Profumo all’attacco dell’ora di religione

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Il ministro dell'istruzione, Università e Ricerca Francesco Profumo

Roma – Parole pesanti quelle del ministro dell’Istruzione Francesco Profumo, pronunciate a margine di un incontro per la presentazione della biblioteca ministeriale del Miur. «Credo che il paese sia cambiato, nelle scuole ci sono studenti che vengono da culture, religioni e paesi diversi.  – ha detto il ministro – Credo che debba cambiare il modo di fare scuola, che debba essere più aperto. Ci vuole una revisione dei nostri programmi in questa direzione». Bersaglio principale della tirata di Profumo era l’ora di religione, ma non solo: il ministro ha parlato apertamente anche di una rivisitazione dei programmi di geografia, perché nella sua immagine «la scuola è più aperta e multietnica e capace di correlarsi al mondo di oggi».

Celeri le reazioni del mondo politico, religioso associativo e culturale. Se dai Radicali c’è stata una posizione prevedibile e per niente costruttiva (Donatella Poretti s’è detta favorevole a questi studi inclusivi in materia religiosa, purché «si passi dall’abolizione dell’esistente»), altre forze politiche hanno cercato di analizzare la situazione e di aprire un dibattito su proposte concrete.  Improntata alla difesa della caratterizzazione culturale nazionale la Lega Nord, con il deputato Davide Cavallotto che ha tenuto a precisare come «se ci sono anche studenti che vengono da altri paesi, è giusto che rispettino le nostre radici cristiane e imparino la millenaria cultura dei nostri territori». Contrario alla proposta anche il PdL: «Capisco la preoccupazione sulla necessità che la scuola non ghettizzi chi viene da altri paesi – ha chiarito Maurizio Lupi – ciò nonostante credo che questa attenzione debba evitare di scadere nel relativismo». Analogamente Paola Binetti dell’UDC ha ricordato come oggi ci sia «più bisogno di religione, una religione insegnata meglio e testimoniata prima di tutto con l’esempio degli insegnati».
Più articolata la posizione del PD. Infatti sia il responsabile Nuovi italiani del partito, Khalid Chauki, sia il segretario nazionale degli insegnanti di religione, Orazio Ruscica, sottolineano come il reale problema sia la carenza dell’offerta alternativa all’ora di religione, ormai un problema sistematico della scuola.

Neppure la Cei tace di fronte all’uscita del ministro. Il cardinale Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio per la cultura, ha prontamente accolto l’idea proveniente dal Miur, specificando però che l’insegnamento deve restare cristiano, come stabilito dagli accordi del Concordato, pur sottolineando l’importanza di un rinnovo della didattica, che risponda alle mutate esigenze della società.
A lui s’è unito monsignor Gianni Ambrosio, presidente della Commissione episcopale sulla scuola, che ha Radio Vaticana ha chiarito come l’ora di religione «non è di certo una lezione di catechismo, bensì una introduzione a quei valori fondanti della nostra realtà culturale che trovano la propria radice proprio nel cristianesimo», specificando anche che «solo se vi è una precisa identità e una conoscenza precisa della nostra identità religiosa e culturale, siamo in grado di essere ospitali».

Il dibattito è stato aperto e sicuramente proseguirà nei prossimi giorni.

Andrea Bosio

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