
Syriza, una strada per uscire dalla crisi e cambiare l’Europa
Tsipras e Syriza in testa nei sondaggi: Samaras parla di pericolo per l'Europa, ma la verità è un'altra. Un viaggio negli errori del neoliberismo
La Grecia torna al voto; con un parlamento incapace di accordarsi sull’elezione del nuovo Presidente, le elezioni sono state convocate per il 25 gennaio. La sfida si apre soprattutto tra Nuova democrazia, il partito del capo del governo Samaras, espressione del centro-destra ellenico, e Syriza, il partito di sinistra guidato da Alexis Tsipras e dato in vantaggio nei sondaggi.
TERRORISMO PSICOLOGICO – Questa è la strategia messa in campo da Samaras, il leader conservatore, per due anni a capo di un governo di “unità nazionale” che ha sfasciato il sistema sociale della Grecia, dissolto il welfare e scaraventato la popolazione nella povertà e nella disperazione, favorendo così anche l’ascesa di Alba Dorata. Samaras ha dichiarato che per le elezioni è in gioco «la permanenza del paese in Europa», riferendosi alle posizioni anti-Trojka di Syriza, ma qualcosa nella sua dichiarazione ha fatto storcere il naso.
CRISI SOCIALE – La proposta politica di Syriza e di Tsipras, in realtà, è ben diversa: non si parla mai di uscire dall’Europa o dall’euro – Tsipras è un convinto europeista – ma di ritrattare gli accordi internazionali sul debito greco, considerati sbagliati e assolutamente ingiusti. Alla base delle posizioni della sinistra greca si trova una lettura completamente differente della situazione e un cambiamento di paradigma nelle politiche sociali: non è il taglio alla spesa a salvare la società, ma una spesa intelligente fa ripartire il paese. Dal punto di vista di Syriza, i tagli attuati da Samaras sono non solo inumani e dannosi per i greci, ma anche sbagliati per dar spinta all’economia.
ERRORI DEL PASSATO – Il neoliberismo ha conquistato l’Europa: lo svolgimento e l’approccio alla crisi lo hanno dimostrato, se ce ne fosse stato ulteriore bisogno. Così le politiche di risposta alla crisi sono state tipicamente neoliberiste, con riduzione dei diritti per i lavoratori e dei servizi per i cittadini; i tagli hanno colpito la spesa pubblica anche nei settori fondamentali e nessun reale intervento pubblico ha pensato di tutelare il lavoro, puntando invece sul sostegno alla finanza. Così la Troika – Bce, Fmi, Ue – in Grecia: prima la stabilità dei conti e delle banche, poi i risparmi dei ricchi; al popolo gli avanzi.
LA RISPOSTA DI SYRIZA – Syriza e Tsipras vogliono cambiare questo e non intendono passare dalla rivoluzione: per questo incassano sostegno e per questo sono credibili. Anziché tagliare la spesa, si parla di un “new deal europeo”, una campagna massiccia di spesa pubblica che riaccenda l’economia e la società dell’Unione. Non si può sperare di meglio. Se i fondi investiti in questi anni fossero stati impegnati in modo più saggio, pensando a tutelare la maggioranza della popolazione e non una ristretta minoranza di interessi finanziari, la crisi sarebbe già una pagina del passato: ma è il peccato originale del neoliberismo, questo, proprio la causa della crisi stessa. Curarsi con lo stesso prodotto che ci ha fatto ammalare, d’altronde, è impossibile.
ATTENZIONE AI MIRACOLI – In campo economico e sociale i miracoli non esistono. Pensare che Syriza possa vincere le elezioni e stravolgere in pochi mesi l’andamento dell’Unione e della crisi non ha senso: considerando che Syriza non ha neppure ancora vinto le elezioni, le cautele devono esserci tutte. Si può sperare per il meglio, però: un governo di sinistra ad Atene – magari con un Pasok “risvegliato” – potrebbe davvero avere le carte in regola per spingere a un cambiamento delle politiche di austerity; sarà comunque troppo tardi, ma potrebbe aiutarci a uscire prima dalla crisi.
L’ITALIA – Come le elezioni greche riguardano l’Italia? Al di là delle ovvie conseguenze europee dell’esito elettorale, l’esperienza di Syriza e della Grecia parlano con forza anche noi. L’Italia ha risposto alla crisi del neoliberismo con un neoliberista – Monti – e con liberisti fintamente di sinistra – Letta e Renzi. I risultati si vedono: la disoccupazione sale, l’economia non riprende, la tensione sociale cresce. La chiave anche da noi è la spesa: i soldi sono andati in progetti per pochi, senza beneficio per il lavoro e per i cittadini: se, per esempio, Trenitalia avesse investito nel trasporto regionale anziché nei treni ad alta velocità, la ricaduta in servizi e nuovi posti di lavoro si sarebbe davvero sentita.
Forse il risveglio è vicino, o forse dovremo uscire strisciando dalla crisi, sottomessi al mercato: le priorità dovrebbero essere le persone, ma, si sa, bastano 80 euro per far dimenticare i problemi sistemici del paese. Ma non a risolverli.
Andrea Bosio
@AndreaNickBosio
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