
Recensione – ‘Un castello in Italia’, una nevrotica autobiografia
Una donna alla ricerca dell’amore per costruire una famiglia tutta sua, un fratello malato, una madre sospesa tra il pianoforte e la fede, un castello in Italia e una vita a Parigi. Questi gli ingredienti che Valeria Bruni Tedeschi ha prima imbastito e poi portato in sala nel suo ultimo lavoro da regista ed interprete.
Un castello in Italia racconta infatti uno scorcio della vita di Luise (Valeria Bruni Tedeschi), una donna di quarantatré anni cresciuta negli agi e le comodità, tra Castagneto del Po’, una piccola località piemontese, e Parigi. La sua famiglia, composta da sua madre (Marisa Borini) e dal fratello Ludovic (Filippo Timi), con il quale Luise condivide un rapporto a tratti simbiotico, si trova nella condizione di dover vendere il castello italiano di famiglia; il dispiacere e le resistenze che accompagneranno questa necessità, sveleranno gli equilibri familiari anche nelle loro zone d’ombra, in un momento in cui la sofferenza per la separazione da un luogo affezionato si sommeranno al dolore per la perdita di Ludovic, malato da tempo. Ma la vita di Luise cercherà la sua definizione in Nathan (Luis Garrel), un uomo conosciuto per caso e con il quale vivrà un rapporto anche molto conflittuale ma che, forse, per lei rappresenterà una nuova prospettiva di vita.
Su una trama essenzialmente molto semplice, Valeria Bruni Tedeschi intinge tante diverse realtà emotive, tutte accomunate da una forte vena autobiografica che, dal castello di Castagneto, magnifica location del film, un tempo proprietà della sua famiglia, arriva fino alla scelta dei suoi interpreti, tra i quali spiccano il suo attuale compagno, l’attore Louis Garrel e la sua vera madre, una meravigliosa Marisa Borini. Fa eccezione solo la partecipazione di Filippo Timi, inizialmente ritenuto fisicamente poco adeguato per il ruolo di Ludovic, poi confermato proprio in virtù della sua diversità. A lui spetta infatti l’arduo compito di interpretare il ruolo del fratello della regista, scomparso prematuramente, con il quale Valeria Bruni Tedeschi scambia gli sguardi più intensi e costruisce un rapporto ai limiti della morbosità. Tutti questi elementi non fanno altro che rafforzare un plot già di suo denso di spunti psicoanalitici, dove i rapporti tra i caratteri non si nascondono, né si vergognano delle loro perversioni. Un castello in Italia sembra quindi diventare un percorso a ritroso nelle vicende personali dell’attrice e regista, che lei stessa giudica differenti dalla realtà solo perché tese all’estremo, esagerate.
Scene ordinarie diventano quindi immagini paradossali, tra le quali si delinea il ritratto di una famiglia di pazzi viziati, estranei alla vita, persi nell’indecisione ed il capriccio. Luise e Ludovic ridacchiano infatti davanti alle decisioni importanti e si improvvisano eroi in una vita forse conquistata in modo troppo semplice. Da questi contesti sorgono più volte sensazioni di fastidio ed irritazione, cui non rimediano i momenti di ironia, cercati con sforzo eppure insufficienti, perché frutto di un retrogusto di emotività malata, insalubre, che più che ammorbidire il dramma, sfiorando il ridicolo. Ne esce in conclusione un’immagine familiare penosa, forse perché gioca, fino alla fine, a carte sempre scoperte. Il merito è solo quello di rispecchiare una verità importante delle relazioni familiari, nelle quali individualmente si è tutti pronti a dare il peggio di sé.
In generale, Un castello in Italia è un film pieno di attori che annaspano e si affannano senza mai muovere un dito; personaggi che camminano, parlano e respirano sempre troppo di fretta e che sembrano ossessionati dalla velocità dell’esecuzione. L’impressione è che Valeria Bruni Tedeschi abbia voluto dare tutto meno che il buon esempio e questo fa apprezzare lo spirito autoironico di un dipinto autobiografico; ma Un castello in Italia resta per lo spettatore un racconto per certi versi incompleto, stereotipato e fin troppo nevrotico. Oltre la fotografia, una sola cosa suona morbida nel film: la musica, che la regista ha saputo scegliere sapientemente.
Valentina Malgieri
@V_Malgieri