
Amministrative 2016 Roma: i perché della debacle di Renzi e del Pd
Alle amministrative di Roma l'elettorato affonda il Partito Democratico, la cui immagine ha sovrastato quella di Roberto Giachetti

Renzi-Giachetti: la sconfitta del Partito Democratico a Roma è una sconfitta più del Primo Ministro che del candidato sindaco (foto: transiberiani.wordpress.com)
La festa è finita, gli amici se ne vanno e rischiano di non tornare più. Il Partito Democratico a Roma, e non solo, ammette la sconfitta, mentre prepara la resa dei conti, anticipando la Direzione del partito, inizialmente prevista per lunedì 27 giugno, a venerdì 24, prima che il fine settimana porti via con sé i numerosi strascichi post-elettorali. Sconfitta, il PD la deve ammettere, perchè stavolta è stata netta e su tutta la linea, anche se a Roma fa più male. Perchè è a Roma, più che nelle altre città, che il partito ha espresso un volto spiccatamente “renziano“.
PERDE IL PD DI RENZI – D’altronde, il Partito Democratico della Capitale è stato quello che, più degli altri, ha avuto un forte collegamento con il nazionale, soprattutto dopo gli scandali di Mafia Capitale e la nomina di Orfini a Commissario di una realtà politica toccata neanche con troppa leggerezza dallo scandalo. E Orfini, nell’immaginario collettivo, è l’espressione di Renzi a Roma, ovvero di un governo la cui popolarità, come si è appena visto, è indubbiamente ai minimi storici. D’altronde lo ha ammesso anche Giachetti al Corriere della Sera: «Il partito, purtroppo, più che un risorsa, s’è rivelato una tragica zavorra». Perchè anche Mafia Capitale pesa, eccome se pesa. Pesa tra i banchi dei mercati rionali, pesa in quelle periferie e in quelle borgate ciclicamente citate nel corso di ogni campagna elettorale e abbandonate scientificamente il giorno dopo. Che c’entra Giachetti? Niente, assolutamente niente. Ma l’ha capito anche lui, l’immagine del partito lo ha sovrastato. «Mi ascoltavano – ha raccontato al Corriere della Sera – Poi mi dicevano: senti, nun è na’ cosa personale. È che tu rappresenti il Pd. Ce dispiace, ma nun te votamo».
SPONSOR SBAGLIATI – Una lezione che ai ballottaggi non è stata imparata da chi di dovere, tanto da spingere il Partito Democratico a giocarsi la “carta” Maria Elena Boschi, alle prese con improbabili telefonate a casa dei romani nel tentativo di farli votare per Giachetti. Un endorsement da un lato a tinte goffe, che ha finito per disegnare un’immagine nella quale stridevano la disinvoltura del ministro e l’evidente imbarazzo del candidato sindaco, e dall’altro controproducente da ogni punto di vista. Perchè Maria Elena Boschi è anche, se non sopratutto, il ministro delle Riforme, e il suo nome – o meglio, il suo cognome, è riportato nero su bianco sia su una riforma costituzionale che profuma già di debacle, sia negli articoli di giornale che hanno raccontato i recenti scandali relativi a Banca Etruria e al petrolio in Basilicata. In più, al pari di Orfini, il Ministro Boschi è considerata una sorta di generale di Matteo Renzi. Un alfiere del “Renzismo”, quel pensiero politico che, così giovane e sfrontato, sembra già rapidamente diretto nella parte più bassa della sua parabola discendente.
Carlo Perigli