
Tra le nuvole: uno zaino da riempire
Nelle sale l’ultimo lavoro di Jason Reitman che ci regala l’ennesimo film “fuori dagli schemi” capace di parlare al cuore dello spettatore
di Barbara D’Alessandro
Si dice che sia molto più difficile strappare una risata piuttosto che una lacrima. Ed è innegabile che negli ultimi tempi il genere “commedia” sia diventato davvero arduo da percorrere, con il rischio continuo di ripetizioni e scivolate nella banalità. Ma quando poi ci sono autori che riescono a far coincidere le due cose, risate e lacrime, trovando il perfetto equilibrio tra ironia e riflessione, allora si capisce chiaramente perchè questo genere è quello che da sempre tutti amano: grande pubblico e anche critica, quando è ben fatto.
Jason Reitman è uno di questi grandi. Con “Thank you for smoking” analizzò con graffiante ironia l’universo delle lobby (tabacco, armi e alcohol) che comandano l’economia americana. Con “Juno” prese una posizione rivoluzionaria (nell’ambito cinematografico) sul tema delle ragazze-madri: non c’era rimorso infatti nella giovane Ellen Page, nel dare in adozione il proprio bambino, sicura di garantire un futuro migliore al nascituro. E oggi, con “Tra le nuvole”, la lente d’ingrandimento di Reitman si posa sulla crisi economica americana e sulla dilagante disoccupazione che ne è inevitabilmente seguita.
Ryan Bingham (uno straordinario George Clooney) è un “tagliatore di teste” al soldo delle grandi compagnie. E’ un maestro del settore che vola ogni giorno da una città all’altra per dare la ferale notizia del licenziamento a migliaia di persone. La sua vita si svolge quindi prevalentemente “tra le nuvole”, sempre lontano da casa; il suo sogno nel cassetto è quello di superare i dieci milioni di miglia in volo, diventanto così il settimo nella storia a raggiungere questo insolito traguardo. E’ un uomo meticoloso, legato a una personalissima routine che va dalla scelta dell’albergo in cui soggiornare nei suoi mille spostamenti, a strani accorgimenti per superare agilmente la fila del metal detector (questa è una delle numerose geniali trovate del film, che fa sorridere chiunque abbia mai preso un aereo).
Bingham è un egoista, ma non in modo meschino, un uomo che tiene un corso su come affrontare la vita “svuotando il proprio zaino”, togliendo dalla propria schiena il peso generato da una fissa dimora e soprattutto dagli affetti delle persone che ci circondano. Ma ad intaccare questa vita tagliata su misura arriverà una giovane e rampante collega (Anna Kendrick, una vera scoperta ) ideatrice di un rivoluzionario sistema di licenziamenti capace di tagliare i costi dell’azienda, tramite cioè videoconferenza. Bingham non si capacita che il suo sogno debba naufragare a così poche miglia dal traguardo e che la routine nella quale trova il senso della sua esistenza debba essere interrotta “dalla prima arrivata”. Decide, quindi, di portare con sè la giovane in giro per gli Stati Uniti, intenzionato a farle da mentore, ad insegnarle il mestiere. Scoprendo, alla fine, di esserne stato l’allievo e di essere capace, anche grazie a lei, di provare affettto per il prossimo.
- George Clooney
L’argomento era tra i più scottanti, sicuramente non facile da trattare in un film che si definisce “leggero”. L’America appare infatti per quello che è in questo particolare momento della sua storia: messa in ginocchio dalla crisi economica, in preda a un aridimento dei rapporti umani dove il più forte elimina il più debole, in un generalizzato “si salvi chi può”. Reitman, in nome del realismo, ha reclutato veri disoccupati da numerose città americane (Detroit e St.Louis ad esempio), voci di solito inascoltate, libere di raccontare sul grande schermo la loro reazione e portare davanti agli occhi del grande pubblico il dolore, ad alcuni spettatori probabilmente molto familiare, che si prova nel momento in cui ci si sente dire che tutto quello che si è costruito in tanti anni di lavoro sta per andare in fumo.
In una ricerca maniacale della perfezione, il regista cura una sceneggiatura (premiata con il Golden Globe) davvero ad orologeria, perfetta nella tempistica e nella cinica ironia dei suoi personaggi, ma non per questo priva di un’ anima. La rinascita spirituale del personaggio tagliato perfettamente su George Clooney, che “riempie” finalmente il suo zaino innamorandosi di Alex (una Vera Farmiga che dopo “The Departed” ci dimostra nuovamente tutta la sua bravura), è un passaggio delizioso, in cui l’ingenuità e il dilettantismo del protagonista nella sfera sentimentale fanno sorridere e commuovere.
- Jason Reitman
“Tra le nuvole” denuncia la sempre più drammatica realtà dei rapporti umani in un modo tutto suo: è come se dicesse allo spettatore che il vero dramma non è solo quello di vivere in un mondo in cui si licenzia in videoconferenza, quanto piuttosto che, quando questo avviene faccia a faccia, la distanza e la freddezza delle connessioni umane sono tali da sembrare rarefatte e irreali. La famiglia è considerata dal protagonista un peso che ci tiene legati a terra (salvo poi scoprirne il carattere salvifico) e non esiste per lui una “casa” in cui far ritorno: la desertica abitazione del protagonista ne è la prova tangibile. “Tra le nuvole” entra di diritto nell’olimpo della commedia americana, un film capace di far ridere fino alle lacrime attraverso trovate esilaranti e mai scontate, come il corteggiamento di Clooney attraverso carte fedeltà e benefit per “Frequent Flyer” in cui i messaggi in teoria seduttivi sono privi di qualsiasi reale pulsione erotica. Eppure questo film fuori dagli schemi riesce ad insinuarsi lentamente nel nostro subconscio, a porre questioni che ci toccano nel profondo, facendo riflettere sul presente in cui viviamo, un tempo in cui la soluzione ai nostri problemi non deve essere cercata, come spesso facciamo, “tra le nuvole”, ma qui sulla terra, negli affetti e in tutti quei valori che un giorno, distrattamente, abbiamo tolto dal nostro zaino.