
Roles, la web series: intervista al regista Ludovico Di Martino
Succede a volte che le parole di un grande autore della letteratura mondiale ispirino un giovane autore e regista nella creazione di un lavoro. È questo il caso di Roles, la web series noir scritta e diretta dal giovanissimo Ludovico Di Martino. A fornire l’ispirazione Virginia Woolf con la celebre frase “La vita è un sogno dal quale ci si sveglia morendo”. Ed è proprio dalla morte che prende vita la storia.
Roles è il racconto di un gruppo di otto ragazzi apparentemente spensierati che scandiscono il tempo tra feste, storie d’amore e appuntamenti ai quali arrivano perennemente in ritardo. A sconvolgere l’equilibrio della loro vita, dentro la quale ciascuno di loro era riuscito a costruirsi un ruolo da attore protagonista, la tragica morte di Gabriele (Fabrizio Colica). Ora solo l’amore, la passione, l’amicizia e i dubbi potranno aiutarli a tornare parte della scena. Ma chi ha ucciso Gabriele? Sulla pistola – l’arma del delitto – ci sono sette impronte digitali: le loro. Chi ha premuto il grilletto? Guglielmo (Eduardo Valdarnini) che conosceva i segreti di Gabriele? Mary (Francesca Bellucci) ossessionata dagli sguardi della gente? L’inferno nella testa di Luca (Francesco Baldini)? L’incoscienza di Alessandro (Carlo Fabrizi)? Teresa (Margherita Laterza) e la sua necessità di controllo? La gelosia di Riggi (Emanuel Caserio)? La fatale bellezza di Silvia (Valeria Nardilli)? Il disegno di morte che li vede attori e spettatori li metterà uno di fronte all’altro, in una scena senza protagonisti e dove c’è spazio solo per le loro coscienze. E’ qui che i giovani potranno comprendere e agire per cambiare le cose. Ma l’assassino è fra loro. Chi ha stravolto i ruoli?
Otto episodi da cinque minuti ciascuno per affrontare, con uno stile narrativo coinvolgente e veloce, i temi del disagio, dell’amore tormentato, dei conflitti sociali e della violenza. Una trama fitta che con semplicità ed energia porta alla luce il tormento dello coscienze dei sette amici, mettendo in risalto le loro personalità e rendendoli contemporaneamente soggetti attivi e passivi di fronte al dramma della morte. Roles, già molto apprezzato durante l’ultima edizione del RomaFictionFest, con il suo ritmo a tempo di web e il suo linguaggio ricercato ed efficace, si presta a divenire un successo indiscusso. E non solo della rete.
Noi di WakeUpNews abbiamo incontrato l’ideatore e regista Ludovico Di Martino, classe 1992.
Ludovico, come nasce Roles?
«Roles nasce dall’insieme di alcune sensazioni legate da una parte ad un insieme di esperienze personali e dall’altra ad un insieme di ispirazioni che mi diede la lettura di alcuni testi di Virginia Woolf. Quest’ultimo mi risultava difficile da inquadrare e soprattutto da raccontare, da mettere per iscritto…e poi ho avuto la fortuna di vedere un film, “THE HOURS” di Stephen Daldry, dove capii che era possibile, attraverso una narrazione dallo stile moderno, inserire un concetto come quello della morte e del flusso di coscienza -temi principali dei testi della Woolf- all’interno di una storia che vedeva come protagonisti degli eroi (e degli antagonisti) della mia generazione. L’espediente del thriller/giallo è venuto dopo, necessario a “confezionare” una storia in maniera più che altro “seriale”».
Quanto c’è di te (se c’è) nella storia e nei personaggi?
«Tutto quello che dicono i personaggi sono pensieri che tutt’ora condivido personalmente. Sono diversi modi di vedere il mondo, ma cambia solo il punto di vista. Di base ho voluto inserire -partendo dal concetto di essere e di apparire- un modo molto personale di interpretare le relazioni tra le persone».
E c’è un personaggio in particolare che ti rispecchia maggiormente?
«Il personaggio che mi rispecchia maggiormente è quello di Gabriele, il ragazzo ucciso. Esso mi rispecchia perché, in quanto “narratore” (talvolta onnisciente) della storia, ha un forte potere sul divenire della narrazione, così come l’autore della storia lo ha sui propri personaggi».
Quando è nata in te l’idea di Roles, hai subito pensato ad una web series?
«Assolutamente sì. La voglia era quella di inserire nella rete qualcosa di molto più personale e soprattutto di intimo».
Produttore della serie è Stefano Santucci, grande autore della televisione italiana: quanto è stato importante averlo al tuo fianco?
«Stefano è stato importante per tanti motivi. Aldilà dell’aspetto economico-produttivo ha messo a mia completa disposizione la sua esperienza, volenteroso quanto me di tirar fuori un prodotto personale e soprattutto dal linguaggio specifico per il web. La forza della nostra collaborazione credo che nasca dall’unione di due prospettive completamente diverse che vanno ad unirsi per l’inseguimento di un comune scopo, quello di ottenere un prodotto in grado di parlare a più gente possibile».
Dove e quando possiamo vedere la serie completa di Roles?
«Vorrei saperlo anche io! Comunque l’uscita sarà comunicata a breve, entro Novembre le puntate saranno online. Stiamo cercando di capire con quale modalità far uscire le puntate, vorremmo organizzare una pubblicazione più giornaliera che settimanale».
Tu sei giovanissimo, con già qualche lavoro alle spalle e un futuro che ti si prospetta roseo: quale consiglio ti senti di dare a tutti quei ragazzi, tuoi coetanei, che vorrebbero fare questo mestiere?
«Ti ringrazio per il “futuro roseo”, ma non mi sento ancora un “mestierante”…Ho ancora bisogno di imparare e se proprio devo dare un consiglio – basta che non venga inteso come detto da uno che crede di essere arrivato – dico che per portare un lavoro a casa in maniera soddisfacente non ci vuole nessun tipo di abilità specifica, bisogna semplicemente far sì che tutti credano, e noi in primis ovviamente, a ciò a cui si sta lavorando. Metteteci il cuore e vedrete che il risultato sarà sopra l’aspettativa di chiunque».
Giochiamo un pò, anzi twittiamo: come definiresti Roles in 140 caratteri?
«Mi piace definirlo allora con una parola sola: dimostrazione. Dimostrazione che se tra chi lavora ad un progetto ci sono affinità, amore e feeling qualunque tipo di prodotto sarà la cosa più bella e grandiosa dell’universo».
Fabrizio Giona
@FabrizioGiona