
Questa settimana nei negozi di dischi: Bob Dylan, Dinosaur Jr e altro ancora
Periodo pieno di uscite non fondamentali ma, nella sostanza, considerevolmente interessanti, questa seconda metà del mese. Significativa, ad esempio, è stata la data di uscita per il tredicesimo album in studio del leggendario Bob Dylan, equivalente a quella che volle il suo Love and theft uscire proprio all’alba del fatidico 11 settembre 2001. Esattamente undici anni dopo, dunque, è ancora quella traumatica data a significare un nuovo approdo in negozio per il signor Robert Allen Zimemrman. Tempest, dunque, è il titolo del suo imminente nuovo album, finalmente in arrivo dopo una miriade di news più o meno veritiere circolate soprattutto sul web nel corso degli ultimi mesi. Sta di fatto che, secondo la critica più autorevole, per il settantunenne singer statunitense si tratta di un eventuale piccolo passo indietro rispetto alle ultime composizioni. Insomma, meno blues e più melodia di stampo folk tipica a stelle e strisce (qualcuno ci ha trovato anche un paio di operazioni di plagio). Sta comunque ai maggiori cultori del soggetto trarre sagge conclusioni. Per quanto ci riguarda, abbiamo già avuto modo di passare in rassegna il disco il giorno stesso della sua uscita. Ergo, proseguiamo.
Di ben altra fattura è, per contro, la già da lungo tempo avviata carriera solista di Bob Mould, ai più conosciuto nelle vesti di chitarra e voce per quel gran pezzo di storia underground che furono i mitici Hüsker Dü. Dal 1989 autore di dischi in proprio sulla scia di sperimentazioni elettroacustiche spesso discutibili ma, il più delle volte, consone alla caratura che ne contraddistingue la personalità di provenienza (fatta eccezione per francamente evitabili uscite elettroniche, come quella relativa allo scarso Modulate del 2002), questo nuovo Silver age consolida una netta saldatura in termini di pura espressione rock stesa su 38 minuti scorrevoli ed energici. Ma c’è dell’altro: non si tratta, in effetti, di solo e semplice rock, bensì ci si trova di fronte al prodotto acustico-temporale di una personalità artistica ormai decisa a scrivere canzoni per il semplice piacere di farlo (la storia, in un certo senso, glielo permette anche, se vogliamo). Ed ecco spuntare fuori, allora, quella carica distorsiva a tratti dispersa in un’esistenza (più che carriera) altalenante e culminante in sprazzi di metal, post punk e tanto amato hard core, senza però rinunciare a spunti melodici misti ad una concezione di rock’n'roll comunque aggressiva e trascinante. Da assaporare, specie se si è trascorsa un’adolescenza tra gemme come New day rising e Zen arcade. Così, tanto per disturbare i vicini di casa.
Dirimpettai di condominio che, nella fattispecie, non dormirebbero sonni così tranquilli se decidessimo di proseguire i nostri ascolti sulle note (saranno davvero note?) della prima uscita solista del signor Xabier Iriondo, meglio noto come cofondatore e controversa chitarra solista degli Afterhours (da poco rientrato nella sua band originaria per la produzione dell’ultimo e complesso Padania). Reduce da precedenti esperienze collaborative di dissonanza chitarristica al limite del realmente concepibile (come, tra l’altro, era già stato possibile notare nei primi lavori di Agnelli e soci, sia quelli in lingua italiana che gli esordi anglofoni), il suo Irrintzi fa faville sin dall’unica modalità di uscita, vale a dire quella in doppio vinile. Per il resto, dunque, come suggerisce già la stessa copertina, siamo di fronte (oltre che ad un bell’oggetto da conservare in collezione) ad una scissione ambivalente di formati canzone da ancora più costruttive sperimentazioni elettriche tali da richiamare a viva memoria sia cover illustri (riemerge lo spirito di John Lennon, seppur stravolto) che sonorit,à prossime a gente come Nine Inch Nails, gli stessi Afterhours degli esordi (ovviamente c’è anche un featuring al fianco di Manuel Agnelli) o un certo sperimentalismo elettroacustico di scuola Area. Da considerare.
Infine, per il momento, ci preme segnalare l’approdo sugli scaffali dei negozi italiani del nuovo lavoro fresco di stampa proveniente da un’altra pietra miliare del rock alternativo, vale a dire gli statunitensi Dinosaur Jr, non a caso agglomerato fondamentale per la cultura underground Usa proprio al fianco di Bob Mould e dei suoi Hüsker Dü (senza contare, poi, gli innumerevoli altri nomi tra cui Sonic Youth, Minutemen, Pixies e, un po’ più tardi, Melvins e Nirvana del pre-boom Nevermind). Il nuovo I bet on sky, dunque, decimo lavoro registrato in studio dalla band di J Mascis e soci, simboleggia il terzo capitolo produttivo dopo la reunion avvenuta nel 2005, e lo fa, potenzialmente, nel migliore dei modi, ovvero offrendo una ulteriore prova di maturità (non che ce ne fosse così bisogno, visto i soggetti) attraverso, sì, il solito buon rock distorto e più alternativo che mai, ma anche per tramite di una maggiore consapevolezza in termini di capacità compositiva legata a fraseggi melodici, completezza e sostanziale omogeneità di composizione.
Buon ascolto.
Stefano Gallone