Questa settimana al cinema: il ritorno di Wes Anderson

Siamo entrati da quasi una settimana nel mese più commercialmente vivo dell’anno. Fra una ventina di giorni, infatti, si festeggerà il Santo Natale e, allora, quale migliore occasione da cogliere se non quella di affastellare una valanga di uscite cinematografiche nelle due settimane precedenti ad un periodo che considerevolmente, a quanto pare, continua ad essere nemico delle sale cinematografiche (se non a suon di insulsi cinepanettoni o simili / derivati) per fare spazio, probabilmente, ai megastore nel loro intento di impacchettare dvd da riporre sotto un albero finto decorato. E allora, cerchiamo di fare un minimo di ordine e selezionare qualcuna delle più succose proposte da grande schermo di questo inizio dicembre 2012.

In primissimo luogo, non può passare inosservato il ritorno sulla carta e dietro la macchina da presa, a tre anni di distanza dal precedente Fantastic Mr. Fox, del signor Wes Anderson per tramite della sua nuova strampalata e visionaria commedia Moonrise Kingdom – Una fuga d’amore. Ancora una volta un cast di attori di primissimo rango (il fedele Bill Murray, Bruce Willis, Edward Norton, Tilda Swinton, Francis McDormand) si presta all’inventiva di uno dei maggiori talenti contemporanei (ormai divenuto quasi leggenda) per impostare una narrazione incentrata, sia diegeticamente che, in maniera conforme alla regola del gusto del diretto autore, stilisticamente nel New England del 1965. Qui vive, infatti, la dodicenne Suzy, disadattata e incompresa dai genitori. Nello stesso luogo ha sede un campeggio scout dove il suo coetaneo Sam, orfano affidato ad una famiglia che lo ha da sempre etichettato come troppo “difficile” da gestire, entra in contatto con lei quasi casualmente innamorandosene. Di comune accordo, i due ragazzini decidono di fuggire e seguono un antico sentiero nei boschi di origine antica. Gli adulti, allora, si mettono alla caccia dei due fuggitivi consapevoli dell’imminente arrivo di una devastante tempesta.

Sempre sul versante commedia, anche se di impostazione sostanzialmente più semplicistica e meno concettuale, si colloca Scusa mi piace tuo padre (italianizzazione a dir poco viscida e raccapricciante, dimostrazione di una certa bassezza “mocciana” del concetto di merchandising commediografo; regia di Julian Farino, con “Doctor House” Hugh Laurie, Catherine Keener, Leighton Meester, Allison Janney), storia di due famiglie, i Walling e gli Ostroff, tranquilli agglomerati umani a cui la noiosa leggerezza del New Jersey sembra non disturbare. I membri di queste due famiglie sono amici carissimi, si conoscono praticamente da sempre. Nina, però, primogenita degli Ostroff, non sopporta più questa situazione per lei troppo statica e tenta la fuga amorosa, avvenimento che, in sostanza non matura alcun frutto costringendola a tornare fra le mura domestiche nel giorno del Ringraziamento. Di qui in poi, tra lei e il capofamiglia Walling comincia a prendere il largo un feeling amoroso che rischia di mettere a repentaglio le due famiglie costringendo ogni singolo membro a rivalutare alcuni aspetti della propria stessa esistenza.

Quanto alla sfonda più marcatamente epica, a tentare di arricchire ancora di più le tasche dei botteghini ci pensa Grandi speranze (regia di Mike Newell, noto per le esperienze di Harry Potter Quattro matrimoni e un funerale; con Ralph Fiennes, Helena Bonham Carter, Jason Flemyng, Holliday Granger), di diretta trasposizione “dickensiana” già tentata in passato, con ben altra caratura, da David Lean (1946). È il 1812 e, in Inghilterra, il giovane orfano Pip vive nelle campagne presso la famiglia della sorella. Dopo aver dato da mangiare ad un evaso, però, Pip viene convocato nella residenza di una ricca dama, la quale vive senza mai volgere lo sguardo alla luce del sole, strana abitudine maturata in seguito a una cocente delusione amorosa: l’intento della donna è quello di spingere Pip a giocare con un’altra giovane ragazzina che abita nel castello. I due, allora, si innamorano e crescono assieme, fino a quando, anni dopo, qualcuno comunicherà all’ormai uomo che un misterioso benefattore provvederà a lui se accetterà di andare a Londra per diventare gentiluomo. Sarà proprio nella grande città che ogni mistero contribuirà a sempre nuove inquietudini.

Una pellicola di notevole importanza forse più concettualmente tecnica che stilistico-narrativa è La bicicletta verde (con Reem Abdullah, Waad Mohammed, Abdullrahman Algohani, Ahd Kame), primo film mai realizzato da una regista di sesso femminile, Haifaa Al-Mansour, proveniente da un contesto non proprio facilissimo come quello dell’Arabia Saudita. È proprio questo, dunque, il luogo in cui sono ambientate le vicende legate a Wadjda, una ragazzina di dieci anni inserita nel contesto di una scuola del cui sistema, però, non gradisce affatto le modalità opprimenti per quello che, evidentemente, in zona non viene considerato come gentil sesso. I suoi desideri di libertà, nella sostanza, sono ben più che semplici: vorrebbe a tutti i costi acquistare una bicicletta verde per essere alla pari del bambino con il quale gioca nelle ore dopo l’uscita di scuola. La famiglia, però, oltre a non potersi permettere di farle un regalo, non gradisce l’idea di vederla in pose e atteggiamenti “riservati” al sesso maschile. La piccola, allora, estremamente determinata, comincia a cercare i soldi da sola rendendosi conto che qualsiasi cosa le venga in mente di fare risulta, se non di difficile realizzazione, sostanzialmente proibita. L’unica soluzione sarà partecipare ad una gara scolastica di Corano pur non eccedendo in materia religiosa (frecciatina…), unicamente per sperare di vincere il considerevole premio in denaro.

Infine, di non minore interesse, anche se di sostanza più smaccatamente spensierata, potrebbe essere Ruby Sparks (regia di Jonathan Dayton e Valerie Faris, già noti per il riuscito Little Miss Sunshine; con Paul Dano, Zoe Kazan, Antonio Banderas, Annette Bening, Steve Coogan), storia di Calvin Weir-Fields, giovane scrittore di successo che, però, sembra aver esaurito le sue eccellenti doti creative anche in seguito ad esperienze affettive non proprio gratificanti. Un giorno, però, il buon Calvin comincia a sognare una ragazza che ben presto diventa la sua musa ispiratrice: le attribuisce, dunque, un nome (Ruby) e comincia a costruirle una storia attorno. Ad un tratto, però, accade l’impensabile: Ruby si materializza in carne e ossa e Calvin se ne innamora perdutamente. In questo, la situazione è completamente gestibile dal giovane: Ruby è pur sempre una sua creatura, quindi può gestirla come vuole.

Buona visione.

Stefano Gallone

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