dell’inchiesta sull’attentato armato nella Lindt Chocolate Cafè di Sydney, Australia, dove persero la vita due ostaggi e il sequestratore Man Haron Monis.

A riportare la notizia è la Bbc news che aggiunge le fonti di polizia secondo le quali l’inchiesta serve a stabilire se le morti erano evitabili e se l’attentato si può considerare di matrice terroristico islamista.

L’ATTACCO AL CAFE’ DI SYDNEY – Il 15 dicembre scorso, la polizia era dovuta intervenire con una massiccia operazione nel quartiere degli affari nel cuore della capitale autraliana del Nuovo Galles del Sud. Monis era entrato nel cafè la mattina, ora di punta, ordinando una fetta di torta al cioccolato e una tazza di tè, salvo poi estrarre un fucile a canne mozze tenuto nascosto in una busta di plastica. Sequestrò 18 persone e intimò al direttore del locale, Tori Johnson, di bloccare le uscite: «Questo è un attacco, ho una bomba», sarebbero state le parole di Monis. Scoppia il panico.

Sempre quella mattina, sarebbe stato lo stesso Monis a ordinare a Johnson di chiamare il numero per le emergenze imponendogli di chiarire che l’attacco in corso era ad opera dei miliziani dello Stato islamico dell’Isis e che tutta la zona centrale di Sydney – Circular Quay e Martin Place – era stata minata con bombe radiocomandate.

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Streetview da Google Maps del Lindt Chocolate Cafè di Sydney (newstalk.com)

Il sequestro durò circa 24 ore nelle quali un certo numero di ostaggi riuscì a fuggire. Alle 02.00 (ora locale) del 16 dicembre, Monis sparò a Johnson, forse quando quest’ultimo tentò di disarmare l’aggressore. La polizia fece irruzione nel locale subito dopo, freddando Monis sul colpo con due proiettili alla testa e almeno altri 11 al resto del corpo. Monis, a sua volta, durante l’assedio fece fuoco in tutto 5 volte: una agli ostaggi, poi a Johnson e infine alla polizia al momento dell’irruzione. Questo è quanto riferito dalla Bbc.

I DETTAGLI DELL’INCHIESTA DI SYDNEY- Fin qui il caso. Poi arriva la perizia del coroner chiamato ad esaminare i corpi rimasti sul terreno dopo l’attentato e i risultati evidenziati rimandano dati altrettanto inquietanti sull’esito dell’operazione di polizia per liberare gli ostaggi. Secondo il medico legale, infatti, la Dawson è stata ‘colpita da sei frammenti di un proiettile della polizia o proiettili che rimbalzarono da superfici dure (conficcandosi) nel suo corpo’.

Spiega l’avvocato Jeremy Gormly«Un frammento ha colpito un importante vaso sanguigno. la signora Dawson perse coscienza in modo rapido e morì poco dopo».

Lo scopo dell’inchiesta, dunque, è capire quali protocolli di sicurezza siano stati adottati dalla polizia di Sydney e come mai la Dawson abbia perso la vita.

L’inchiesta è necessaria anche per capire quali sono stati i passi che hanno condotto Monis, pregiudicato, scarcerato su cauzione, accusato dell’omicidio dell’ex moglie e già noto per le derive religiose, ad attaccare il Cafè; se conosceva le vittime, quali erano le sue relazioni personali e i contatti interattivi. Insomma, come un uomo pericoloso sia potuto sfuggire ai controlli.

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Man Haron Monis (jnews.it)

Monis era approdato in Australia come rifugiato iraniano macchiandosi poi di vari reati tra cui la violenza carnale e l’omicidio. Quando prese in ostaggio le persone nel Cafè, impose loro di issare la bandiera nera dell’Isis fuori, ma non è chiaro ancora se facesse parte di una rete terroristica o se fosse un esaltato.

Chantal Cresta

Foto || jnews.it; tiscali.it; newstalk.com

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