
Rosa come la poesia, giallo come il sogno
Vincenzo Nibali ai Giochi, Fabio Aru al Tour: l'estate del ciclismo vuole tingersi di giallo
Torino – Siamo stati a un passo da un Giro d’Italia tinto di arancione, poi la discesa del colle dell’Agnello ha chiesto il suo prezzo; abbiamo quasi visto un colombiano vincere onestamente un Giro d’Italia, ma il colle della Lombarda ha rinviato questo appuntamento. Kruijswijk e Chaves sono entrati loro malgrando nella mitologia del ciclismo: il trionfo e l’epica, però, portano di nuovo il nome di Vincenzo Nibali.
NIBALI – La poesia del ciclismo è costituita di tragedie e tregenda: cadute, forature, tempeste, tradimenti e scazzottate. Non c’è un campione senza una pagine di lotta epica che faccia accaponare la pelle e non c’è storia che non riservi lacrime. Quelle di Risoul sono state la svolta della corsa di Nibali, una svolta che ha riacceso la speranza in lui e in tutti i suoi tifosi. Quando Kruijswijk ha lasciato sull’asfalto il suo Giro, qualcosa è cambiato: in un istante la speranza di un podio in rimonta, un colpo d’ala del campione in rispresa, si è trasformata nella poesia delle grandi storie del ciclismo. Quattro minuti e oltre di ritardo venerdì mattina, maglia rosa sabato sera: solo questo lascia spazio per libri interi a noi scribacchini delle due ruote.
LEGGENDA – Il ciclismo è fatto di storie leggendarie: potremmo assaporare sprint e salite, ma le emozioni indimenticabili sono quelle delle grandi imprese. Pantani che stacca Tonkov verso Montecampione. Nibali che attacca sul pavè. Chiappucci che si invola verso Sestriere. Froome che frulla le gambe sul mount Ventoux. Le corse a tappe vivono di imprese che i padri raccontano ai figli, di un romanticismo che gli altri sport stanno perdendo. Non saranno le radioline a uccidere il cuore che decide di volare verso l’impresa.
ROSA – A gennaio tutti avrebbero scommesso su Nibali per questo giro; venerdì mattina pressoché nessuno. Lo Squalo ha ribaltato tutto, cogliendo l’attimo della fortuna. Chi pensasse che la fortuna non è merito, però, avrebbe dimenticato che, nel ciclismo più che in altri sport, la fortuna se la costruisce il vincitore: la folle discesa dell’Agnello ha fermato l’olandesone volante, ma non Nibali, le rampe della Lombarda hanno frenato Chaves e rilanciato il siciliano. A Torino è stato un trionfo, costruito senza il dominio schiacciante di altre vittorie, ma la passione e l’emozione hanno costruito pagine indimenticabili. Vincere in rimonta è sempre spettacolo.
GIALLO – Il Giro d’Italia è una delle corse più importanti della stagione e può segnare una carriera. Ciò che fa il campione, però, è la corsa francese, quel ricciolo attorno a Parigi che veste di giallo una vita intera. «Non sono i corridori che fanno grande il Tour, è il Tour che fa grandi i corridori» è una frase che torna da decessini: dura, contestata, polemica eppure vera fino in fondo. Un ciclista per diventare un grande campione deve prima o poi portare a termine un Tour de France in maglia gialla: si può essere bravi nelle corse a tappe e collezionare allori al Giro d’Italia o alla Vuelta a Espana, trionfare sui traguardi delle classifiche e innalzarsi nell’immortalità del ciclismo, ma il titolo di campione ti spetta solo se hai portato a Parigi almeno una maglia gialla. Cinque sarebbero meglio.
ARU – Questo è il motivo per cui Fabio Aru sta preparando la corsa francese un po’ in sordina: giovane, tanto giovane, il suo obiettivo è la maglia bianca. Un successo di tappa in montagna. Un podio insperato. Ma, come tutti quelli che hanno scalato le salite e dimostrato di saperci fare, il sogno che coltiva fin dalla culla è quello della maglia gialla. Il 2 luglio il Tour de France scatterà, Aru sarà lì per farsi vedere, Nibali al suo fianco per sostenerlo – o per prendere le redini della Astana, se ce ne fosse bisogno – e le isole d’Italia saranno ancora una volta protagoniste del tifo di un’intera nazione.
RIO – C’è un altro sogno giallino, colore dell’oro: è quello di Vincenzo Nibali, che ha dimostrato l’anno scorso al Giro di Lombardia di saperci davvero fare anche con le grandi classiche. Quella olimpica è sempre una corsa strana, con pochi corridori per ciascuna nazionale, strani meccanismi e sospette alleanze, convulsi movimenti e percorsi non sempre all’altezza. Nibali ha cominciato la stagione con la volontà di essere in rosa a Torino e sul gradino più alto a Rio: il primo obiettivo è spuntato, dopo un’impresa che ha dell’eroico, la speranza è che ci faccia soffrire altrettanto ai Giochi e porti a casa un trionfo ancor più insperato.
Andrea Bosio
@AndreaNickBosio