
Nucleare: radiazioni, quali rischi per la salute?
Milano – I materiali radioattivi che decadono spontaneamente producono radiazioni ionizzanti capaci di causare danni significativi all’architettura interna dell’organismo, rompendo i legami chimici tra atomi e molecole che compongono i tessuti.
L’assorbimento di radiazioni produce effetti lesivi sull’organismo in base ad alcuni fattori: il tipo di radiazione ionizzante coinvolta, la sua capacità di penetrazione, la porzione di corpo esposta e la durata dell’esposizione, infine la dose totale irradiata.
Gli effetti patologici delle radiazioni ionizzanti si dividono in effetti somatici, che colpiscono il corpo degli individui esposti ed effetti genetici o ereditari, che colpiscono la prole degli individui coinvolti.
Pelle, midollo osseo e ghiandole sessuali sono le aree del corpo più radio-sensibili, tessuti in cui le cellule si moltiplicano molto rapidamente, mentre reni, fegato, muscoli e sistema nervoso sono ritenuti radio-resistenti, poichè le cellule che compongono tali tessuti si riproducono con minor facilità.
I rischi più immediati dell’esposizione sono rappresentati dall’infiammazione a carico di pelle e bocca, emorragie sottocutanee e perdita di capelli.
Nausea e vomito spesso cominciano alcune ore dopo l’esposizione, seguite poi da diarrea, mal di testa e febbre.
Per avere un’idea complessiva, gli effetti delle radiazioni possono colpire la pelle e la bocca (eritema e infiammazione), il midollo osseo (molto radiosensibile), tratto gastrointestinale, organi genitali (esposizioni notevoli possono portare a sterilità permanente), occhi e sistema nervoso (svogliatezza, sonnolenza, apatia, prostrazione).
Parlando di effetti a lungo termine, invece, il rischio maggiore è lo svilupparsi di un tumore: questo può accadere quando le cellule perdono la capacità di andare in apoptosi (“suicidarsi” praticamente), continuando a dividersi in modo incontrollato.
Che cosa succede quindi quando veniamo in contatto con le radiazioni? Il corpo risponde all’insulto, cercando di riparare i danni causati dalle radiazioni, ma non sempre ci riesce a causa dell’elevata dose o estensione del danno, oppure per colpa di errori che avvengono nel processo riparativo.
In Giappone, nei pressi della centrale di Fukushima, si è raggiunta la quota di 400 mSv (l’unità di misura per le radiazioni è il Sievert, ma è un valore notevole, normalmente si usa infatti il sottomultiplo millisievert) in un’ora di esposizione.
Secondo le tabelle dell’Oms, se si viene esposti a un Sievert (1.000 mSv) nell’arco di un’ora si incorre in alterazioni temporanee dell’emoglobina; quando si sale a due- cinque Sievert si hanno perdita dei capelli, nausea, emorragie; con quattro Sievert assorbiti in una settimana si ha la morte nel 50% dei casi, con sei non c’è speranza di sopravvivenza.
Questo nel breve periodo. Nel lungo, come si è purtroppo visto negli anni successivi a Chernobyl, anche dopo vent’anni e oltre si rischiano tumori (soprattutto tiroidei), leucemie e linfomi.
Come proteggersi dalle radiazioni? Le uniche misure con una qualche efficacia sono il chiudersi in casa evitando il più possibile il contatto con l’aria esterna e l’assunzione di pillole di ioduro di potassio per saturare la tiroide; fondamentale anche l’igiene personale, soprattutto il lavarsi accuratamente le mani ed in genere si raccomanda di non mangiare vegetali a foglia larga, su cui potrebbero essersi depositate maggiori dosi di elementi radioattivi (si tratta comunque di precauzioni che purtroppo non sempre bastano).
Nei casi più gravi, i piani di intervento di tutti i paesi del mondo prevedono l’evacuazione nel raggio di almeno cinque chilometri dal luogo dell’incidente nucleare.
Nadia Galliano
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