
Un ingegnere di parole al servizio della libertà di espressione: intervista a Diego Cugia
A tu per tu con lo stimato autore di Alcatraz, ideatore dell’indimenticabile dj nel braccio della morte Jack Folla
di Nadia Galliano
MILANO - Nome: Diego. Cognome: Cugia. Professione: giornalista, scrittore, regista ed autore radiotelevisivo italiano.
Nato a Roma ma di famiglia sarda, a diciassette anni si diploma privatamente, per poi andare a vivere da solo in una stanza vicino a Piazza Navona. Di quel periodo scrive: “Ricordo che le notti mi svegliavo di soprassalto per un bambino invisibile che piangeva disperato”.
Dopo aver deciso di dedicarsi al giornalismo, scrive il suo primo articolo sull’emblematica morte di Antonio Corte, “Uno straordinario giornalista corrispondente da Parigi de Il Mondo: uomo che non faceva compromessi, non teneva famiglia e non si vendeva per una bistecca”. E di Corte ricorda: “Scoprii che lo stress di essere un giornalista libero, in un paese di leccascarpe, gli aveva scatenato un suicidio nel sangue. E che alcuni batteri del nostro organismo, di solito innocui, possono trasformarsi in kamikaze”.
Autore di programmi televisivi come “Francamente me ne infischio” e “Rockpolitik”, ha ideato la trasmissione di successo di Radio Rai 2 “Alcatraz” ed il famoso “Jack Folla: un dj nel braccio della morte”, i cui monologhi rappresentano tutt’ora alcuni dei massimi esempi di riflessione politico-sociale meglio riuscita dei nostri tempi.
Creatore de “Il mercante di fiori”, “Zombie” e artefice di numerose opere, tra cui “No” (Bompiani), “Un amore all’inferno” e “24 Nero” (Mondadori), alcuni anni fa Cugia ha dato vita a “Gli Invisibili”, un movimento di resistenza culturale, i cui appartenenti “privilegiano la libertà di pensiero, la condivisione della conoscenza, il potere delle idee rispetto al potere politico individuale ed al pensiero unico mediatico, l’essere all’apparire, il Noi all’io ed il bene collettivo al tornaconto personale”, come si legge sulla pagina Facebook del movimento.
Brillante scrittore tutt’ora impegnato nella stesura di una nuova sceneggiatura, ha trovato un po’ di tempo per noi, concedendoci un’interessante intervista senza peli sulla lingua.
Per il suo impegno letterario, la sua inarrestabile sete di verità e la sua estrema disponibilità, lo ringraziamo a nome di tutta la nostra redazione.
Per tutti noi, lei è un giornalista e scrittore dallo stile inconfondibile, autore di programmi televisivi di successo come “Francamente me ne infischio” e “Rockpolitik”, nonché autore indimenticabile del grande dj “nel braccio della morte” Jack Folla. Ma chi è effettivamente Diego Cugia per Diego Cugia?
Un amico difficile dal quale a volte apprendo molto, altre volte insegno qualcosa di nuovo, altre ancora mi dà profondamente sui nervi, e in certe notti di solitudine lo tiro su con la promessa che insieme scriveremo il film o il romanzo che farà commuovere le platee del mondo. Comunque un compagno di strada che non tradisce.
Lei ha uno stile molto incalzante, lucido e schietto. Quando le è nata la passione per la scrittura? E perché continua a scrivere?
Si scrive per raccontare qualcosa che vorresti e non hai: quello che hai non lo racconti, te lo tieni. Lo disse Cesare Pavese. Non saprei dirlo meglio.
Ha scritto numerosi libri di successo: quanta autobiografia c’è in ognuno di essi?
Troppa. Adesso, finalmente, sto scrivendo una storia in cui, al 100%, l’Io non esiste.
Ce l’ho fatta.
A quali è più affezionato?
A “L’incosciente” e, in particolare, a “No”: la storia di una maestra di nome Speranza, esiliata dall’Italia di oggi in un’isoletta sperduta della Grecia, e vittima di una troupe televisiva del futuro che, per un efferato reality, le concede un’ora di vita per raccontare sugli schermi globali la propria esistenza. Il pubblico è chiamato a decidere se la vita di Speranza valga o meno la pena di essere vissuta e, al termine del reality, la vittima viene salvata o uccisa.
Visitando il suo sito ufficiale, mi hanno molto colpita alcune sue parole. Lei scrive che le è sempre più difficile stupirsi come un tempo: disillusione, cinismo o semplice realismo? E da che cosa nasce quest’affermazione?
Dalla mediocrità dei tempi in cui viviamo, dalla mediocrità degli omini al potere, dalla nostra mediocrità di gente che non riesce a comprendere quanto sarebbe giusta una pacifica, ma aspra, rivolta.
In alcuni suoi scritti, lei parla di dittatura mediatica e del fatto che “in Italia, quando vedono passare un’idea, la sbattono dentro”. Parliamone…
Chi non è originale, chi non è libero interiormente, i leccapiedi, sono i più violenti oppositori delle idee. Le temono perché le idee sono libere e cambiano la storia. Solo gli uomini giusti possono apprezzare le idee che non sono le loro, amandole perché, chiunque l’abbia avuta, una grande idea in realtà appartiene a tutti.
Crede che la libertà di espressione sia solamente fittizia?
In parte sì, perché i grandi “media” sono in mano a troppo poche lobby o centri di potere e Internet non ha ancora la persuasione della Tv. Ciascuno finisce per scrivere nella propria nicchia. I blog più letti sono quelli di gente già famosa in Tv o sui giornali. Anche se le eccezioni fanno ben sperare.
A chi dare la colpa per tutto questo?
Sempre e solo a noi stessi che lo consentiamo. Dare la colpa a Berlusconi, al destino, o al governo ladro è da sciocchi.
Tv, radio, giornali: cosa o chi salverebbe in ognuno di questi settori?
Qualsiasi cosa faccia riflettere e espanda la conoscenza.
Mi ha molto colpito il discorso che ha fatto per Emergency ad aprile. L’ha intitolato “I nostri eroi”: chi sono?
In poche e semplici parole, coloro che si donano agli altri e si disperdono con la polvere.
In tema di eroi e persone che non vogliono tacere, è facile tornar con la mente al suo personaggio Jack Folla, il dj nel braccio della morte che trasmetteva da Alcatraz. Molti ne sentono la mancanza e si domandano il perché di questa sua scomparsa “on air”. Esilio tutt’altro che volontario, da quello che ho capito.
Scelsi io d’interromperlo, perché il vento era cambiato e avrei certamente subito pressioni per trasformare Jack in un idoletto innocuo. Com’è scomparso dalla diretta, il resto – farmi fuori – è stato un gioco da ragazzi.
Fortunatamente però, lei continua ad esserci per tutto il suo pubblico e oltre.
E noi la ringraziamo molto per averci dedicato un po’ del suo tempo.
Grazie a voi.
Sorvolando sulla bizzarra genesi di quest’intervista, ringraziamo nuovamente Diego Cugia per averci concesso l’opportunità di intervistarlo.
A titolo personale, mi permetto di aggiungere che ne sono stata onorata.
Foto: www.format.blogosfere.it