
Siria, Russia e USA verso un accordo sulle armi chimiche

La protesta internazionale e gli appelli alla pace di Papa Francesco potrebbero aver ottenuto risposta
Damasco – Controllare l’arsenale della Siria, e bloccare l’eventuale uso di armi chimiche per scongiurarne l’uso verso i civili inermi. La proposta del governo russo sembra aver fatto breccia anche negli Stati Uniti, con Barack Obama che durante la notte si prepara a rivolgersi alla nazione, per spiegare le ragioni in un intervento militare nel paese mediorientale, dilaniato da una guerra civile che dura ormai da due anni.
Obama, intervistato dalla Cnn, ha detto che la proposta della Russia è uno «sviluppo potenzialmente positivo» rispetto allo stallo del G20 di San Pietroburgo, e ha ribadito alla Nbc che «potrebbe costituire un passo avanti importante», ma ha comunque chiarito che si tratta di una risposta fisiologica rispetto alla minaccia di un intervento militare della comunità internazionale, sostenuto o meno che sia da una risoluzione Onu.
La posizione russa trova un sostegno anche nell’altro principale alleato di Bashar al-Assad, cioè l’Iran. A parlare alla stampa è stata infatti Marzieh Afgham, portavoce del ministero degli Esteri di Teheran, annunciando che «la Repubblica islamica dell’Iran accoglie favorevolmente l’iniziativa che cerca di impedire qualsiasi azione militare».
La Afgham ha però ribadito la posizione dell’Iran, ovvero che a commettere gli attacchi con il gas sarin siano state non le forze dell’esercito regolare, ma i ribelli anti Assad: «Vogliamo che la nostra regione sia libera da armi di distruzione di massa, ma questi sforzi devono essere rivolti anche verso le armi chimiche di cui dispongono i ribelli siriani».
Spetterà ora a Damasco, che ha annunciato una dura rappresaglia su scala regionale in caso di un attacco statunitense, permettere – dopo gli ispettori delle Nazioni Unite – a un comitato internazionale di intervenire sui depositi di armi, allo scopo di verificare l’effettiva presenza o meno delle armi chimiche, scongiurando così il rischio di una guerra che porterebbe ulteriore sangue nel paese, oltre alle 100.000 vittime che il conflitto ha già fatto tra eserciti, ribelli e popolazione civile.
Stefano Maria Meconi