Questa settimana al cinema

Un fine settimana tutt’altro che sterile, questo in arrivo. Sia per quanto riguarda approdi provenienti da recenti festival internazionali (ancora una volta ci viene in soccorso il red carpet capitolino) che produzioni dalle caratteristiche marcatamente sperimentali, senza poter fare a meno, come di consueto, delle espressioni da mero botteghino.

Abbiamo già avuto modo di parlare felicemente e con estremo interesse di quello che, con molta probabilità è, malgrado le difficoltà distributive in cui inevitabilmente inciamperà (non dimentichiamolo: siamo sempre in Italia), il film più importante almeno della settimana, ovvero I colori della passione del maestro polacco Lech Majewski. Avvantaggiato anche (ma è davvero il fattore minimo) dalle straordinarie maschere interpretative di eccellenze come Rutger Hauer, Michael York e Charlotte Rampling, la pellicola è un vero e proprio gioiello figurativo, pura arte visiva come artistico (non privo, però, di fondamentali riferimenti sociali, ideologici e politici) è proprio l’elemento portante della narrazione per pure immagini dotate di senso. Corre l’anno 1564 e il famoso pittore Petere Bruegel il Vecchio sta per completare una delle sue tele di maggior pregio, vale a dire La salita al calvario. In essa, l’artista vuole rappresentare la Passione di Cristo trapiantandone il contesto nelle Fiandre e del suo tempo, oppresse dalla violenta oppressione spagnola. Centro del mirino sono i movimenti religiosi riformistici, artefici di reazioni ben presto sedate dall’irruenza dell’oppressore. Attraverso una perfezione figurativa, dunque (merito di tre estenuanti anni di lavorazione ipertecnica), Majewski inscena “greenawayianamente” e con estrema precisione, la vita quotidiana dei principali personaggi del quadro per dare un senso ad un vero e proprio messaggio universale. Imperdibile per i cinefili.

Meno imperdibile, anche se comunque gradevole malgrado alcuni eccessi di volgarità qui e là, è forse Il mio migliore incubo (di Anne Fontaine, da noi già passato in rassegna al tempo del festival capitolino), artefice dell’esploit di una insolita Isabelle Huppert in veste “sadicomica” al fianco di mai così rozzo ed istrionico Benoit Poelvoorde. Il film (a tratti, volendo, anche veramente divertente; ma solo a tratti) si basa sulle strambe vicende legate alla figura di Agathe, cinica e acida direttrice di una prestigiosa fondazione d’arte contemporanea, sposata con un annoiato editore e madre di un bambino non poi così sveglio. Snob, sarcastica e spesso effettivamente insopportabile, Agathe si ritrova a conoscere il padre del miglior amico di suo figlio, Patrick, un alcolizzato mezzo fannullone che tira a campare con lavoretti da muratore ed ossessioni sessuali di vario stampo. Agathe e Patrick non potrebbero essere più diversi di così, almeno fino al punto in cui le loro vite sono costrette ad incrociarsi. Non consigliabilissimo ma, di certo, migliore di tanta feccia circostante.

A proposito di potenziale feccia: qualcuno ci sa spiegare il motivo di tanto sperpero di denaro per un’inutilità assoluta quale è La furia dei titani (di Jonathan Liebesman, con Sam Worthington, Ralph Fiennes, Lian Neeson)? Perché ostinarsi a proseguire nel finanziamento (molto molto oneroso) di pellicole dotate di un pur signorile cast ma sostanzialmente equivalenti ad una sottospecie di immondezzaio inumano e prive di qualsivoglia senso narrativo o comunque diegetico (buone solo, quindi, per il divertimento più infantile di ciò che resta delle capacità assimilative dell’occhio umano…ma neanche)? Attendiamo una risposta, grazie.

Approdando in territorio nostrano, invece, ben più interessante potrebbe essere il nuovo lavoro di Marco Tullio Giordana, ovvero Romanzo di una strage (con Valerio Mastandrea, Pierfrancesco Favino, Fabrizio Gifuni, Laura Chiatti), rievocazione della tragica atmosfera legata alla tristemente nota strage di Piazza Fontana. Nel dicembre del 1969, a Milano Giuseppe Pinelli svolge la professione di ferroviere. Marito e padre di levatura anarchica, è l’anima portante del Circolo Anarchico Ponte della Ghisolfa. Parallelamente, Luigi Calabresi è il vice responsabile della Polizia Politica della Questura del capoluogo lombardo. Anche lui marito e padre di famiglia, segue e sorveglia attentamente le opinioni politiche della sinistra extraparlamentare del momento. L’esplosione alla Banca Nazionale dell’Agricoltura di Piazza Fontana, dunque, fa da fulcro in quanto provoca un collasso nazionale che inevitabilmente porterà a scontrarsi anche i due protagonisti.

Abbandonando alle sue stesse malefatte le infime doti artistiche di Carlo Vanzina, in sala, ahinoi, con il film a episodi Buona Giornata (con Diego Abatantuono, Lino Banfi, Teresa Mannino, Vincenzo Salemme), sarrebbe il caso di dare un’occhiata, infine, a Marigold Hotel (di John Madden, con Judi Dench, Penelope Wilton, Dev Patel), pellicola che unisce figure apparentemente diverse sotto il segno del comune approdo nel medesimo hotel nientemeno che in India. Una vedova in cerca di indipendenza, una casalinga scontrosa, un giudice benestante alla riscoperta del suo passato, un funzionario governativo e sua moglie insoddisfatta, una pluridivorziata in cerca del vero amore e un single solitario col vizio delle donne, dunque, si ritrovano in una struttura che, però, al momento, per problemi logistici, non può ricevere ospiti perché bisognoso di una seria revisione. Eppure, in camere prive di ogni minimo comfort, gli eclettici turisti vedono la possibilità di ricominciare le rispettive vite in maniera differente, anche se non per forza di cose migliore.

Buona visione.

Stefano Gallone

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