
Senato: altro che Francia. È il solito caos
Ci risiamo. Dopo le elezioni europee stravinte da Matteo Renzi, si è tornati a parlare di riforme istituzionali. In particolare, del Senato e del suo incerto destino.
ALLONS ENFANTS DE LA PATRIE - Ieri la senatrice democratica Anna Finocchiaro, parlando delle ipotesi in campo, ha detto che c’è: «la possibilità di adottare il sistema francese». Ma come funziona il Senato francese? Vi siedono i rappresentatiti delle collettività territoriali. Entrambe le camere – Senato e Assemblea nazionale – sono titolari della funzione legislativa e di quella di revisione costituzionale. Il rapporto di fiducia, però, intercorre solo tra l’Assemblea nazionale e il Governo. Il Senato è eletto in via indiretta soprattutto dai rappresentanti dei piccoli Comuni.
MA CHE MODELLO È? - Ora, tutte le idee sono ben accette e utili per approfondire il dibattito su questa delicatissima tematica. C’è però un problema alla base. Non si può pensare che un sistema ben funzionante in un altro paese, possa andare bene anche in Italia. Innanzitutto perché anche in Francia stanno pensando di riformare proprio il Senato. Marine Le Pen chiede l’abolizione, il partito socialista è meno drastico e chiede, al contrario, un suo potenziamento. E poi perché la Francia ha una forma di Governo che con quella italiana non ha proprio nulla a che fare. La Francia, infatti, è una Repubblica semipresidenziale. Il Parlamento francese è particolarmente debole, basti pensare che l’elezione dell’Assemblea nazionale è subordinata a quella immediatamente precedente del Presidente della Repubblica. Inoltre, è molto diffuso il fenomeno del cumulo di cariche tra mandato parlamentare e mandati locali. In Francia, inoltre, se le due Camere sono in disaccordo su un disegno di legge, il Primo ministro può convocare una Commissione bicamerale paritetica di conciliazione e successivamente l’esecutivo può far votare solo l’Assemblea Nazionale. Di fatto, il sistema bicamerale viene sfruttato a vantaggio del Governo.
CI BASTA UNA CAMERA - Vi immaginate cosa succederebbe in Italia se si trapiantasse una parte di un sistema completamente straniero senza tenere conto delle enormi differenze? Il solito caos all’italiana. Se proprio Renzi e la Boschi vogliono copiare i francesi, dovrebbero introdurre l’incompatibilità tra carica ministeriale e mandato parlamentare. Tornando al Senato, come ha detto Stefano Rodotà, il problema sono le competenze. Se non deve contare praticamente nulla come in Francia, allora si fa prima ad abrogare del tutto la seconda Camera, semplificando enormemente il processo legislativo. L’idea non è malvagia. Però a quel punto andrebbero rivisti alcuni quorum. Per esempio, per l’elezione del Presidente della Repubblica non dovrebbe più bastare, dal quarto scrutinio in poi, la maggioranza assoluta ma sempre e comunque la maggioranza dei due terzi. E per quello che riguarda le riforme costituzionali, bisognerebbe prevedere sempre il referendum, indipendentemente dalla maggioranza con cui vengono approvate.
VIVA IL BICAMERALISMO - Se si pensa invece che il Senato deve restare e contare qualcosa, si può pensare a fare una cosa simile agli Stati Uniti d’America. È vero, lì viene eletto ogni sei anni ma rinnovato per un terzo ogni biennio. Si potrebbe correggere questo aspetto rendendo simultanea la rielezione del Senato e quella della Camera. Gli aspetti positivi del modello statunitense quali sono? Innanzitutto i membri sono solamente 100, cioè due per ogni stato. In Italia, ne abbiamo 315 più i senatori a vita. Se si eleggessero solo due senatori per ogni regione, in totale ne avremmo solamente quaranta. E, soprattutto, al Senato sono attribuiti specifici poteri di controllo. Deve dare il proprio consenso alle nomine presidenziali dei funzionari federali (per esempio i Segretari e i giudici della Corte Suprema). Per dirla in modo semplicistico: sul processo legislativo non mette becco ma di fatto ha una funzione di controllo importanti per quello che riguarda le scelte del Governo. Cosa chiedono di meglio i sostenitori del bicameralismo?
IL SENATORE IGNORATO - In tutto questo, non si capisce perché nessuno ha ancora risposto nel merito al senatore del Pd Vannino Chiti che ha fatto una proposta alternativa: dimezzare il numero di deputati e senatori, fiducia al Governo e approvazione della legge di bilancio di sola competenza della Camera, senatori eletti direttamente e competenti in materia di revisione costituzionali, elettorale, e trattati europei. Per carità, può non piacere. Ma almeno il Governo dovrebbe avere la decenza di bocciare la proposta entrando nel merito invece di far finta di niente.
Giacomo Cangi
@GiacomoCangi
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