
Pakistan: l’alluvione dimenticata
A poco più di tre mesi dalle incessanti piogge monsoniche che si sono abbattute sul Pakistan e che hanno provocato un’alluvione di immani proporzioni, l’attenzione dei media è scemata e tutto il mondo sembra aver dimenticato l’emergenza Pakistan.
L’ultimo rapporto dell’United Nations Office for the Coordination of Humanitarian Affairs (Ocha), aggiornato al 5 novembre, sottolinea quanto la situazione sia ben lungi dal risolversi e quanto sia difficile reperire le risorse necessarie al ripristino di tutte le normali attività: circa 14 milioni di persone hanno bisogno di assistenza immediata, su un totale di circa 20 milioni di pakistani travolti dall’acqua, quasi un terzo della popolazione colpita è rappresentata dagli abitanti della provincia di Sindh, nel sud-est del Paese.
Il Pakistan è caratterizzato da una ricca idrografia: l’Indo – il maggiore fiume del Pakistan, che attraversa tutte le province eccetto quella sud occidentale del Belucistan – il Sutlej e il Chenab, insieme ad una fitta rete di canali, la più estesa del mondo, costituiscono per il Paese una fonte di ricchezza e di sostegno per l’agricoltura, ma l’eccezionalità delle precipitazioni monsoniche dello scorso agosto ha sconvolto l’equilibrio del territorio.
Dopo due mesi di piogge e straripamenti, l’emergenza si è spostata da nord verso sud: nelle province del Punjab e del Khyber Pukhtoonkhawa la situazione dei bacini idrici è sotto controllo e la popolazione è rientrata nelle zone di origine, pur non essendo in possesso di alcun mezzo di sostentamento, di abitazioni, di cibo; nel Sindh, a sud del Paese, le acque hanno continuato ad esondare fino ai primi giorni di ottobre; la crisi ha colpito anche zone già provate dai conflitti interni del 2009, come nel caso della valle di Swat, dove ordine e sicurezza sono ancora priorità.
I danni alle infrastrutture del Paese sono enormi: un milione di abitazioni distrutte, più di 500 strutture sanitarie inagibili, vie di comunicazione interrotte, sistema fognario, idrico ed elettrico danneggiati pesantemente, più di 4 milioni di acri di terre coltivabili perdute insieme ad un numero enorme di capi di bestiame.
Le conseguenze sono la difficoltà nella distribuzione degli aiuti su tutto il territorio ed il grave dissesto di un’economia legata all’agricoltura e all’allevamen10 milioni di bambini sono coinvolti nell’emergenza: la metà della popolazione colpita.
- La popolazione in fuga dall’acqua che ha invaso terre e villaggi
Gli interventi più urgenti sono relativi all’acqua e alla sanità.
La potabilizzazione dell’acqua è essenziale per prevenire la diffusione di malattie, fino al completo ripristino della rete idrica, così come è importante la distribuzione di sapone, detergenti, asciugamani e quanto possa servire per mantenere un discreto livello igienico, non meno prioritaria l’installazione di latrine di emergenza, per evitare che si aggravi l’inquinamento delle acque.
Assistenza sanitaria, vaccinazioni, aiuti alimentari e protezione dell’infanzia sono gli altri punti da tenere sotto controllo e su cui concentrare gli sforzi umanitari.
Inspiegabilmente il turbine mediatico si è placato molto presto, molto prima di quanto sia avvenuto, per esempio, nel caso del terremoto ad Haiti, nonostante l’alluvione in Pakistan rappresenti una crisi enorme per complessità, durata, estensione del territorio interessato e popolazione coinvolta: un numero superiore al totale delle popolazioni colpite dallo tsunami del 2004, dal terremoto in Kashmir del 2005 e da quello più recente ad Haiti.
E sono state proprio le Nazioni Unite ad aver riconosciuto l’entità della crisi.
Forse il numero delle vittime è stato troppo basso, quasi 1800, per colpire con la forza necessaria la comunità internazionale e portarla a muoversi tempestivamente.
Negli ultimi giorni il World Food Programm ha reso pubblica una donazione di 90 milioni di dollari arrivati dagli Stati Uniti, sottolineando la criticità del momento e l’insufficienza dei fondi per tamponare la situazione.
Secondo il quarto Bollettino Umanitario dell’Ocha sull’emergenza Pakistan, (www.reliefweb.int) servirebbero quasi 2 miliardi di dollari per fronteggiare la crisi, mentre i fondi stanziati – aggiornati al 28 ottobre – ammontano a circa 760 milioni di dollari.
Mancano ancora quasi 1 milione e 300mila dollari.
Divenuto quasi invisibile, incastrato tra il turbolento Afghanistan e la Cina che imprigiona Liu Xiaobo, il Pakistan sembra destinato ad essere offuscato da altre catastrofi e da altre storie. Forse più interessanti? Diverse.
Francesca Penza
Foto via:
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