
Voto dissidente a Cuba, è la figlia di Castro a dire il primo “no”
Nel parlamento cubano arriva il primo storico no: ma è della figlia del Presidentye Raul Castro. Diritti degli omosessuali al centro della diatriba
Cuba – La “democrazia” di matrice marxista perde colpi anche in uno degli ultimi paradisi: per la prima volta nella storia post-rivoluzionaria, c’è stato un voto di dissenso nel parlamento cubano, un secco “No” a una proposta del presidente Raul Castro e del suo governo. A destare ancora più scalpore il nome della parlamentare: è Mariela Castro, figlia del presidente in carica.
CUBA DEMOCRATICA – Succede così che per la prima volta nella storia si venga a sapere di un voto contrario a un provvedimento governativo nel parlamento cubano; a far da cassa di risonanza alla notizia è sicuramente anche la figura che ha compiuto la scelta, la figlia di Raul Castro, a oggi presidente di Cuba.
I tempi, però, rimangono sovietici: il voto si sarebbe infatti svolto in dicembre, ma solo oggi – dopo oltre sette mesi – si è venuti a sapere del dissenso interno alla famiglia regnante.
PROVVEDIMENTO INEFFICACE – La motivazione del voto contrario è proprio questo: Mariela Castro si è schierata contro le nuove norme del “Codice del lavoro”, ritenendolo poco efficace in materia di discriminazione contro positivi all’Hiv e identità non eterosessuali. Secondo la Castro, la legge non prevede «la certezza che i diritti di persone con una differente identità di genere venissero esplicitamente riconosciuti».
MARIELA CASTRO – La figlia di Raul, nata nel 1962, è una nota attivista dei diritti degli omosessuali a Cuba e compare spesso sui media, anche stranieri; sessuologa di professione, lavora da anni per combattere l’ondata omofoba di matrice comunista, sorta già dai primissimi anni di dittatura. Grazie al suo sforzo – è a capo del Centro nazionale cubano per l’educazione sessuale – nel 2008 è stata approvata una legge che autorizza a Cuba gli interventi per il cambio di genere e la lotta prosegue anche in vista del riconoscimento delle unioni civili.
SVOLTA APPARENTE – Anche se nessuno ricorda un altro voto contrario nel parlamento cubano – che si riunisce ben due volte l’anno – è impensabile ipotizzare una svolta democratica, nel senso che almeno comunemente si dà alla parola. I parlamentari cubani sono eletti in collegi uninominali, nei quali però sono anche i soli candidati: entrano in Parlamento se ricevono almeno il 50% dei voti, una sorta di plebiscito ad personam. Le leggi discusse dal Parlamento, che si riunisce appunto due volte l’anno, sono solitamente già state discusse ad altri livelli, soprattutto in basso, nelle assemblee locali, e il passaggio nazionale è sempre stato solo una ratifica di una decisione spinta dal basso e avvallata dall’alto. Proprio sul funzionamento democratico di Cuba, la Castro ha recentemente commentato che «ci sono stati dei miglioramenti nel modo in cui vengono discusse le cose al livello base, sul posto di lavoro e nelle riunioni dei sindacati e del partito. Credo però che abbiamo ancora bisogno di perfezionare la partecipazione democratica dei parlamentari all’interno dell’assemblea».
Andrea Bosio
@AndreaNickBosio