Oltre la notizia: che cosa succede dopo la Prima Pagina?

Dai falsi invalidi e alle ultime proposte del ministro Gelmini, passando per il vertice sull’ambiente di Copenhagen e l’aeroporto di Londra: che c’è di nuovo?

di Laura Dabbene

Falsi invalidi: un "cancro" italiano

Falsi invalidi: un "cancro" italiano

Dopo l’ennesimo scandalo all’italiana sulla pratica di dichiararsi mentalmente disturbati, una recente inchiesta sulle presunte e false invalidità svela quanto costino effettivamente allo Stato i malati immaginari. Dagli accertamenti su un campione di oltre 200 mila casi, è risultato che 1 pensionato su 10 con sussidio di invalidità non soltanto è perfettamente sano, ma svolge regolarmente un lavoro in nero. Controlli sui video in possesso dei carabinieri hanno rilevato falsi non vedenti mentre leggono il giornale o parcheggiano l’auto, mentre abbondano i casi di pratiche illegittime, truccate da funzionari accondiscendenti gratificati non solo dalle tradizionali mazzette, ma anche da promesse di voti elettorali. Un danno complessivo monetizzato in oltre 1 miliardo di euro ogni anno, ma non quantificabile moralmente per i veri diversamente abili che vedono lesi i propri diritti.

Dall’Italia all’Europa, via Copenhagen, la capitale danese sede del vertice che sembrava destinato a definire finalmente parametri rigidi e condivisi per affrontare i problemi ambientali. La delusione, come si può ben ricordare, fu grande di fronte all’impossibilità di trovare non solo un accordo risolutivo, ma persino un coerente programma propositivo. Il flop pare aver avuto una “vittima” politica nel 55enne olandese Yvo de Boer, già Segretario esecutivo della Convenzione Onu sui cambiamenti climatici (UNFCCC), che ha presentato le proprie dimissioni, annunciando che passerà al settore privato in veste di consulente aziendale. A quanto pare l’inquinamento del pianeta Terra non provoca soltanto danni alla salute, ma anche alla carriera.

Dalla Danimarca alla Gran Bretagna, magari atterrando nel nuovo Terminal 5 dello scalo londinese di Heathrow. Gli aeroporti non cessano di essere luoghi di sperimentazioni. Ricordate il progetto di ricerca European Social Research Council che dovrebbe monitorare per 12 mesi l’esistenza di viaggiatori e personale? In letteratura in esperimento simile è già concreto. È appena uscito in Italia, per l’editore Guanda, Una settimana all’aereoporto di Alain de Botton. Lo scrittore, rispondendo ad un appello della British Airways, è stato writer in residence proprio ad Heathrow, raccontando la quotidianità della realtà aeroportuale. Perché tanto interesse? De Botton ritiene che parte del fascino risieda, tra gli altri fattori, nell’essere un luogo per sua natura filmico ed estremamente teatrale.

Animali in gabbia negli allevamenti intensivi

Tema caldo è stato anche quello della sensibilità animalista tradotta nella conversione ad un’alimentazione meat free. Dopo la giornata a sostegno di un regime nutritivo privo di sostanze animali, tocca al saggio di Jonathan Safran Foer: Se niente importa. Perché mangiamo gli animali? Estremamente critico nei confronti dell’allevamento intensivo del bestiame, lo scrittore ne illustra le gravi conseguenze non solo in termini di inquinamento globale e sofferenza degli animali, ma anche in riferimento alle patologie legate all’uso massiccio di farmaci in questo settore. Dietro ad un disturbo intestinale ci sarebbe infatti, sempre più spesso, non un tradizionale virus influenzale, ma un’infezione dovuta all’incapacità dell’organismo umano di difendesi da forme virali indotte dai medicinali somministrati alle povere bestie destinate al macello. È un caso che la malattia più temuta dell’anno non avesse, come usuale, un nome allusivo all’area di provenienza, ma ad una succulenta porchetta?

Chiusura di rubrica con una delle ultime proposte del ministro Mariastella Gelmini che, dopo i fatti che hanno coinvolto la comunità di immigrati di via Padova a Milano, ha riciclato dal settore scolastico una possibile soluzione: quote e tetti non solo per i bambini stranieri nelle classi scolastiche, ma anche per gli extra comunitari nei rioni cittadini. L’obiettivo sarebbe, stando alle sue dichiarazioni, “evitare la concentrazione di troppi immigrati in un singolo quartiere”, fenomeno che “rende difficile garantire la sicurezza e l’ordine pubblico”. Da tali affermazioni pare che il ministro, inconsapevole dell’esistenza di atavici casi di zone difficili come Scampia a Napoli, Laurentino 38 o Tor Bella Monaca a Roma, lo ZEN a Palermo, Quartuggiaro a Milano, Paolo VI a Taranto (solo per citare i più noti), colleghi il problema della mancanza di sicurezza e della scarsa efficacia delle forze dell’ordine esclusivamente all’aumento dell’immigrazione nell’ultimo decennio. Discutibile. Ma se proprio lo si vuol credere che si continui poi a lavorare, magari per mettere sulle teste degli stranieri dei tetti non numerici, ma fisici, di appartamenti dignitosi e senza infiltrazioni dai soffitti.

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