
Presepe, Natale e religione: una polemica piena di errori
Le traversie del presepe, dall'accoglienza all'omosessualità, lette alla luce del discernimento e del buonsenso: ovvero una polemica inutile e sbagliata
Il presepe è stato al centro di questo Avvento anche più del solito, soprattutto nelle pagine di cronaca; non è stato raro nei giorni scorsi intercettare notizie di presepi soppressi o rimossi, in ottemperanza a diverse intenzioni di presidi, sindaci o politicanti di vario livello, sollevando quindi polemiche e plausi. Poiché chi scrive ritiene che non solo si sia dato eccessivo spazio a non-notizie, ma che l’intera questione di ospitalità e laicità sia stata travisata, prima di Natale c’è chi ha deciso di scriverne, evitando la polemica ma chiarendo alcuni necessari passaggi logici, culturali e, soprattutto civili.
ULTIMO BOOM – L’ultimo caso ha coinvolto Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, partito dell’estrema destra italiana con simpatie per movimenti ancor più radicali, che non di rado hanno anche esternato posizioni al di là del confine della xenofobia. La sua accusa al presepe pro-gay – con due Giuseppe – hanno però una radice di verità, in una questione che sta raggiungendo limiti parossistici su tutti i fronti all’opera.
IL QUADRO – Eliminando le provocazioni insensate come quella del presepe con due Giuseppe – non è ridicolizzando le religioni altrui che si risolvono le battaglie per i diritti civili – le casistiche di questi eventi sono solitamente due: si discute del presepe, e magari lo si rimuove, o per non far sentire a disagio persone di altra fede, spesso cittadini stranieri residenti in Italia e di fede musulmana, o per lanciare un messaggio di laicità dello Stato e delle istituzioni pubbliche che il presepe violerebbe.
ACCOGLIENZA – Accogliere qualcuno in casa propria è sempre un gesto di grande civiltà e umanità; san Paolo direbbe che è espressione di Carità e non c’era nulla più importante della Carità, per Saulo di Tarso. Accogliere qualcuno con carità significa farlo sentire ben accetto, non di troppo nel suo nuovo posto: questo significa anche accogliere senza andare a stravolgere il proprio stile di vita – la conduzione della propria casa – per far capire che davvero non c’è alcun problema nell’accogliere il nuovo venuto e che la vita continuerà benissimo anche con lui, modificandosi per fargli spazio, certo, ma senza che la nuova presenza stravolga completamente il quadro. È preoccupazione di tutti, d’altronde, sincerarsi che la propria presenza in casa altrui porti più gioia che problemi, e così accade a ogni livello.
Questo non giustifica – ovviamente – le posizioni radicali che vorrebbero “test di ingresso” culturali per gli immigrati o coloro che commentano “a casa nostra si fa come diciamo noi”, ma è una chiave di lettura che spiega come, a volte, per accogliere meglio qualcuno è sufficiente aprire la porta, non tingere a nuovo le pareti: l’ospite potrebbe sentirsi a disagio per i troppi cambiamenti che ha causato e non è certo questa la sua intenzione.
SIMBOLISMO – Riguardo il presepe –ma vale per tutta la simbologia religiosa cristiana – in Italia ha assunto un ruolo culturale, storico e popolare difficile da negare; si potrebbe giustamente far notare come il suo valore religioso sia ben altro – e a molti cristiani, anche giustamente, questa secolarizzazione culturale della simbologia religiosa non piace molto: sono tra quelli – ma il dato rimane quello. In un’era in cui la ricerca di ciò che è “etnico” negli altri diventa moda per noi, rischiamo di perdere così la percezione di quanta “etnicità” ci sia anche in casa nostra; i tempi cambiano, certo, ed è giusto che cambino anche le espressioni culturali e popolari anche allo scopo di tenerli vivi e renderli davvero parte della società, ma certi passi suonano come un’affrettata corsa a dimostrarsi più papisti del papa. O più atei di Odifreddi.
Il problema, allora, non è tanto il presepe, quanto l’erronea battaglia che si fa attraverso esso e su di esso.
CIVILTÀ – La civiltà, in fondo, si fonda sul rispetto reciproco, non sulla prevaricazione; la soppressione delle proprie manifestazioni religiose in pubblico, quindi, ricade sicuramente nella prevaricazione e nella violazione dei diritti umani, mai nell’uso del buonsenso. D’altronde pensare di difendere i propri diritti ridicolizzando quelli altrui è sempre una pessima scelta.
Questo non significa che si debba mantenere l’omologazione passata a scelte mai discusse e considerate scontate, ma che serve un’abile esercizio di discernimento che porti a frutti comunque non immediati, perché il tempo cambia e la società pure, ma non in pochi minuti.
Andrea Bosio
@AndreaNickBosio