Veltroni alza la voce: «Il Pd è senza bussola»

L’ex sindaco di Roma alza la voce e richiama i punti originali del partito. Bersani, infastidito, risponde: «Sappiamo quel che facciamo»

di Nicola Gilardi

Walter Veltroni, ex sindaco di Roma

ROMA – Il buon Walter non ci sta e fa la voce grossa. Di fronte all’ammucchiata selvaggia, che va da Casini a Vendola, passando per Di Pietro, Veltroni lancia il suo Movimento, un progetto «che coinvolga forze interne ed esterne al partito». Un ritorno al progetto originario del Pd, insomma.

I punti chiave che ha richiamato l’ex segretario sono principalmente due: vocazione maggioritaria e bipolarismo, come gli Usa insegnano. Un balzo nel passato, insomma, fino alla fondazione del Partito Democratico, che avrebbe dovuto essere, come si diceva della Dc, un partito pigliatutto, in grado di rispondere delle esigenze più diverse. Un partito che si potesse rivolgere alla maggioranza degli italiani, avendo un forte impatto riformista.

La storia ci ha consegnato qualcosa di diverso. L’identità del Pd è stata sempre un’incognita. Troppe le voci dissonanti e i protagonismi personali che lo hanno danneggiato. Oggi “veleggia” attorno al 24%, quando soltanto due anni fa arrivò al 34%, cifra comunque modesta. Questi dati, definiti preoccupanti proprio da Veltroni, dovrebbero far riflettere i vertici che si dovrebbero chiedere: dove abbiamo sbagliato? Ed è proprio questo che chiede Walter Veltroni, perché oggi il Pd «offre l’immagine di un partito senza bussola strategica».

In effetti lo stratagemma di Bersani lascia qualche dubbio e rinvigorisce il principio dell’antiberlusconismo, che ha riportato in Italia una sorta di barricata, fra noi e loro, nel quale i toni sono sempre molto alti. Resta poi da vedere quale potrebbe essere il ruolo del Pd all’interno di una ipotetica coalizione allargata, visto la differenza, a volte abissale, fra le parti in gioco.

Pier Luigi Bersani, segretario Pd

Da ‘Porta a Porta’ il segretario Bersani ha risposto alla presa di posizione da parte di Veltroni, che gli hanno suscitato «una impressione non simpatica» dichiarando poi: «In questa discussione c’è qualcosa di normale e qualcosa di molto meno normale. La cosa normale è che in un grande partito senza padroni si discute, si può essere non d’accordo ma non si viene cacciati per questo. La cosa meno normale è il modo, il tono e il momento perché noi dovremmo occuparci del Paese e non guardarci la punta delle scarpe o fare un pacco dono a Berlusconi. La palla ora sta di là e non è il caso di tirarla in casa nostra».

In soldoni Bersani predica l’unità dell’opposizione. Ma allora dove sta l’identità del Pd se si cercano alleanze con Udc e Idv? Un discorso interno al partito sarebbe sacrosanto anche perché la storia insegna che tenere assieme tante anime diverse non è affatto facile.

Il discorso di Veltroni è giusto, se si ricorre alle alleanze allargate per battere il vecchio nemico, allora crolla la spinta maggioritaria, elemento essenziale del progetto Pd. Intanto l’ex sindaco di Roma ha rassicurato tutti sul fatto di non voler fare scissioni, come successo con Rutelli, però la portata della sua azione è in grado di destabilizzare il partito.

Adesso sarà proprio Bersani a dover giocare la sua carta. Continuare così potrebbe portare un dissenso da parte di quegli elettori popolari vicini a Walter Veltroni. D’altro canto il Pd deve avere la consapevolezza di non poter prescindere dalle alleanze per poter vincere, una scelta che deve essere ben ponderata e condivisa, basata su un programma concreto e non sui numeri delle percentuali elettorali.

Foto: www.gadlerner.it; www.navecorsara.it; ww.liberainformazione.org

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