
Questa settimana al cinema
Settimana molto interessante in ambito di uscite cinematografiche, notevole anche da un punto di vista “non-fiction”. Bobby fisher against the world (di Liz Garbus), infatti, è un ottimo documentario incentrato sulla vita e sulla fama del celebre campione di scacchi statunitense Bobby Fisher. Passato non del tutto inosservato alla scorsa edizione del Festival del Film di Roma, la pellicola affronta le diverse e particolari fasi della vita di Fisher, a cominciare da un’infanzia non del tutto tranquilla perché già incentrata sul fare del cervello del diretto interessato una vera e propria macchina di logica e strategia, unicamente direzionata a vincere il titolo mondiale al di là del quale, come obiettivo faticosamente e nevroticamente raggiunto, il rischio di fare di se stessi il nulla è purtroppo divenuto realtà. Nato nel 1943 e deceduto nel 2008, Fisher è stato di certo uno dei personaggi più devastati della storia contemporanea. La pellicola ne ripercorre l’esistenza per merito delle fedeli testimonianze di amici, parenti, conoscenti ed avversari, dal cui marasma fuoriesce un accurato che ha come punto focale il celeberrimo incontro con il campione di scacchi russo Boris Spassky valido per il titolo mondiale.
Cambiando radicalmente genere e, in sostanza, passando ad una fiction vera e propria con tanto di esplosione di effetti speciali, arriva nelle sale il tanto atteso quarto capitolo della saga Mission impossible, ovvero Protocollo fantasma. A dirigere il rispolverato Tom Cruise, al fianco di Paula Patton, Jeremy Renner e Simon Pegg è, questa volta, uno che di ricostruzioni computerizzate se ne intende eccome. Trattasi del buon Brad Bird, esperto di film d’animazione tra i quali Gli incredibili e Ratatouille, pellicole che gli hanno consegnato, entrambe, il premio Oscar al miglior film d’animazione. Il signor Cruise, quindi, veste di nuovo i panni dell’agente della Impossible Mission Force Ethan Hunt per far fronte al fatto di essere implicato, diegeticamente, assieme ai suoi collaboratori, in un gravissimo attentato terroristico al Cremlino. Dopo aver messo la squadra al bando, il presidente lancia l’operazione “Protocollo fantasma”. Hunt e i suoi non agiscono più ufficialmente per conto degli Stati Uniti, ma tocca comunque a loro, senza alcuna copertura, il compito di cercare di fermare chi sta tentando in tutti i modi di scatenare una guerra nucleare puntando sull’ormai sopita diffidenza tra russi e yankee.
Se, magari, la missione impossibile rischia di suscitare comunque un po’ di monotonia da scetticismo megagalattico, interessante risulta essere, invece, il nuovo e differente approccio del bravo Brad Pitt al ruolo di protagonista per L’arte di Vincere (di Bennett Miller, con Jonah Hill, robin Wright Penn, Philip Seymour Hoffman), storia degli Oakland Athletics, una buona squadra di baseball che, però, non riesce economicamente a competere affatto con gli stratosferici budget di squadre ben più blasonate come as esempio, tra tutte, i New York Yankees. Quando al termine della stagione il general manager Billy Beane si vede portar via i pezzi migliori, percepisce che la loro sostituzione diventa sempre più impossibile, specie con pochissimi soldi a disposizione. Ne nasce, quindi, una trafila di eventi e stati d’animo per cui, forse, oltre che per il cast, vale la pena pagare il prezzo di un biglietto.
Un altro film di non minore importanza è di nazionalità italiana e porta il controverso titolo di Acab, ovvero l’ormai risaputa dicitura All cops are bastards (regia di Stefano Sollima, con Pierfrancesco Favino, Filippo Nigro, Marco Giallini, Andrea sartoretti). Già regista della comunque fortunata serie televisiva Romanzo criminale, sollima porta in scena una storia in cui i protagonisti sono tre celerini (Negro, Mazinga e e Cobra) perennemente invischiati in fatti di violenza da mancante ordine pubblico. Il problema è che, oltre al fisico, anche la loro vita privata comincia a risentire seriamente di questo stile di vita costretto da quello che comunque rimane un lavoro. Perciò, quando tra di loro arriva una recluta, Adriano, in lui vedranno, si, il futuro del proprio reparto, ma non tarderanno a farsi sentire anche sue stesse analisi di educazione e legalità che provocheranno controversie all’interno del “reparto mobile”, anche in luce degli sconvolgenti fatti del G8 di Genova.
Il biopic The iron lady di Phyllida Lloyd, invece, mira, ancora una volta, a fare di un’attrice del calibro di Meryl Streep cibo per le statuette da Oscar nelle vesti dell’eterna e discutibilisisma figura di Margaret Thatcher, ex primo ministro del Regno Unito dal 1979 al 1990, prima ed unica donna ad aver ricoperto una simile carica. Leader del partito conservatore inglese, la Thatcher fu primo ministro anche durante il traumatico periodo dell’invasione delle isola Falkland, operazione guidata da una vera e propria ondata di patriottismo britannico. Ma la sua memoria è meglio direzionata (specie per i diretti interessati) dal fatto di essere stata una figura tristemente centrale per il drastico aumento delle percentuali di disoccupazione nel proprio paese (elemento che ha generato la produzione anche di ottimi film come Full monty o, soprattutto, il più diretto e amaro Grazie signora Tatcher). Il ritratto che la Lloyd cerca comunque di delineare attraverso la narrazione sembra comunque voler sottolineare il carattere e l’animo di una donna che ha rotto le barriere della classe per essere ascoltata in una realtà dominata dal sesso maschile. Per ogni potere acquisito o subito, sembra dire la Lloyd, c’è sempre un prezzo da pagare.
Di maggior interesse sociale e morale, però, è, infine, la pellicola bosniaca Il sentiero della giovanissima regista Jasmila Zbanic (con Zrinka Cvitesic, Leon Lucev, Ermin Bravo, Mirjana Karanovic), storia ambientata a Sarajevo ed incentrata sulla hostess Luna, compagna di Amar, un controllore di volo presso l’aeroporto della città. La coppia sta cercando da tempo di avere un figlio, potendo anche disporre, volendo, dell’inseminazione artificiale. Amar, però, viiene sospeso dal lavoro perché sorpreso a bere alcolici in servizio. Per caso incontra un ex commilitone ormai diventato musulmano integralista che gli offre un lavoro come insegnante di computer in una comunità musulmana che vive completamente isolata dalla città. Impossibile far fronte, dunque, alla separazione dei percorsi di vita di Amar e Luna.
Buona visione.
Stefano Gallone