Nuovi colloqui a Gerusalemme tra le tensioni a Gaza

Seconda giornata di colloqui in Medio Oriente. Mentre Netanyahu e Abbas cercano una soluzione sugli insediamenti, Hamas continua a colpire, facendo temere il blocco dei negoziati

di Silvia nosenzo

Incontro tra Clinton, Abbas e Netanyahu

Gerusalemme – Israeliani e Palestinesi di nuovo seduti al tavolo della pace per il secondo round dei colloqui diretti. Ma diciassette anni dopo la firma degli accordi di Oslo, le due parti sono ancora molto distanti sugli “obiettivi chiave”.

- I palestinesi vogliono uno stato indipendente e sovrano in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza, mentre Israele chiede uno stato palestinese demilitarizzato e di mantenere il controllo sul suo spazio aereo e lungo i confini.

- I palestinesi vogliono che Israele si ritiri da tutti i Territori Occupati e che smantelli tutti gli insediamenti ebraici.

- L’Autorità Nazionale Palestinese vuole il congelamento totale degli insediamenti e il ritorno dei confini a come erano prima del 1967, ma è pronta a rinunciare ad alcune parti della Cisgiordania.

- Israele vuole che Gerusalemme rimanga la “capitale eterna e indivisa” del suo Paese, mentre i palestinesi vogliono che la parte Est della città venga equamente divisa.

- I palestinesi vogliono che Israele riconosca il diritto al ritorno dei rifugiati espulsi nel 1948, quando lo stato ebraico è stato creato, ma Israele rifiuta.

- I palestinesi chiedono una suddivisione più equa delle risorse idriche della Cisgiordania, al momento controllate per l’80% da Israele.

Netanyahu e Abbas stanno lavorando sodo nella valutazione dei problemi centrali del conflitto in Medio Oriente”, ha detto il segretario di Stato americano Hillary Clinton, oggi a Gerusalemme per presiedere il secondo round dei colloqui di pace. “Hanno iniziato a trattare le questioni chiave che possono essere risolte solo con negoziati diretti”, ha commentato.

Prima dei colloqui, Clinton ha incontrato separatamente i due leader israeliano e palestinese, il ministro della Difesa israeliano Ehud Barak e il presidente Shimon Peres. Clinton e Peres hanno constatato con piacere che i due leader sembrano porsi seriamente di fronte ai negoziati, e hanno evidenziato che benché si tratti ancora di una fase interlocutoria, sono già stati trattati alcuni “argomenti chiave”. Peres ha sottolineato che “più in fretta ci si muove, meglio sarà per entrambe le parti. Qualche mese fa non credevamo nemmeno che fosse possibile sederci al tavolo dei negoziati, ed ecco che siamo qui”.

Bandiere israeliane e palestinesi

Eppure, proprio mentre Abbas e Netanyahu stanno discutendo la pace nella residenza di quest’ultimo a Gerusalemme, nuove ombre si profilano all’orizzonte. Hamas e i gruppi militanti palestinesi, dopo aver sparato verso Israele un razzo nella notte e diversi colpi di mortaio nelle prime ore del mattino, hanno minacciato di continuare gli attacchi “fino a quando i negoziati non falliranno”.

Per altro, se in questa tre giorni di negoziati i leader delle due parti non raggiungeranno un accordo sugli insediamenti, i colloqui potrebbero naufragare. Abbas ha già esplicitamente dichiarato che se la moratoria non verrà prolungata, i palestinesi si ritireranno dai colloqui. Una possibilità molto probabile secondo le popolazioni palestinese e israeliana, che secondo un sondaggio sarebbe al 51% favorevole alla costruzione di nuovi insediamenti.

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