
Omicidio Nemtsov, tutte le piste (non) portano a Putin
Nonostante venga considerato l'indiziato principale, l'omicidio di Boris Nemtsov sembra portare solo problemi a Vladimir Putin
La morte di Boris Nemtsov, ucciso a Mosca la sera del 27 febbraio, ha gettato nuovamente luce sulla politica interna della Federazione Russa, in particolar modo per quanto riguarda il triste destino che accomuna molti degli oppositori di Vladimir Putin. Su questo caso in particolare, le correnti di pensiero sono principalmente due: secondo la prima, il mandante dell’omicidio è il presidente russo, che ha deciso di eliminare l’ennesimo oppositore scomodo. Per la seconda, invece, l’omicidio è concepito come parte integrante di un piano volto ad indebolire l’attuale governo, attraverso una serie di ripercussioni interne e internazionali.
IL LEADER DELL’OPPOSIZIONE? – La prima teoria si basa sull’assunto per cui, essendo Nemtsov uno dei leader – o, secondo alcuni giornali, il leader – dell’opposizione, l’omicidio sarebbe stato ordinato da Putin, preoccupato sia sul fronte elettorale, che su quello ucraino, considerato che il suo avversario era apertamente schierato contro il sostegno russo nel Donbass e particolarmente vicino agli ambienti della destra ucraina, fin dalla rivoluzione arancione del 2004. Una tesi che tuttavia si scontra presto con il dato reale, secondo cui la figura di Nemtsov è più popolare ora di quanto non lo fosse quattro giorni fa. Dipinto come un valido antagonista di Putin, in realtà il suo partito, Rnp-Parnas, alla Duma non ha alcuna rappresentanza, potendo contare solamente un consigliere regionale sui 3787 previsti nei novanta oblast in cui è diviso il Paese. Un dato che non migliora se si prendono in esame i sondaggi pubblicati dal Levada Center di Mosca, istituto di ricerca sicuramente non in linea con il Cremlino, all’interno dei quali né il politico né il partito da lui guidato vengono mai menzionati dagli elettori come possibili alternative a Russia Unita e a Putin. Paradossalmente, l’unico sondaggio in cui il nome di Nemtsov viene menzionato, riguarda l’elenco dei politici che ispirano meno fiducia, all’interno del quale appare al terzo posto.
SE PUTIN PERDE, CHI CI GUADAGNA? – Forse non sarà politically correct, ma è innegabile che un politico discretamente marginale, il cui appeal nei confronti del pubblico è praticamente nullo, perlopiù a causa dei suoi trascorsi durante il governo Eltsin, al Cremlino era più utile da vivo che da morto. In altre parole, l’omicidio di Nemtsov non porta alcun beneficio nelle tasche di Putin, ponendolo al contrario in una situazione sgradevole sia dal punto di vista interno che internazionale. Nei propri confini, ora il presidente russo deve gestire un‘opposizione in via di consolidamento, alimentata dalla visibilità – e qui entra in gioco la dimensione internazionale – attribuitagli dai media, oltre al pressing esercitato dalle cancellerie occidentali nei confronti dell’ennesimo caso di omicidio relativo ad un oppositore politico.
PISTE INTERNE ED ESTERNE – Ma allora chi è stato? Una domanda, mille risposte, con la verità che difficilmente alla fine verrà fuori. In un momento delicato come questo, le piste da seguire si contano a decine, sia interne che esterne alla Federazione Russa. Secondo alcuni, la risposta va ricercata nei servizi segreti occidentali e/o ucraini, interessati a destabilizzare la Russia attraverso il sacrificio, con relativa trasformazione in martire, di una pedina di scarso peso politico. Secondo altri, invece, la pista da seguire porta verso l’ultra-nazionalismo russo, con Igor Strelkov, ex comandante nel Donbass e recentemente entrato in rotta di collisione con Putin, interessato a creare l’instabilità necessaria per il rovesciamento dell’attuale governo. Chiudono il quadro una serie di tesi più o meno condivise, che chiamano in causa l’islamismo radicale, gli ambienti mafiosi e presunti motivi passionali, ulteriori particolari di un quadro fortemente caratterizzato da tinte fosche.
Carlo Perigli
@c_perigli