
Pioggia di diamanti su Giove e Saturno
È la pioggia più luccicante di tutti i tempi, quella di diamanti su Giove e Saturno. Ebbene sì: cadono dei veri e propri pezzi di diamanti da 1,27 centimetri di diametro sulla superficie dei due pianeti.
Viene da pensare che sia davvero un peccato che con le tecnologie attuali non si riesca a raggiungerli, perché ci troveremmo davanti ad una miniera a cielo aperto. L’ipotesi emerge da una nuova ricerca condotta da Mona Delitsky del California Specialty Engineering e Kevin Baines della University of Wisconsin e pubblicata su Nature, secondo cui l’atmosfera di Saturno produce ogni anno fino a mille tonnellate di diamanti, e anche quella di Giove ne crea a profusione.
Gli scienziati hanno presentato il loro studio in occasione dell’American Astronomical Society’s Division for Planetary Science. Ad appoggiare l’ipotesi è Raymond Jeanloz, uno degli scienziati che aveva intuito che le atmosfere di Urano e Nettuno sono favorevoli alla formazione dei diamanti, il quale reputa che l’idea della pioggia di diamanti su Giove e Saturno sia “sensata”.
È possibile che si verifichi un tale fenomeno? Sì, in quanto questi due pianeti sono giganti gassosi, costituiti per la maggior parte da idrogeno e hanno un’atmosfera spessa decine di migliaia di chilometri. Per capire le proporzioni, ricordiamo che l’atmosfera terrestre è spessa, invece, cento chilometri circa. La pioggia di diamanti comincerebbe nell’atmosfera superiore, dove i fulmini colpiscono il metano trasformandolo in fuliggine (carbonio). Man mano che la fuliggine cade viene sottoposta a temperature elevatissime e una pressione sempre più alta, e si trasforma in grafite. Nella caduta di oltre seimila chilometri la pressione è così grande che la grafite si trasforma in diamante.
Prevedibilmente, le obiezioni a questa teoria comunque non mancano: secondo alcuni scienziati sui due pianeti non ci sarebbe abbastanza metano, e di conseguenza insufficiente carbonio, rispetto all’idrogeno, per consentire questa trasformazione. Per avere conferme dell’una o dell’altra teoria servirebbero delle rilevazioni in loco, magari con il prelievo di un bel po’ di campioni.
Fonte foto: zeusnews.it
Sonia Carrera
@soniasakura89