Zakk Wylde, l’ultimo dei guitar hero

zakk wylde arcimboldi

Zakk Wylde dal vivo al Teatro degli Arcimboldi di Milano lo scorso 7 giugno (youtube.com)

Di Zakk Wylde ormai si è detto, scritto e pensato tutto. La sua tecnica fuori dal comune; la sua carriera lunghissima e ricca di capitoli eterogenei; il suo ruolo fondamentale al fianco di Ozzy Osbourne; la sua personalità e il suo aspetto da vichingo, causa di forte invidia da parte degli uomini e al contempo di gioia per gli occhi di tutte le fan del rock duro sparse per il globo. L’unica cosa che mancava nella carriera del biondo chitarrista era portare in tour quel Book of Shadows, disco solista prevalentemente acustico datato 1996, entrato nei cuori anche dei metallari più integerrimi. E il prode Zakk ha puntualmente schiacciato il tasto “pause” con i Black Label Society, sfornando un meraviglioso Book of Shadows II e portando lo stesso in un lungo tour semielettrico, ricco di energia, ma lontano dalle bordate metal che contraddistinguono la sua band principale.

L’ULTIMO DEI GUITAR HERO – La location, il Teatro degli Arcimboldi di Milano, è insolita per un concerto di rock duro. I metallari accorsi all’evento si guardavano intorno un po’ spaesati, stravaccati sulle poltrone in velluto, mentre graziose maschere sorridenti e vestite in eleganti completi davano precise indicazioni sull’ubicazione delle file. Assistere a un concerto hard rock seduti comodi in poltrona è cosa rara e insolita. Il traffico, unito a due Negroni preconcerto, ci ha impedito di assistere alla performance di Jared James Nichols, incaricato di aprire la serata.
Zakk Wylde appare sul palco poco dopo le 21.15. Immediatamente partono le note di Sold My Soul, tratta dal primo Book of Shadows, e subito si intuisce che il concerto sarà un semielettrico energico e corposo, non certo un acustico da candele sul palco e accendini sventolati dal pubblico. Zakk se ne frega della location pettinata e austera, e scende dal palco durante l’assolo, finendo per scapocciare in mezzo alla platea bassa, davanti un pubblico in visibilio che ha così avuto la più unica che rara possibilità di toccare e osservare in azione da pochi centimetri un guitar hero: l’ultimo dei guitar hero.

EROE ANTI EROE – Perchè di questo si tratta. Zakk è un figlio degli anni ’80 che ha saputo rinnovarsi e sopravvivere alle mode, creandosi una carriera solista invidiabile, diventando una delle icone assolute del movimento metal contemporaneo. Zakk è un asso della sei corde dallo stile chitarristico inconfondibile, ma anche buon pianista, armonicista, nonché eccellente songwriter. Zakk è un vichingo biondo, muscoloso, barbuto e gigantesco: una sorta di potente semidivinità pagana adorata dal genere femminile e invidiata da quello maschile. Allo stesso tempo però appare sereno, pacioso, e sembra talvolta prendersi in giro da solo. Rock star senza pose da rock star. Un gigante con il quale bere una birra al bar, facendo chiasso fino a tarda notte. Forse questo suo essere profondamente rock star e al contempo anti rock star è stato il suo segreto di sopravvivenza durante tutti questi anni.

Zakk-Wylde-Book-of-Shadows-II loudwire com

La copertina del recente Book of Shadows II

Ovviamente la sua immagine iconica è accompagnata da un tocco chitarristico fuori dal comune: una mano destra che pennella fluide pennate alternate a velocità folli, e una sinistra capace di modulare bending selvaggi come pochi altri al mondo sanno fare.
Zakk spara assoli di chitarra da 10 minuti, suonando dietro la testa e con i denti, e lasciando che i fan lo tocchino e tocchino la sua chitarra, quella stessa chitarra che, al termine della serata, Zakk alza al cielo, in una sorta di tributo a un immaginario dio del rock. E Zakk risulta credibile in tutto questo. Se gli stessi comportamenti fossero esibiti da un qualsiasi Mark Tremonti – non ce ne voglia il buon Mark, davvero ottimo chitarrista e personaggio simpatico. Si tratta solo di un esempio – questo risulterebbe ridicolo, tronfio, inutilmente ridondante; un pagliaccio impegnato in pose fuori dal tempo. Zakk no. Perché Zakk Wylde è l’ultimo dei guitar hero: ultimo esponente davvero ancora attivo di una stirpe in via d’estinzione.

GRANDE TRIONFO – La serata scorre liscia come il primo sorso di birra dopo una corsa sotto il sole di prima estate: la scaletta è suddivisa tra i due Book of Shadows, con una prevalenza, come prevedibile, per il capitolo più recente. Un plauso anche alla band, composta da un sezione ritmica basso – batteria precisa e corposa, e da un pianista/chitarrista musicalmente molto dotato: degni sparring partner che hanno coadiuvato perfettamente il biondo chitarrista, soprattutto durante i suoi numerosi lunghissimi assoli di chitarra, puntualmente ripresi da centinaia di telefoni sempre pronti allo scatto perfetto da postare immediatamente sui social. (I concerti erano più belli quando non esistevano gli smartphone…).

Dopo quasi due ore di ottima musica, la band saluta e cala il sipario, non prima che il prode Zakk abbia sollevato la sua chitarra al cielo, nel tripudio di un Teatro degli Arcimboldi colmo di metallari esultanti, soddisfatti per aver assistito a una serata particolare, lontana dai canoni del solito concerto metal, ma assolutamente ben riuscita. Lunga vita a Zakk Wylde, ultimo dei guitar hero.

Tracklist:

Sold My Soul
Autumn Changes
Tears of December
Lay Me Down
Road Back Home
Yesterday’s Tears
Between Heaven and Hell
Darkest Hour
Throwin’ It All Away
Dead as Yesterday
Eyes of Burden
Way Beyond Empty
The King
Lost Prayer
Sleeping Dogs

Alberto Staiz

@AlStaiz

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