
Shalabayeva contro Tony Blair: «Colluso con Nazarbayev»
Astana (Kazakistan) – Il caso dell’espulsione e del rimpatrio forzoso di Alma Shalabayeva in Kazakistan ha messo a serio rischio la tenuta politica e istituzionale del governo Letta, ma la moglie del dissidente Mukhtar Ablyazov, ex ministro in uno degli esecutivi del presidente Nursultan Nazarbayev, mentre continua a contare sul sostegno dell’Italia, muove altre, durissime accuse nei confronti di un ex protagonista della scena politica mondiale.
La Shalabayeva fa la voce grossa contro Tony Blair, l’ex primo ministro britannico, accusato dalla donna di essere al soldo di Nazarbayev, attraverso una collaborazione a doppio giro che, oltre ai legami personali, riguarderebbe anche quelli professionali, gestiti cioè da un’agenzia di comunicazione, con base nel Regno Unito, legata allo stesso Blair.
«Per distruggere il buon nome del mio Mukhtar – dice la moglie del dissidente in un’intervista – il regime di Nazarbayev utilizza un’agenzia di comunicazione britannica, la quale ha numerosi legami con Tony Blair, il consigliere personale di Nazarbayev. Viene pagato dai contribuenti di questo paese per fare il lavoro sporco per la dittatura! Il sig. Blair sa come condurre le guerre!».
Accuse durissime, che rilancerebbero l’idea – neanche tanto campata in aria – della compiacenza di alcuni governi occidentali, europei in prima istanza, verso le politiche liberticide di Nazarbayev, pur di continuare a ricevere i preziosi sostentamenti in petrolio e gas naturali, del quale l’ex repubblica sovietica è ricchissima, e che occorrono all’Europa per sopperire al patologico deficit di energia.
Alma Shalabayeva attacca poi la persecuzione giudiziaria e politica alla quale è sottoposta l’intera sua famiglia. Il marito, infatti, è in attesa dell’estradizione dalla Francia all’Ucraina – paese che ha firmato un trattato in tal senso con i francesi, e che poi estraderebbe a sua volta Ablyazov in Kazakistan – lei e la figlia di sei anni sono agli “arresti domiciliari” nel paese d’origine, mentre gli altri figli della coppia vivono in altri paesi, per fuggire dalla longa manus del dittatore kazako.
«Qui sono impotente contro una enorme macchina che lavora contro la mia famiglia – grida la Shalabayeva alla stampa – ma non rinunceremo mai alla speranza che presto saremo tutti insieme! Sappiamo che un giorno la verità e la giustizia prevarranno!». Un auspicio condivisibile, una speranza molto flebile.
Stefano Maria Meconi