
Rapporto Istat: il ritratto di un’Italia povera e stremata dalle tasse
ROMA - I dati non sbagliano mai. Le cifre, quando parlano dei fatti, ci vedono sempre nitido. A volte possono essere imprecise, cioè presentare un margine di errore elevato. Ma al di là di questo, parlano chiaro. E stanno lì ad indicarci quello che ad occhio nudo spesso non si vede. I rapporti Istat spesso ci confermano situazioni di cui si ha solo un presentimento. O ci contraddicono rispetto ad alcune nostre convinzioni od opinioni. Ma sanno esprimersi con categorica certezza.
“NOI ITALIA”, CHI SIAMO? - Il rapporto Istat “Noi Italia” ci conferisce un quadro generale, in base ad alcuni singoli indicatori, di che cosa è oggi il nostro Paese. In questo momento di crisi è ovvio puntare i fari sulle situazioni economiche. Su condizioni di vita, situazioni lavorative, di salute, di spese sanitarie. Purtroppo anche verso situazioni come quelle di mortalità infantile. Che ricordano che anche nel nostro Belpaese, baciato dalle acque del mediterraneo, vi siano ancora problemi molto significativi. Capaci di far sorgere in chi ne viene a conoscenza un’incredibile sgomento, e la voglia di contribuire per quanto è possibile. Altri parametri riportati nel rapporto, volti a misurare il livello di benessere di un Paese, sono quelli dell’istruzione, degli stili di vita, della abitudini alimentari.
Partiamo dall’inizio, dalla questione più importante, il disagio economico delle famiglie. Ebbene il 24,9% dei nuclei familiari, spesso celebrati come struttura portante del nostro Paese, rischia ogni giorno di crollare, cioè vive una situazione di “deprivazione”. Con questo termine si intende una raffigurazione che fuoriesce dall’incrocio di 9 differenti dati, nel momento in cui almeno 3 indicano un’emergenza. Che potrebbero essere ad esempio l’impossibilità di sostenere spese inaspettate, o di risultare arretrati rispetto a pagamenti ai quali non si riesce a far fronte. Oppure la tragica impossibilità di provvedere al proprio sostenimento proteico giornaliero.
PRESSIONE FISCALE E FAMIGLIE STREMATE - Subito dopo si legge il dato sulla pressione fiscale, pari a ben il 44,1% nel 2012. Dato che sfiora il livello svedese, nazione conosciuta per le sue eccellenti efficienze restituite in servizi. Evidentemente non sempre è così anche in Italia, al netto di tutte le dovute cautele da porre nel fare un confronto diretto, che comprendono per esempio fattori quali le differenze demografiche, politiche, fisiche e del territorio. Nel rapporto possiamo però possibile visualizzare altri dati, tra i quali quelli relativi alle spese sanitarie. Ed in questo caso riusciamo addirittura a rincuorarci, perché per quanto nel 2011 le famiglie italiane abbiano contribuito per una quota pari al 20,6%, l’1,8% del Pil nazionale, e la spesa sanitaria pubblica totale nel 2012 è stata di all’incirca 111 miliardi di euro, cioè il 7% del Pil, il dato si colloca tra i valori più bassi dell’Ue. Questo, nonostante tutti i singoli casi portati alla luce di inefficienza o di clientelismi vari, e di cui giustamente ci si lamenta a perdifiato, ci dice che non ce la passiamo poi troppo male in termini di sanità pubblica. È infatti abbastanza risaputo che il nostro servizio sanitario nazionale a volte offre prestazioni non necessariamente riprovevoli. Ma la questione riprende a farsi più preoccupante quando vediamo scritto che i posti letto ospedalieri in realtà sono molto pochi rispetto agli altri paesi europei. Specialmente in brutto periodi come questo, fatti di tagli e riorganizzazione, vediamo subito come la spesa non troppo eccessiva si compensa, se non con un servizio a volte buono a volte meno, con poche spazi per la permanenza in ospedale.
QUESTIONE LAVORO E CONDIZIONI DI VITA - Poi c’è la questione lavoro, dove solamente 6 su 10 nella fascia tra i 20 e il 64 anni, cioè tra l’inserimento e la pensione, hanno un lavoro. Un dato inevitabilmente preoccupante, di 14 punti inferiore al target europeo, aggravato da una condizione ancora inferiore per le donne, che risultano occupate al 50 %, e per la quale peggio dell’Italia in Ue vi è solamente la situazione di Spagna e la Grecia. Senza parlare poi del livello di istruzione, dove solo il 21,7% dei cittadini tra 30 e 34 anni ha una laurea. Cifra evidentemente problematica, visto la lancetta degli obiettivi Ue, indicati per il 2020, fissa al 40%.
Inoltre l’Italia è un Paese che, dopo soltanto la Germania, è secondo per indice di vecchiaia. Il dato ad alcuni potrà anche sembrare un segnale di longevità, a volte persino di lungimiranza, ma non è altrettanto positivo in termini di razionalità, intesa come efficienza del sistema nel suo complesso. Un altro dato estremamente negativo, ci dice che in Italia le regioni Sicilia, Campania e Lazio, risultano essere prime per mortalità infantile, facendo registrare rispettivamente 4,8, 4,1 e 3,9 decessi su mille bambini nati vivi. La media nazionale si ferma però al 3,3, che però si posiziona tra gli indici più bassi tra quelli dell’Europa.
Detto questo, siamo al top per il numero di auto. Con 62 vetture ogni 100 abitanti, secondi solo al Lussemburgo, ci posizioniamo come uno dei Paesi con il più alto numero di vetture al mondo. Che può risultare un indice di alti standard di vita, ma di sicuro anche di scarso funzionamento del sistema viario, da cui derivano poi problemi di efficienza lavorativa, di rispetto degli orari, e anche di inquinamento. Non c’è che dire, siamo un Paese di grandi piloti. Infine – per una volta tanto orgoglio nazionale – l’Italia si piazza in prima posizione per quanto riguarda i marchi di qualità nel campo dei prodotti agroalimentari. Anche l’Italia ha le sue gioie.
Insomma, quello che ne esce è un Paese strozzato dalle tasse, con un tasso estremamente alto di disoccupazione, e situazioni di grave disagio economico. Nonostante ciò, risultiamo essere un popolo di buone forchette, e con grandi potenziali commerciali e imprenditoriali in questo campo. Segno che, per chi vuole investire e mettersi in affari piuttosto che stare a guardare, l’agroalimentare resta ancora – tra i tanti problemi – un settore di indiscutibile eccellenza nel nostro Paese.
Francesco Gnagni
Foto: www.formiche.net, www.liquida.it